Bar Italia – Italia-Austria 2-1

Spunti di conversazione sulla quarta gara degli Azzurri agli Europei: le emozioni, la panchina lunga, l'intramontabile qualità di Spinazzola.

Bar Italia è una raccolta di spunti, riflessioni, idee e analisi non troppo approfondite a caldo dopo il fischio finale delle partite della Nazionale. Movimenti osservati per strada e tagli osservati in campo. Emozioni da divano ed emozioni viste oltre i cartelloni pubblicitari dopo un gol. Un manuale di conversazione da bar scritto dalla redazione di Undici e da occasionali ospiti.

Quelle notti, finalmente
Lo abbiamo detto più volte, che quello che ci era stato colpevolmente tolto per i Mondiali 2018 avrebbe reso ancora più prezioso, e significativo, il ritorno dell’Italia a una grande competizione. Ok, ma soltanto ora, dopo aver battuto l’Austria in una partita così emozionante da far fatica a ponderare nella giusta misura tutto quello che è successo, possiamo rendercene conto appieno: è stata una di quelle notti che difficilmente dimenticheremo, perché sono notti rare, intense, speciali. La tensione dell’inizio, il respiro accorciato durante i secondi concitati in cui il Var decideva sul destino della rete di Arnautovic, la paura di dover abbandonare tutto sul più bello, proprio quando a questa squadra ci stavamo definitivamente affezionando, e poi i supplementari e la gioia liberatoria dei due gol, e l’abbraccio Mancini-Vialli, Pessina che sviene dalla felicità, le facce italiane che urlano dalle felicità nei modi più disparati, e sì, quanto ci era mancato tutto questo.

L’energia di Federico Chiesa
Quando Federico Chiesa è passato alla Juventus, in pochi hanno previsto il reale impatto che avrebbe avuto di lì a poco: non è stato solo un acquisto indovinato, in grado di aggiungere quel dinamismo e quelle variabili che servivano ai bianconeri, ma è stato anche un trascinatore in alcuni dei momenti clou del campionato, vedi le doppiette contro il Milan al Meazza o contro il Porto in Champions League. Un giocatore che vive le partite alla massima intensità emozionale, e così è stato pure con la maglia azzurra: l’ingresso di Chiesa è stato a tutti gli effetti una scossa adrenalinica in una squadra che stava avendo paura di buttare via quanto di buono costruito, con il timore insidioso di non sentirsi all’altezza. Chiesa è stato l’opposto della Nazionale vista fino alla sua comparsa in campo: ha incarnato la voglia di mettersi in gioco senza condizionamenti, con un filo di spensieratezza. Il gol è stato il riconoscimento della sua energia, ma pure delle sue doti tecniche, con quella capacità di fermare il pallone, indovinare il tempo giusto per aggiustarselo e mandare a vuoto il difensore, scaricarlo con potenza e precisione alle spalle del portiere. Qualità e determinazione insieme, un gol alla Chiesa.

Spinazzola, ovvero a cosa serve la qualità

Il gol di Chiesa è un gol alla Chiesa, ci siamo. Ma tutto nasce da un cross di Spinazzola, e anche qui è lecito cambiare, passare dalla preposizione semplice a quella articolata: il cross trasformato in gol da Chiesa è un cross alla Spinazzola, un cross morbido, preciso, ma soprattutto lucido. Forse quest’aggettivo, lucido, sarebbe più giusto usarlo per presentare una persona, un giocatore, in questo caso Spinazzola. Ma in realtà è perfetto anche per descrivere la traiettoria dell’assist che ha sorpreso la difesa austriaca, perfetta fino a quel momento e dunque apparentemente imperforabile, almeno ai ritmi un po’ compassati tenuti dall’Italia di Mancini in fase offensiva.

Il gol di Chiesa è bello quanto rabbioso, ma la calma di Spinazzola è davvero incredibile

Anche qualche minuto prima, quasi al tramonto dei tempi regolamentari, Leonardo Spinazzola aveva servito un altro cross del tutto simile, ugualmente morbido e preciso e lucido, a Domenico Berardi. Solo che quel cross è venuto fuori leggermente arretrato e forse anche troppo morbido, l’attaccante del Sassuolo non ha potuto imprimere la forza necessaria a un colpo di tesa pericoloso, allora ha cercato di segnare con una pirotecnica sforbiciata volante – una di quelle che ci provi cento volte e ti riesce solo cinque, e purtroppo per Berardi il suo tentativo è finito nella parte più consistente della statistica. Anche in quel caso, però, Spinazzola è stato decisivo. Come lo è stato in occasione delle sue 3 occasioni create, dei 3 dribbling riusciti, delle continue sovrapposizioni esterne ma anche interne, come quella appena prima del gol, movimenti necessari per allargare le linee strettissime dell’Austria. La grande prestazione di Spinazzola sta proprio in questa sua capacità di essere sempre presente, ma anche di farsi trovare e giocare il pallone in maniera imprevedibile, nonché tecnicamente valida. Non è un caso che l’Italia abbia sbloccato il risultato su un suo cross, grazie a un suo cross, dopo una sua ricezione tra le linee nel mezzo spazio di centrosinistra: l’Austria ha disputato una partita intelligente, ha fatto leva sul suo evidente strapotere fisico per poter limitare il calcio frizzante dell’Italia, l’ha soffocato con il suo pressing, con la sua corsa; in un contesto del genere, serviva la qualità per poter compensare il gap, e per vincere. Ecco, il lampo di qualità che ha fatto la differenza è arrivato da Spinazzola, e ormai non è più una novità. Piuttosto è stata la risorsa ulteriore che serviva all’Italia per venire a capo di una partita in cui il sistema non ha funzionato troppo bene, in cui alcuni giocatori molto attesi hanno offerto un contributo appena sufficiente, in cui sono serviti i cambi per (ri)trovare un po’ di brio offensivo.

