Cosa può dare Arthur alla Juventus di Sarri

Il centrocampista brasiliano è un giocatore che mancava nell'organico dei bianconeri.

Lo scambio tra Arthur Melo e Miralem Pjanic è già una delle operazioni più interessanti del calciomercato che è appena iniziato. Intanto perché due grandi club hanno mosso pezzi importanti della loro rosa per provare a raggiungere i loro obiettivi. E poi perché la formula economica dell’affare contribuirà a mettere in ordine i conti di entrambe le società: il Barcellona spenderà 60 milioni di euro, mentre la Juventus ne investirà 72 (più bonus); in questo modo, i catalani incasseranno una piccola somma e realizzeranno una grande plusvalenza sul cartellino del brasiliano, acquistato dal Gremio nel 2017 per 31 milioni di euro; la Juve, invece, taglierà lo stipendio da 7,5 milioni di euro di Pjanic e, in cambio di una spesa minima, realizzerà a sua volta una plusvalenza nell’ordine dei 40 milioni su un giocatore di 30 anni acquistato nel 2016.

Per i bianconeri, inserire in rosa Arthur significa aggiungere un altro asset importante al patrimonio della società: il brasiliano ha grande esperienza internazionale, viene da un top club come il Barcellona, è stato titolare nel Brasile campione della Copa América 2019, e, soprattutto, è un giocatore che ha ancora prospettive di crescita, visto che si tratta di un un classe 1996, che tra l’altro non ha ancora compiuto 24 anni. Ma l’aspetto più interessante dell’operazione, almeno per i bianconeri, riguarda gli effetti che potrebbe avere sul campo: Arthur è un acquisto necessario per la Juve, perché è un giocatore che manca alla rosa bianconera, e perché il suo arrivo potrebbe avvicinare l’undici titolare di Sarri alla sua formazione-tipo. Nelle ultime settimane abbiamo visto come la Juventus debba sistemare un po’ la rosa: Bonucci non è il miglior centrale possibile per difendere in avanti, lontano dall’area di rigore, e poi manca un centravanti di ruolo da affiancare a Ronaldo, in modo che anche il portoghese possa valorizzare il suo potenziale offensivo. Più di tutto, però, alla squadra di Sarri manca un centrocampista che possa coniugare regia, tocco e visione con un dinamismo che gli permetta di coprire ampie porzioni di campo.

Il profilo di Arthur Melo potrebbe essere quello giusto per quest’ultima necessità. Il brasiliano prenderà il posto di Pjanic in rosa, ma verosimilmente non sarà utilizzato da Sarri nello slot di centrocampista davanti alla difesa. Il bosniaco ha dimostrato di non poter diventare il mediano immaginato nalla scorsa estate – il famoso «palleggiatore da 150 passaggi a partita» – e quindi l’allenatore toscano ha deciso di sperimentare in quella posizione Bentancur. L’uruguaiano non sarà un centrale simile a Jorginho, ma può interpretare il ruolo in maniera efficace, adattandosi ai bisogni della squadra. Arthur a quel punto dovrebbe prendere una delle due posizioni da mezzala al lato di Bentancur, un ruolo in cui ha dimostrato di poter essere un elemento valido anche ai massimi livelli: la logica costringe a pensare che il Barcellona se ne priverà per motivi puramente economici, e perché deve valorizzare il più possibile l’investimento a lungo termine su Frankie de Jong – un ragazzo che ha prospettive da talento generazionale.

Arthur aveva dimostrato di poter stare al Barça. E di poterci stare anche con uno status importante fin da subito, infatti non ha avuto bisogno di alcun periodo di adattamento – un bisogno teoricamente scontato per un giocatore che passa dal campionato brasiliano a una delle leghe più competitivi del mondo. Fin dal suo arrivo, nell’estate 2018, l’allenatore blaugrana Ernesto Valverde lo aveva utilizzato come mezzala di possesso, un ruolo che riprendeva in parte quello di un totem del club come Xavi, ovviamente reinterpretato in chiave moderna. Era un modo per esaltare l’aspetto più evidente del gioco di Arthur, cioè la capacità di muovere il pallone fungendo da hub di smistamento nella filiera di passaggi.

