Uno degli episodi più iconici legati alla Coppa del Mondo e alla sua storia è senza dubbio la testata che Zinédine Zidane rifilò a Marco Materazzi durante i tempi supplementari della finale dell’edizione 2006, giocata tra Italia e Francia e poi vinta dagli Azzurri ai calci di rigore. Quel gesto è entrato di diritto nell’immaginario collettivo degli italiani, allo stesso livello della corsa di Tardelli a Spagna ’82 o dei disastri dell’arbitro Byron Moreno contro la Corea del Sud nel 2002. Allo stesso tempo, però, anche altri luoghi e persone del mondo sono rimasti colpiti da quell’immagine. A cominciare dalla Francia e dai francesi, ovviamente: non a caso, lo scultore transalpino Adel Abdessemed si ispirò a quel momento per realizzare una statua di bronzo alta cinque metri. Creata e inaugurata nel 2013, inizialmente installata al Centre Pompidou di Parigi, è passata per la Piazza del Duomo di Pietrasanta, in Toscana, e poi arrivata fino in Qatar. In Medio Oriente, però, non trovò molta fortuna: pochi giorni dopo la sua installazione nella Corniche, la principale baia di Doha, l’opera ricevette aspre critiche da parte dei residenti e fu rimossa.
Ma perché i qatarioti si schierarono contro la statua di Adel Abdessemed? Perché, secondo loro, avrebbe spinto le persone all’idolatria e le avrebbe istigate alla violenza, considerando che si trattava di una rappresentazione di corpi atletici, un’espressione artistica non proprio ben vista – eufemismo – dagli islamici più radicali. Fu così che “Coup de tête” – questo il didascalico nome dell’opera – fu letteralmente “chiusa” in un museo di Doha, lontano dalle zone più frequentate. In vista dei Mondiali, però, la statua tornerà a essere esposta. Non sul lungomare, «un posto che non si è rivelato adatto» secondo Sheikha al-Mayassa al-Thani, presidente dei musei del Qatar, non che sorella dell’emiro. Ma in un nuovo Museo dello Sport che sorgerà a Doha e che ospiterà anche la Coppa del Mondo in arrivo per l’edizione 2022, che si terrà a dicembre nell’emirato, tutt’intorno alla capitale Doha.
«La società è costantemente in evoluzione. Ci vuole tempo, le persone possono criticare all’inizio, ma poi capiranno e si abitueranno a quelle immagini», ha aggiunto Sheikha al-Mayassa al-Thani. «E poi Zidane è un grande amico del Qatar, oltre che un grande modello per il mondo arabo. Certo: l’arte, come qualsiasi altra cosa, è una questione di gusti. Il nostro obiettivo è dare potere alle persone, promuovendo una riflessione sullo stress degli atleti e sull’importanza della salute mentale, anche nello sport».