Il momento magico dell’Ajax è già finito?

Oggi è in crisi, pochi mesi fa aveva stupito il mondo.

Gli ultimi dieci giorni dell’Ajax sono stati davvero nefasti: gli olandesi hanno perso in trasferta col Getafe e con l’Heracles, poi non sono riusciti a rimontare gli spagnoli nel return match dei sedicesimi di Europa League; infine, sono stati battuti dall’AZ Alkmaar secondo in classifica all’Amsterdam Arena (0-2). Nonostante tutto, Andre Onana non è sembrato molto preoccupato. Al termine della sfida contro il Getafe, il portiere camerunese ha smentito anche il suo allenatore, che aveva definito «in crisi» la squadra di Amsterdam: «Se proprio me lo chiedi», ha detto Onana a un giornalista di Voetbal International, «io credo che da qui in avanti demoliremo tutti i nostri avversari. Siamo una squadra molto forte, ma abbiamo un sacco di giocatori infortunati e dobbiamo semplicemente superare questo momento complicato».

Forse la visione di Onana è troppo ottimistica, eppure non è così distante dalla realtà. Al netto del momento negativo che sta vivendo, l’Ajax è ancora in testa alla Eredivisie, tra qualche ora scenderà in campo per disputare la semifinale di Coppa d’Olanda contro l’Utrecht e, soprattutto, ha un parco giocatori nettamente superiore a qualsiasi altra società dei Paesi Bassi. Secondo Transfermarkt, la rosa a disposizione di ten Hag ha un valore complessivo di 433 milioni di euro; il Psv è secondo in questa classifica virtuale, e ha un organico dal valore di 165 milioni. Questa enorme differenza è frutto della nuova, aggressiva politica di reclutamento attuata negli ultimi anni da Edwin van der Sar e Marc Overmars, rispettivamente direttore generale e direttore degli affari sportivi dell’Ajax: secondo quanto riportato da Voetbal International, l’Ajax ha aumentato i suoi costi per il personale da da 53 a 92 milioni di euro a cavallo delle ultime due stagioni, a causa di rinnovi di contratto molto onerosi (Tagliafico e Tadic, per esempio) e di acquisti importanti dall’estero (lo stesso Tadic, Blind e Quincy Promes).

Sono dati eloquenti, che segnano la distanza enorme tra l’Ajax e il contesto del calcio olandese, che premiano la progettualità di un club capace di acquietare le proprie turbolenze politiche – anche grazie alla personalità e all’ambizione dei dirigenti e uomini simbolo di questo ciclo. Allo stesso modo, però, sono proprio queste stesse cifre a determinare un’altra distanza ampia: quella che ancora separa l’Ajax dai club d’élite del continente. Insomma, l’approdo della squadra di ten Hag alla semifinale di Champions League – anzi, a pochi secondi dalla qualificazione alla finale – non è stato un caso. Proprio lo stesso modello manageriale che ha permesso questo exploit, però, ha portato l’Ajax a uscire ai sedicesimi di finale dell’Europa League.

Dopo il 2-1 al Getafe che ha sancito la sconfitta nel doppio confronto con la squadra spagnola, Marco van Basten si è espresso in maniera netta sulla condizione dell’Ajax: «Attualmente, ten Hag non ha una rosa all’altezza di competere nel calcio internazionale». L’ex ct della Nazionale Oranje, così come altri giornalisti olandesi, ha criticato la gestione delle ultime sessioni di calciomercato. Gli inevitabili addii di de Ligt e de Jong, ma anche quelli di Schöne e Dolberg, sono stati controbilanciati dalla campagna acquisti più costosa di sempre (59 milioni di investimento spalmati su otto calciatori), solo che i nuovi arrivi non hanno avuto lo stesso impatto dei loro predecessori. Si tratta di ragazzi giovani e molto promettenti (i 22enni Edson Álvarez e Lisandro Martínez, il 19enne ex Heerenven Kik Pierie), oppure di giocatori conosciuti ma mai sbocciati del tutto, come nella recente tradizione dell’Ajax (il 28enne Quincy Promes e Babel, arrivato a gennaio, avrebbero dovuto seguire le orme di Tadic), in ogni caso di operazioni ambiziose, piene di incertezze.

