La prima cosa che colpisce della biografia di Leonardo Fioravanti sono tutti i luoghi del mondo che ha visitato: Australia, Maldive, Hawaii, Indonesia, El Salvador, eccetera. «Non so in quante nazioni sono stato, ma credo nella maggior parte del mondo a parte qualche Stato in Africa e Asia», ha detto nel 2017 in un’intervista al Corriere dello Sport. «Ho già cambiato due passaporti: uno perché mi era scaduto, uno perché non c’erano più pagine per i timbri», e nel frattempo è probabile che sia già arrivato al terzo o al quarto. Parla cinque lingue (italiano, inglese, francese, spagnolo e portoghese) e ha una casa in Francia, una in Portogallo e ne sta costruendo un’altra vicino a Waimea, alle Hawaii.
Adesso che è diventato il primo e unico surfista italiano a qualificarsi per i Giochi Olimpici, e che è ancora in corsa per una medaglia, Leonardo Fioravanti sembra essere nato apposta per l’evento più globale che ci sia. È un cittadino del mondo e nelle interviste ripete spesso che la sua casa è ovunque. Pochi incarnano lo spirito olimpico meglio di lui: «Viaggiare ha sempre fatto parte della mia vita», racconta a Undici. «Il bello dell’Olimpiade è che unisce popoli di tutto il mondo attraverso lo sport. E il surf fa esattamente lo stesso perché l’acqua, il mare, l’oceano rappresentano una sorta di linguaggio universale. Questo sport mi permette di avere amici ovunque».
«Aver viaggiato così tanto per me è stata la migliore scuola possibile, perché ho avuto il privilegio di conoscere tante culture», ha detto nel 2020 alla Stampa. Com’è allora il mondo visto dagli occhi di un ventitreenne nato a Roma e cresciuto a Cerveteri, che ha iniziato a surfare per imitare il fratello maggiore e da bambino doveva accontentarsi di poche onde al giorno, quelle tre o quattro provocate dal traghetto che ogni pomeriggio tornava dalla Sardegna al porto di Civitavecchia? «Viaggiare ti permette di avere una concezione più aperta del mondo. I social network hanno dato una mano sotto questo aspetto, perché ti permettono di visitare senza essere fisicamente in quel luogo, ma uscire dai propri confini può darti una marcia in più».
Questa marcia in più Leonardo Fioravanti la esprime per esempio quando parla della questione ambientale, che più di tutte negli ultimi anni sta marcando il confine tra la sua generazione e quelle precedenti: «Sono molto attento alle tematiche ambientali. Giro sempre con una borraccia termica e cerco sempre di minimizzare l’uso della plastica. Purtroppo le singole azioni non bastano, serve un cambiamento radicale che arrivi dall’alto». Oppure quando spiega che nel surf la vera competizione è tra se stessi e il mare, che va sfidato ma sempre rispettato, mentre gli avversari sono come una famiglia, altri io da sostenere per esorcizzare brutti pensieri: «Più le onde sono grandi e potenti, più il surf è pericoloso. Durante queste condizioni ognuno di noi è attento alle performance degli avversari e pronto a intervenire in caso di necessità. È successo che durante una competizione io e altri due surfisti salvassimo un ragazzo hawaiano che era svenuto dopo una caduta in acqua. Fortunatamente si è ripreso, ma è stato un momento difficile».
Da quando il surf è diventato sport olimpico Leonardo Fioravanti ha sempre parlato dei Giochi di Tokyo come di «un sogno». Raggiunta la qualificazione, adesso l’asticella si alza: «Rappresentare l’Italia alle Olimpiadi è un grande onore, ma il sogno vero ora è tornare a casa con una medaglia. È un obiettivo alla mia portata. Ho raggiunto i podi più alti di questa disciplina e faccio parte del circuito mondiale. Sarà difficile, ma niente è impossibile». Che possa giocarsela alla pari con gli altri diciannove surfisti qualificati lo dimostra la sua carriera.
Nel 2015 si è laureato campione del mondo Under 18 a soli dieci mesi da un grave incidente in cui ha rischiato di rimanere paralizzato, nel 2017 è diventato il primo italiano a partecipare in pianta stabile alla World Surf League e nel 2020, dopo una stagione condizionata dalla lussazione di una spalla, ha vinto il Sydney Surf Pro, il suo successo più importante tra i grandi. Anche le condizioni di gara aprono a qualsiasi risultato: «In Giappone surferemo nell’oceano, su onde naturali. Ci sono più possibilità di vincere perché se leggi bene l’onda e fai le scelte giuste tutto può succedere».
Il percorso olimpico del surf è solo all’inizio. È una delle quattro discipline esordienti a Tokyo insieme al karate, all’arrampicata sportiva e allo skateboard e con gli ultimi due condivide l’adrenalina degli sport estremi che piacciono ai giovani e verso cui i Giochi Olimpici si stanno aprendo sempre di più. A Parigi 2024 il surf si svolgerà a Tahiti, nella Polinesia francese, a oltre quindicimila chilometri di distanza dalla Tour Eiffel. Fra tre anni Leonardo Fioravanti potrebbe non essere più l’unico italiano qualificato: «Un surfista italiano professionista al momento è visto con incredulità. Tanti non sanno nemmeno che si possa surfare in Italia, quando invece c’è un movimento importante. Il surf comunque può crescere ancora tanto anche grazie alla tecnologia di onde artificiali che piano piano stanno prendendo piede anche da noi. Le basi sono buone, ci sono molti appassionati, ma ora è il momento di allargare la base di fan».