Calciomercato senza idee

Pogba e Lukaku, ma anche Di María, Matic e Mkhitaryan: le big di Serie A sembrano guardare solo al passato quando invece dovrebbero costruire le squadre del futuro.

L’entusiasmo genuino e coinvolgente con cui è stato celebrato il ritorno di Romelu Lukaku all’Inter, così come quello che saluterà il ritorno di Paul Pogba alla Juventus quando l’acquisto del centrocampista francese diventerà ufficiale, sono dei sentimenti nobili e anche tecnicamente esatti. Nel senso: parliamo di due calciatori che hanno fatto la storia recente e recentissima della Serie A, che nel campionato italiano – se vogliamo considerarlo di seconda fascia rispetto alla Premier League, e forse dobbiamo farlo – erano evidentemente superiori alla stragrande maggioranza dei loro avversari e dovrebbero esserlo ancora, che proprio in virtù di questa loro forza sono stati acquistati a peso d’oro da due grandi squadre di Premier League. E che in Inghilterra, se vogliamo, non hanno propriamente fallito: entrambi, sia Pogba che Lukaku, non sono mai stati messi nelle condizioni di esprimersi al meglio. Insomma, la colpa delle loro esperienze negative in Premier non gli appartiene del tutto, va sicuramente divisa con quegli stessi club che hanno pagato più di 100 milioni per strapparli a Inter e Juventus. Insomma, stiamo parlando di due calciatori molto forti, che hanno già dimostrato di poter avere un’incidenza enorme nel nostro campionato. 

Detto questo, e senza fare discorsi troppo lunghi – e troppo filosofeggianti – su quanto il revisionismo e quindi la nostalgia calcistica debbano essere considerata delle trappole, o comunque delle strategie non funzionali a lungo termine, è evidente che le operazioni-revival messe in piedi da Inter e Juventus vadano raccontate per quello che sono: dei tentativi di riportare in vita il passato ricreandolo nel presente, di riattivare dei meccanismi tecnici ed emotivi che hanno già funzionato. Meccanismi che hanno fruttato molto, a livello di risultati sportivi e di bilancio: non possiamo dimenticare che quelle relative a Pogba e Lukaku restano le due cessioni più remunerative nella storia della Juventus, dell’Inter e anche del campionato di Serie A in senso assoluto.

Proprio quest’ultimo aspetto dovrebbe far riflettere un po’ di più su certe operazioni di mercato. Gli acquisti di Lukaku e Pogba sono stati due grandi affari tecnici ed economici per l’Inter del 2019 e per la Juventus del 2012, hanno portato a dei grandissimi successi sul campo e a degli introiti enormi sul mercato. Sono state due idee  – entrambe venute a Marotta o comunque attuate da Marotta, e forse non è un fatto incidentale – potenzialmente buone che si sono rivelate a dir poco lungimiranti. Anzi si possono scomodare aggettivi molto più magniloquenti: sono state idee geniali, vincenti, remunerative. Ed è difficile opporsi a questo assunto. Il punto che ne discende, in maniera praticamente immediata, è questo: perché non provare a ripetere questo tipo di percorso con un nuovo Pogba e un nuovo Lukaku, piuttosto che cercare di ricreare il passato nel presente? Perché non provare a costruire l’Inter o la Juventus intorno a degli atleti che, come il Pogba del 2012 e il Lukaku del 2019, fossero degli asset con un’altissima probabilità di patrimonializzazione a breve-medio termine, oltre che dei campioni di primo livello?