La lettura del momento dell’Ajax è tutta qui, ed è estremamente semplice. Il club olandese, a cavallo tra il 2015 e il 2019, è riuscito a costruire e tenere unita una squadra di grande qualità, grazie a una politica fondata sulla valorizzazione del talento interno e sul tentativo (riuscito) di integrare i migliori giocatori del vivaio con acquisti funzionali al progetto – dal punto di vista tattico e anagrafico. L’Ajax, grazie al lavoro del settore giovanile e di Marc Overmars, è riuscito a ricostruire la propria credibilità dopo anni di anonimato sul palcoscenico internazionale: dal vivaio sono venuti fuori dei campioni non solo potenziali, dei giovani già pronti a imporsi nel calcio europeo, nel frattempo l’ex esterno della Nazionale ha abolito i diktat di mercatio, il massimo salariale e il tetto di spesa per l’acquisto di un giocatore,. Così ad Amsterdam sono arrivati i vari Davinson Sánchez, Zyiech e David Neres, elementi che hanno alzato il livello della squadra e dopo hanno già garantito – o garantiranno – altre plusvalenze alle casse societarie.

Il ritorno di Daley Blind dal Manchester United, per 16 milioni di euro nell’estate del 2018, è stata l’operazione sul mercato in entrata più onerosa finalizzata dall’Ajax negli ultimi dieci anni. Il primato storico appartiene a Miralem Sulejmani, acquistato nel 2008 dall’Heerenveen per 16,25 milioni (Dean Mouhtaropoulos/Getty Images)

I grandi risultati colti negli ultimi anni (la finale di Europa League raggiunta nel 2016 e la cavalcata in Champions di un anno fa) hanno tracciato una strada che la dirigenza ha ovviamente continuato a percorrere nonostante fosse azzardata in ogni suo punto, in ogni suo aspetto, nonostante non potesse garantire continuità di risultati in un contesto ipercompetitivo come le manifestazioni europee.

Il flusso si è interrotto per motivi inevitabili, legati alla ciclicità del calcio e della vita: non tutti i giocatori promossi dalle giovanili potevano essere e/o si sono rivelati all’altezza livello dei vari de Ligt, de Jong, van de Beek; lo stesso discorso vale per i calciatori selezionati sul mercato, dopotutto l’Ajax non aveva e non ha le possibilità finanziarie per portare ad Amsterdam atleti con grande qualità ed esperienza internazionale, quindi ha dovuto scommettere su profili più abbordabili. In Europa, il calo di rendimento è stato evidente. In Olanda, dove la competitività è necessariamente più bassa, la situazione cambia, e l’Ajax sta continuando a esercitare la sua superiorità, forse solo in maniera meno netta rispetto a un anno fa – parliamo di campo, ovviamente.

Da quando è arrivato all’Ajax, nell’estate del 2018, Tadic ha disputato 96 partite ufficiali in tutte le competizioni, con uno score di 52 gol e 45 assist decisivi (Dean Mouhtaropoulos/Getty Images)

In pratica, il club di Amsterdam ha dovuto fare i conti con la parte migliore e quella peggiore del proprio stesso modello, a pochi mesi di distanza. Questa discontinuità è un destino possibile, anzi frequente per i club medio-borghesi del calcio europeo, obbligati a basare il proprio business sul player-trading, a maggior ragione se disputano un campionato che non ha un grande appeal – non a caso è allo studio un progetto per fondere la Eredivisie con la Jupiler Pro League, così da creare una nuovA lega che riunisca i migliori club di Belgio e Paesi Bassi e che possa garantire maggiori introiti dai diritti televisivi. Del resto se le contingenze politico-economiche non aiutano, molto dipende anche da fattori ingovernabili: l’eliminazione nell’ultimo girone di Champions League, per esempio, è arrivata in modo rocambolesco per non dire casuale, poi può darsi che i “nuovi” giovani utilizzati da ten Hag in questa stagione – il centrale 20enne Schuurs, il centrocampista 17enne Gravenberch, il 22enne Eiting – riescano a esplodere in questo finale di stagione, magari il prossimo anno, oppure non saranno mai al livello di coloro che li hanno preceduti.

È evidente come l’Ajax sia una società con un’identità profondamente radicata, però è condannata all’incertezza a breve termine, a insistere su un progetto che si dilata negli anni, e che proprio per questo va giudicato con una scadenza diversa rispetto ad altre realtà. I risultati del 2019 sono stati costruiti nelle stagioni precedenti, probabilmente ci vorranno altri cinque anni perché si manifesti un altro Ajax competitivo a livello internazionale. In realtà il senso del lavoro di van der Sar e Overmars è proprio questo, devono cercare di rendere più breve possibile quest’attesa, devono governare e ordinare il tempo e il caso fin dove è possibile. Ci sono già riusciti, possono riuscirci ancora, ma non è detto che avvenga subito, non è detto che avvenga molto presto.