Il brasiliano gioca con semplicità a uno o due tocchi, e dà velocità e inerzia alla manovra. Ha una grande pulizia tecnica soprattutto nel palleggio corto, uno strumento che utilizza benissimo a qualsiasi altezza di campo: la quota di 53,4 passaggi nella metà campo avversaria ogni 90 minuti, a fronte di 28,7 della media del ruolo nei cinque campionati europei più importanti, dice tanto sulle qualità di Arthur; il fatto che questi passaggi siano stati serviti con il 90% di precisione completano il discorso, anche se va considerato il fatto che questi dati possono risultare “drogati” dalle lunghe fasi di attacco posizionali tipiche del Barcellona. In alternativa, Arthur può diventare il motore dell’azione con il dribbling in conduzione: grazie al suo baricentro basso e a un istinto naturale per la protezione della palla, il brasiliano può attraversare il campo per tanti metri, con tocchi brevi e ripetuti ad alto ritmo, a ridosso della sua area di rigore come nella trequarti avversaria.

Cosa vuol dire consolidare il possesso a tutto campo, secondo Arthur Melo

Gli manca ancora qualcosa per poter essere decisivo in fase di rifinitura o di realizzazione, infatti segna poco (nove reti in 122 partite ufficiali con Gremio e Barcellona) e solo raramente cerca la traccia per il passaggio decisivo – anche se queste giocate non sono troppo richieste nella squadra di Messi. Allo stesso tempo, però, ha dimostrato di poter essere un elemento di equilibrio anche in fase difensiva: qualche volta Valverde lo ha schierato da esterno destro in un 4-4-2, con il compito di scalare sull’esterno e coprire il terzino opposto mentre Messi si muoveva al centro. La sua risposta è stata positiva, anche se non è proprio un gran recuperatore di palloni, il suo approccio infatti è più prudente, nei duelli individuali Arthur tende a evitare il tackle (ne prova poco più di uno ogni 90 minuti, la metà della media del ruolo) e preferisce frapporsi tra l’avversario il pallone, per poi far ripartire l’azione con un tocco semplice al compagno più vicino.

È evidente come Arthur sia prima di tutto un centrocampista di regia e possesso e ordine. A inizio stagione, dopo una partita contro l’Osasuna in cui è entrato all’intervallo dando nuovo ritmo e nuova linfa alla manovra del Barcellona, Ecos del Balón scriveva di lui: «Il brasiliano, riconosciuta la sua capacità di controllare, dettare i tempi e dare continuità alla circolazione, è stato il fattore che ha mandato al tappeto l’Osasuna. Il Barça ha messo in fila azioni molto più lunghe, con tempismo e ordine per muovere tutti i suoi elementi e metterli in connessione in ogni punto del campo, fino ai vertici dell’area avversaria». Un giocatore così forse avrebbe meritato più tempo nella squadra di Quique Setién, che è stato scelto dal Barça per rispolverare il juego di posición di Guardiola, per farlo in maniera più convinta e continua rispetto all’era Valverde, quando il Barça si era trasformato in una squadra più diretta e verticale. L’ex tecnico del Betis vuole che la sua squadra si disponga in campo, difenda e si attacchi partendo dal concetto di possesso palla, e in questo contesto l’ex Gremio sarebbe stato un giocatore centrale, magari avrebbe potuto prendersi qualche licenza in più al momento di cercare linee di passaggio più fantasiose, oppure con le conduzioni del pallone nel traffico. Forse è stata colpa anche degli infortuni – quest’anno ha saltato 12 partite per diversi problemi fisici – se la scelta del Barça è stata quella di sacrificare proprio lui per sistemare un po’ il bilancio.

Un po’ di conduzioni nello stretto, belle e intelligenti, di Arthur

Un giocatore del genere, come detto, sembra fatto apposta per dare alla Juve qualcosa che manca ai bianconeri. Ma molto dipenderà anche dalla connessione con il resto della squadra, e con alcuni giocatori in particolare. Nel Barcellona, infatti, Arthur ha giocato accanto a un mediano sublime come Sergio Busquets, che difficilmente perde la posizione e facilita la manovra come nessun altro. Nella Juventus un elemento del genere non c’è – o forse non c’è ancora, considerando il percorso intrapreso da Bentancur – perciò è probabile che vedremo il miglior Arthur solo dopo un periodo di adattamento al nuovo contesto.

Ma resta il fatto che lo scambio con Pjanic è un segnale chiaro, da parte della Juve: i bianconeri vogliono costruire una squadra più dinamica, che partendo dagli uomini a centrocampo possa gestire il ritmo delle partite attraverso il controllo del pallone, così da rendere più efficace una difesa aggressiva, tesa ad accorciare il campo piuttosto che retrocedere a protezione dell’area di rigore. Una squadra più vicina alle idee di Sarri, insomma. Negli uomini e nelle loro idee.