La panchina lunga che non ci aspettavamo

Molti (sì, anche noi) non erano convinti della scelta di escludere un attaccante sia letale che bravo nel dribbling come Moise Kean, poi si era aggiunta la sfortuna di dover rinunciare a Pellegrini, ma nelle prime due partite la grande intelligenza tattica di Domenico Berardi e Manuel Locatelli, su cui pure tutti – soprattutto sul primo – nutrivano parecchi dubbi prima dell’inizio del torneo, ci avevano rassicurato. Ma i problemi possono arrivare con un vestito nuovo, come abbiamo visto contro l’Austria, ed essere la scarsa condizione di un apparentemente intoccabile Barella, la poca incisività di Berardi, o Verratti che finisce la benzina dopo poco più di un tempo. Quello che si è visto contro l’Austria è la felice varietà tattica di cui dispone l’Italia: Pessina, ancora una volta entrato nel secondo tempo, ha mostrato le sue qualità che sono qualità diverse da quelle di Barella, proprio quello che ci serviva. Chiesa, ala diversa da Berardi, ha trovato sia con il gol sia in altre occasioni gli spazi che erano mancati all’undici del Sassuolo. Belotti, pure, soprattutto in occasione del 2-0, ha dato una fisicità che Immobile, che aveva cercato spesso la profondità con poco successo, non aveva del tutto in repertorio. Cambiare in corsa e cambiare bene, anche questa è una novità felice.

Donnarumma, il record, il valore di una parata

A un certo punto di Italia-Austria, nel secondo tempo regolamentare, la Nazionale azzurra ha battuto il record storico di inviolabilità della propria porta, che resisteva dal biennio 1972-74: Dino Zoff, quarantasette anni fa, era rimasto senza subire gol per 1143 minuti di gioco, oggi Donnarumma e Sirigu (che si sono alternati nelle ultime gare) hanno ritoccato il primato, portandolo a 1168′. Nella concitazione del risultato in bilico – la gara era ancora sullo 0-0 – questo aggiornamento statistico è sfuggito (quasi) a tutti, poi alla fine l’Italia ha vinto e quindi ha potuto celebrare anche questo successo. A suggellarlo, c’è una parata bella e importante di Donnarumma, forse il primo intervento davvero determinante del suo Europeo. Questo:

Grande reattività su un tiro improvviso

Ora si può pensare e dire, anche giustamente, che l’Italia forse ci ha messo troppo tempo per segnare contro l’Austria, che ha sofferto, che non ha giocato al massimo delle sue possibilità. Però i gol di Chiesa e Pessina sono arrivati, e a quel punto l’importante era difenderli senza troppi affanni. Ecco, la parata – bella, plastica, esplosiva, di grande qualità – di Donnarumma è servita proprio a questo, il secondo tempo supplementare era iniziato da pochi istanti ed è stato molto importante ritardare il gol dell’1-2 dell’Austria, limitare il più possibile gli assalti e i patemi finali. Questa è l’essenza del grande portiere: è lì a proteggerti anche quando viene chiamato in causa per la prima volta, sa rimanere concentrato pure se viene impegnato poco e niente. Non a caso, viene da dire, la prima rete subita dagli Azzurri agli Europei è arrivata in maniera rocambolesca, su azione d’angolo, grazie un colpo di testa girato in maniera quasi innaturale da Kalajdzic, per di più mentre Jorginho abbandonava maldestramente il primo palo. Insomma, il primo grande intervento di Donnarumma agli Europei ha un valore rilevante, è stato decisivo nell’andamento della partita, ha ammansito il secondo tempo supplementare, ha dimostrato che anche un’Italia un po’ più timorosa e meno brillante del solito fa una fatica tremenda a subire gol, perché ha una difesa sempre molto attenta e un portiere fortissimo come ultima, enorme risorsa. I record, dopotutto, non si battono mai per caso.