La Juventus è di nuovo la squadra da battere?

Il mercato ha dato ad Allegri una squadra fatta apposta per lui: giocatori già pronti e talento in abbondanza. E ora i bianconeri sembrano essere condannati a vincere.

«Come sempre, la Juventus parte per centrare tutti gli obiettivi, quest’estate sono arrivati giocatori importanti, alcuni d’esperienza e altri giovani, inoltre è il secondo anno quindi partiamo già da una buona base. Dopo essere rimasti un anno senza trofei per la prima volta in dieci anni, abbiamo il dovere di vincere lo scudetto». Il fatto che queste parole siano arrivate proprio dall’allenatore della Juventus può essere un’assurdità o una banalità, o entrambe le cose. Il punto è che Massimiliano Allegri ha ragione: la Juventus ha comprato giocatori fortissimi e già molto pronti, ha costruito una squadra per vincere subito e ora ogni risultato diverso dallo scudetto deve essere considerato troppo poco rispetto alle ambizioni del club. Dopotutto, la Juve deve tornare a vincere dopo un anno senza titoli e un biennio al quarto posto: un castigo troppo lungo per chi è abituato a competere sempre per il primo posto. Ma con quelle parole Allegri ha aggiunto sulle spalle della sua stessa squadra – per assurdo – un carico di pressione di cui avrebbe potuto fare a meno; oppure Allegri è diventato talmente aziendalista da andare anche contro i suoi migliori interessi.

Già riportare a Torino Paul Pogba, mettergli vicino Ángel Di María e pagare a cifre da Premier Leauge il miglior difensore dell’ultimo campionato anticipando l’Inter – con una spesa che i nerazzurri, semplicemente, non possono permettersi – è uno statement forte, un segnale a tutti i naviganti che adesso la Juve è di nuovo in corsa per il primo posto. E poi è arrivato Kostic, probabilmente il miglior esterno d’Europa ancora fuori dal giro degli squadroni d’élite. Insomma, sono giocatori pronti, affidabili, non più giovanissimi, perfettamente collocabili più o meno in qualunque undici che Allegri possa immaginare.

Ancora una volta la Juventus sembra disposta a lasciare qualcosa sul tavolo pur di mettere in bacheca l’ennesimo scudetto e ribadire la propria supremazia sul campionato italiano: è evidente che, attraverso questa campagna acquisti, i bianconeri rinunciano a sviluppare un progetto di crescita organico, graduale, armonico, preferiscono puntare tutto sul qui e ora. È la versione estrema del messaggio di Boniperti, per cui vincere non è importante, è l’unica cosa che conta. E al futuro poi ci si pensa. Uno schema di valori che se avesse un corpo e un volto del calcio contemporaneo sarebbero proprio quelli di Max Allegri.

Quando un anno fa la Juventus ha deciso di aprire un secondo ciclo con il tecnico livornese, non gli ha consegnato proprio una corazzata, e nemmeno una squadra da Serie B, ma lui non è riuscito a migliorare il materiale a disposizione. Solo che con la rosa dal valore economico più alto del campionato, secondo Transfermarkt, avrebbe dovuto quanto meno restare in corsa per lo scudetto fino all’ultimo, invece ha raggiunto appena quota 70 punti. Allegri ha dimostrato – o ha semplicemente ricordato a tutti – che lui di un work in progress non sa cosa farsene. Può essere l’allenatore perfetto per guidare una rosa più forte della concorrenza ancorché poco coerente o amalgamata, ma non è l’uomo giusto per tirare fuori valore aggiunto da una squadra non eccezionale. Così, oltre a non aver vinto nulla, l’anno scorso la Juventus non è neanche migliorata, non ha costruito qualcosa di migliore in vista della stagione che sta per iniziare. Tutto quello di cui ha bisogno per vincere a maggio 2023 lo sta mettendo insieme ora, tra mercato e tournée americane.