L’analisi, ovviamente, deve andare oltre le dinamiche economiche – intese come occasioni di mercato – che hanno riportato Lukaku all’Inter e che stanno riportando Pogba alla Juve. E poi in realtà va ampliata, perché la tendenza si allarga a macchia d’olio alla maggioranza della Serie A: nel momento in cui la Roma ha individuato il centrocampo come primo reparto da rinforzare, perché ha puntato sul prossimo 34enne Matic e non su un centrocampista giovane – o comunque più giovane del serbo ex Manchester United – da valorizzare? Il fatto che Matic sia un giocatore-feticcio di José Mourinho, che sia un elemento già pronto e di sicuro affidamento tecnico e pure politico controbilancia il fatto che la Roma debba versargli uno stipendio comunque importante – 3,5 milioni – fino a giugno 2023, senza avere alcuna prospettiva di ritorno economico? È una domanda che si può applicare anche a un altro affare praticamente fatto dalla Juventus, quello che riguarderà il 34enne Ángel Di María: ecco, non c’è dubbio che al mondo ci siano pochissimi giocatori con la sua classe e la sua esperienza, ma forse ai bianconeri sarebbe convenuto di più prendere un esterno in grado di completare, accanto a Vlahovic e Chiesa, un tridente destinato a durare per anni? Attenzione: non è detto che non lo faccia, ma in ogni caso la presenza di Di María in rosa e – soprattutto – a bilancio occuperà degli spazi importanti. Esattamente come farà il 33enne Henrikh Mkhitaryan all’Inter.

Nelle due stagioni vissute all’Inter, Romelu Lukaku ha accumulato 95 presenze in competizioni ufficiali e 64 gol complessivi (Alessandro Sabattini/Getty Images)

La sensazione, insomma, è che in questo calciomercato, che in questo momento di questo calciomercato, i grandi club della Serie A siano privi di visioni innovative. O del coraggio per attuarle. Ed è un peccato, visto che negli ultimi anni il nostro campionato aveva manifestato – a tutti i livelli – un fermento piuttosto benaugurante per il futuro. Questo fermento, a sua volta, aveva portato alla nascita di molti progetti tattici e manageriali pienamente contemporanei, a un’evidente crescita dell’interesse da parte degli investitori stranieri. Quell’onda in realtà non si è ancora arrestata, anzi lo scudetto conquistato dal Milan con una squadra composta soprattutto da giovanissimi – più Ibra e Giroud – sembrava essere il primo frutto di questa semina, la conferma che un progetto di questo tipo potesse essere non solo virtuoso, ma anche vincente. E invece il punto è proprio questo: mentre la squadra rossonera prosegue sul suo cammino – e in questo senso i nomi di De Ketelaere, Diallo, Hincapié, ma anche di Origi e Ziyech, sembrano tutti molto coerenti con quanto fatto negli ultimi anni – le squadre che lotteranno per lo scudetto stanno facendo scelte tutt’altro che riformiste, stanno attuando strategie conservative per non dire reazionarie, non hanno tratto spunto o preso esempio dalle idee di Maldini, Massara e Pioli, piuttosto sono andati a prendere o a riprendere i vari Lukaku, Pogba, Matic.

Certo, l’Inter ha acquistati anche Asllani e Bellanova, la Juventus sembra interessata a Zaniolo; allo stesso modo, la Roma sta trattando da tempo il ritorno di Frattesi e il Napoli ha già annunciato gli arrivi di Kvaratskhelia e Oliveira. Ma si tratta di acquisti o di trattative di contorno, di accompagnamento, i piatti forti continuano a essere Lukaku, Di María, Matic, la Juventus sta lavorando su Koulibaly mentre la discussione quotidiana sul Napoli riguarda la permanenza dello stesso Koulibaly o di Mertens. Tutti calciatori che alla fine della prossima stagione avranno superato i trent’anni. Al massimo, questi club hanno pensato o stanno pensando a Paulo Dybala: un grandissimo calciatore che, però, nel corso del prossimo campionato compirà 29 anni. Su questo atteggiamento di mercato così pavido pesa sicuramente la scarsità di fondi legata alla crisi post-pandemia e alle storiche difficoltà strutturali dei club di Serie A, ma la sensazione relativa a questa estate è che stiamo vivendo un periodo di scarsità di idee, di stagnazione, un momento in cui il rischio di una rivoluzione viene considerato troppo grande, perché una società di calcio possa sostenerlo. La crisi potrebbe essere un’occasione per sperimentare nuove strade, per farsi un’iniezione di coraggio e di novità, e invece i volti in primo piano vengono dal passato, sono un sussulto di nostalgia, un sentimento che può essere genuino, coinvolgente, ma che è piuttosto sconsigliato quando si tratta di costruire il futuro, per definizione.