Letizia Paternoster, il ciclismo è una scuola di vita

Intervista alla pistard e ciclista su strada, una delle atlete italiane più attese ai Giochi di Tokyo 2020, a cui prenderà parte anche come brand ambassador di Pulsee.

Se la vita è veramente una ruota che gira, e la ruota è quella della bicicletta di Letizia Paternoster, allora il suo 2021 sarà una strada bella larga, con l’asfalto appena rifatto e senza automobili che le sfrecciano di fianco, dopo una viuzza stretta, buia, sterrata e malfamata. Fuor di metafora: la stagione 2020, o per meglio dire quel che ne è rimasto a causa della pandemia, è stato «l’anno più brutto» della sua vita da atleta. A novembre 2019, appena tornata dalle vacanze, è stata investita da una macchina durante un allenamento e si è fratturata lo scafoide: «Poteva finire molto peggio. Se la macchina era di un altro tipo, ero finita sotto».

A fine febbraio 2020 ha comunque gareggiato ai Mondiali di ciclismo su pista a Berlino, dove ha vinto una medaglia d’argento nell’omnium e il bronzo nell’americana. Poi il lockdown nazionale, quindi un’infiammazione al ginocchio sinistro che l’ha fatta penare per cinque mesi. Torna in pista a novembre a Madrid e che succede? Cade. «Io sono molto credente, quando ero piccola stavo sempre con nonna Emma, mi portava a messa tutte le mattine. Tutti gli anni siamo sempre andati a San Giovanni Rotondo, per Natale o per la fine dell’anno. Quest’anno non si poteva ma mi sono detta: in qualche modo ci vado, voglio andare a farmi benedire. Apro il giornale e leggo: focolaio covid nel convento di Padre Pio. Non sapevo se ridere o piangere», ha raccontato a fine dicembre alla Gazzetta dello Sport.

E non è ancora finita: a Capodanno è anche risultata positiva al coronavirus. «Non è stato semplice», spiega a Undici, «visto che ho convissuto con la febbre per quaranta giorni e ho provato sulla mia pelle un disagio che è anche mentale». Ma se la vita è una ruota che gira, dicevamo, le Olimpiadi di Tokyo sono lì ad aspettarla dal prossimo 23 luglio all’8 agosto. Letizia Paternoster sarà all’esordio e sarà brand ambassador del Pulsee Italia Team, al fianco di altri campioni italiani, per rappresentare i colori del Paese e i valori che la squadra condivide con l’energy company: «Fisso l’asticella sicuramente nel punto più alto e quindi a vincere. Intendiamoci, il livello della concorrenza è molto alto e ci sono avversarie con molta più esperienza di me, ma partire sconfitti non serve a niente quindi l’approccio mentale, nelle gare come nella vita, deve essere quello di puntare al massimo. Questa è sempre stata la mia mentalità e non cambierà certamente ora e rispetto a questo obiettivo. So che sarà molto dura, ma direi una bugia se dicessi di andare a Tokyo solo per fare esperienza: per me è sempre stato così, punto al massimo. È difficile fare pronostici, è la mia prima Olimpiade ed è complicato prevedere cosa aspettarsi esattamente. Però è una gara e quando io partecipo a una gara lo faccio per vincere».

Nel 2020 ha rivelato alla Gazzetta di aver superato le difficoltà pensando «alle grandi atlete che si sono dovute rialzare» come «Deborah Compagnoni». I molti infortuni e problemi di salute – a dicembre 2018 è stata protagonista di una spaventosa caduta in pista durante una tappa della Coppa del Mondo a Berlino, mentre nel maggio 2019 ha sofferto di un’infezione renale acuta – non sono però l’unico trait d’union tra la ciclista trentina e la sciatrice valtellinese vincitrice di tre ori olimpici nello sci alpino tra il 1992, il 1994 e il 1998 ma costretta a ritirarsi a neanche 29 anni con le ginocchia ormai distrutte. Deborah Compagnoni era donna da grandi appuntamenti: «Mi dava piacere la maggiore attenzione di chi ci stava attorno, la pressione che si percepiva. […] Io approfittavo e traevo vantaggio da questa situazione, capendo che per le rivali era invece uno stress che peggiorava le loro prestazioni». Letizia Paternoster ha ancora tutto da dimostrare, ma a livello giovanile ha vinto 5 ori mondiali e 11 ori europei e dice: «Tra le cose che più mi piacciono del ciclismo c’è certamente la parte agonistica, quel concentrato di adrenalina che si genera in gara, unito alla fame di vittoria. È una scarica di energia che davvero mi trasforma quando arriva il momento di gareggiare, si ha quella sensazione di entrare in un’altra dimensione, un qualcosa di fortemente emozionale che unisce il pre-gara con la gara in sé e che rappresenta per me sempre passione e voglia di vincere».+

Letizia Paternoster, qui a sinistra accanto alla giapponese Yumi Kajihara e la polacca Daria Pikulik, è nata a Cles, in Trentino, il 22 luglio 1999; nell’ottobre 2017, ha vinto l’oro nell’inseguimento a squadre ai Campionati Europei su pista; a Tokyo parteciperà ai Giochi Olimpici per la prima volta (Maja Hitij/Getty Images)

È decisa e pragmatica, Letizia Paternoster. «Per raggiungere una vittoria, la cosa più importante è non abbattersi e non mollare mai», continua. «Si tratta di un percorso fatto di progressi costanti in cui rivestono grande importanza motivazione e disciplina. Per questo ritengo fondamentale avere un obiettivo, un grande sogno da raggiungere. È questo obiettivo che ogni mattina mi permette di alzarmi, vestirmi e partire qualsiasi siano le condizioni in cui mi ritrovo ad allenarmi, che sia il meteo avverso o altri possibili ostacoli. Individuare un risultato e la costanza aiutano ad avere un percorso lineare e a migliorarti ogni giorno». Il suo grande sogno è l’oro olimpico: a Tokyo ci proverà in tre specialità del ciclismo su pista, omnium, americana e inseguimento a squadre (con il quartetto italiano ha vinto l’oro europeo nel 2017), poi in futuro con il team Trek – Segafredo Zanetti si dedicherà anche alla strada di cui nel 2019 è stata campionessa continentale under 23.

Viene da chiedersi da dove arrivi tutta questa fiducia che una ragazza di 21 anni ha nei suoi mezzi. La risposta ce la dà direttamente lei: «Per me il ciclismo è stata una vera scuola di vita: sono cresciuta pedalando e mi sono formata mentalmente maturando la convinzione e la determinazione che mi consentono di non mollare mai. Oggi sono più che mai consapevole che qualsiasi cosa dovesse riservarmi il futuro, anche in termini professionali, potrò farlo con un bagaglio di grinta e determinazione tali da consentirmi di approcciare tutte le sfide in modo più consapevole e sereno. Perché il ciclismo ha delle dinamiche peculiari che a volte sono molto difficili da affrontare». La vita è una ruota di bicicletta che gira, e se non gira Letizia Paternoster è pronta a scendere dalla sella, prendere la ruota in mano e darle una grossa spinta per farla girare.

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