I Golden State Warriors si ispirano al Tiqui-Taca del Barcellona, ha detto Klay Thompson

L'influenza della squadra azulgrana è arrivata fino al basket NBA, alla visione tattica di coach Steve Kerr.
di Redazione Undici 20 Ottobre 2022 alle 10:26

Da molti anni, ormai, si parla di allenatori di calcio che si ispirano ad altri sport per ampliare la propria visione tattica e gestionale. Uno degli esempi più calzanti è quello di Pep Guardiola, che nel corso della sua carriera ha ammesso di aver mutuato – ovviamente adattandoli a un gioco diverso – alcuni meccanismi dal rugby e dal futsal, oppure delle strategie di concentrazione usate dai giocatori di tennis e golf. C’è qualcuno, però, che ha ammesso un’osmosi inversa, dal calcio (di Guardiola) alla pallacanestro. Si tratta di Klay Thompson, stella dei Golden State Warriors detentori del titolo NBA: dopo la vittoria ottenuta contro i Los Angeles Lakers nell’opening match della regular season, nel corso di un’intervista a TNT e in risposta a un commento di Charles Barkley, altra leggenda della lega, Thompson ha raccontato che «il nostro coach, Steve Kerr, ci ha mostrato come liberare il nostro uomo migliore al tiro, ovvero Steph Curry, attraverso i meccanismi che usava il Barcellona di Guardiola. Lo chiamavano tiqui-taca, qualche anno fa».

Il pretesto per citare il tiqui-taca è arrivato, come detto, da una considerazione di Charles Barkley: l’ex stella dei Phoenix Suns, tra le altre, ha lodato la capacità degli Warriors di muoversi senza palla, definendoli «i migliori che abbia mai visto da anni» in questo particolare meccanismo tattico. Da qui la risposta di Thompson, che ha spiegato quale fosse la prossimità tra il gioco della sua squadra e quello del Barça del quadriennio 2008-2012: «Come loro, liberiamo lo spazio passandoci il pallone, e poi in quello spazio ci va sempre un uomo che è più aperto e più libero degli altri. Così può prendere un buon tiro».

Steve Kerr allena i Golden State dal 2014, e con la franchigia californiana ha vinto quattro volte il titolo. Ha avuto una grande carriera anche da giocatore: al college ha militato negli Arizona Wildcats, poi è passato in NBA e ha partecipato – seppure da alternativa – alla vittoria di cinque titoli NBA, tre consecutivi con i Chicago Bulls di Michael Jordan e altri due con i San Antonio Spurs di Gregg Popovich. Dal 2021 è anche capo-allenatore della Nazionale degli Stati Uniti d’America, e ha sempre avuto una certa vicinanza al mondo del calcio: l’ultima testimonianza risale ad agosto 2022, giusto qualche settimana fa, quando si è presentato nel ritiro del Real Maiorca per tenere un discorso motivazionale sull’importanza di tenere il gruppo unito, di gestire sapientemente il turn over, di equilibrare duro lavoro e divertimento durante le sedute di allenamento. Nessun accenno al tiqui-taca e alla tattica, ma ora sappiamo che anche lui ama – e fa praticare – un gioco di passaggi ripetuti, ad alta frequenza, per creare e liberare spazio: questo era il senso del sistema di Guardiola al Barcellona e anche – inevitabilmente – della Spagna a cavallo tra gli anni Zero e Dieci, due squadre che hanno vinto tantissimo e hanno rivoluzionato il gioco del calcio in profondità. Ora a distanza di anni, sembrano continuare a farlo, però con il basket.

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