Per il modo in cui è stata assemblata la rosa in queste settimane, la Juventus è comunque tra le più forti del campionato, se non la più forte: ha perso Dybala e De Ligt, due pilastri della vecchia formazione, ma ha aggiunto Di María, Pogba, Bremer e Kostic, più Gatti – l’altro giovane portato in Piemonte, Andrea Cambiaso, è stato girato al Bologna. In più ritroverà Chiesa, che l’anno scorso ha saltato buona parte del campionato, e avrà Vlahovic fin dall’inizio. È una squadra che, riprendendo proprio le parole di Allegri, ha il dovere di vincere lo scudetto, o almeno di provarci fino all’ultimo. Ma per migliorare i risultati della scorsa stagione potrebbe non bastare l’approccio minimalista e conservativo del passato.

Bremer è passato dal Torino alla Juventus per 41 milioni di euro: questa cifra lo rende il quarto difensore più pagato nella storia della Serie A, anche se potenzialmente potrebbe risalire la classifica fino al secondo posto, considerando gli otto milioni di eventuali bonus concordati tra i due club torinesi (Ron Jenkins/Getty Images)

Il perché lo si può leggere nel rendimento del centrocampo dello scorso anno: nell’ultima Serie A l’intero reparto ha segnato appena sette gol, adesso c’è Pogba ma già si è già infortunato, e quindi forse non sarà sufficiente per alzare quanto serve il rendimento di tutto il reparto. Allora Allegri dovrà trovare delle soluzioni diverse in McKennie, Locatelli e Zakaria, in attesa che Rabiot formalizzi il suo passaggio al Manchester United, dovrà fare anche lui un passo in più per metterli in condizione di rendere diversamente. Poi dovrà ritagliare a Di María un ruolo da protagonista, lui che da oltre un decennio si è calato perfettamente nei panni del gregario, cioè di ingranaggio in un sistema in cui il motore lo accendevano Cristiano Ronaldo, Ibrahimovic, Neymar o Mbappè. Inoltre l’argentino si troverebbe più a suo agio con un gioco improntato al controllo del pallone e del ritmo rispetto alla squadra reattiva vista la scorsa stagione. E insomma, anche Vlahovic e il Federico Chiesa piuttosto involuto che abbiamo visto lo scorso anno prima del grave infortunio dovranno essere innescati e serviti in modo da farli rendere al massimo delle proprie possibilità. Certo, trovare un modo per valorizzare, tutti insieme, questi giocatori è la trasposizione calcistica dei proverbiali first world problems: qualunque allenatore, almeno in Serie A, vorrebbe avere a disposizione una rosa del genere per giocare al piccolo chimico alla ricerca della formula più adatta. E per Allegri questa stagione è quella in cui deve dimostrare che può ancora guidare una squadra da titolo alle sue condizioni, almeno nel campionato italiano.

Il percorso tracciato dalla dirigenza della Juventus, invece, è così in controtendenza rispetto alla programmazione della maggior parte dei grandi club europei da sembrare estremo. Roba per fondamentalisti. Un club che ragiona solo a breve termine, una condizione autoimposta che forse nel calcio moderno non è più sostenibile: anche chi ha liquidità infinita come Manchester City e Paris Saint-Germain deve arrendersi alla programmazione, alla necessità di comprare il prossimo Golden Boy da affiancare ai fenomeni già a disposizione. Invece la Juventus sembra voler fare e disfare tutto nell’arco di dodici mesi, di vivere anno dopo anno alla ricerca di un nuovo equilibrio da costruire in estate, come quelle serie tv in cui ogni stagione è collegata alla precedente solo da pochi elementi. Esattamente un anno fa nella rosa bianconera c’erano ancora Dybala, Ronaldo e De Ligt, oggi non è rimasto più nessuno. Lo stesso 34enne Ángel Di María è sicuramente uno dei giocatori più forti della prossima Serie A, forse individualmente quello che può spostare di più, ma la carta d’identità e il contratto annuale rafforzano l’idea dell’ennesimo instant team abbastanza forte da garantire un posto nella lotta scudetto dall’inizio alla fine del campionato. O meglio, solo del campionato 2022/23.