La Super Lega in Asia cambierà il calcio mondiale?

L'arrivo di Ronaldo in Arabia Saudita e l'annuncio del nuovo torneo per club, che inizierà nel 2024, hanno avviato una rivoluzione. Che potrebbe avere un impatto importante anche sul mercato europeo.

È stato Thomas Mann a far dire, a uno dei tanti personaggi che popolano quel capolavoro quasi centenario che è La montagna incantata (1924), una verità icastica quanto inconfutabile: «L’apoliticità non esiste. Tutto è politica». Dopo mesi di frenetiche consultazioni e trattative, è arrivata l’ennesima conferma calcistica di questa massima contenuta nel romanzo dell’intellettuale tedesco, Premio Nobel per la letteratura nel 1929: il 23 dicembre 2022 a Kuala Lumpur, in Malesia, l’Asian Football Confederation – organo amministrativo, organizzativo e di controllo del calcio asiatico – ha ufficializzato ufficialmente la nascita della Super Lega per club.

In un macro-continente che, tra mille contraddizioni, contiene una realtà enorme e quindi complessa, caratterizzata da variegate moltitudini storiche, sociali e culturali in costante movimento, il calcio rimane dunque un prezioso mezzo di rinnovamento socioeconomico. Ma è anche una preziosa e sofisticata arma di soft power diplomatico. Quasi visionarie, a questo proposito, paiono le parole pronunciate dallo sceicco Mohammed bin Hamad bin Khalifa Al-Thani, fratello dell’attuale emiro del Qatar: a maggio 2010, al momento di presentare la candidatura per ospitare i Mondiali che poi si sarebbero effettivamente svolti nell’emirato, giusto gli ultimi, disse che «il calcio può cambiare la nostra mentalità più di ogni altra cosa». Le cose sono andate, stanno andando, proprio in questa direzione. Prima i Mondiali che abbiamo appena vissuto, ora una nuova competizione continentale con partenza prevista per la stagione 2024/2025, un torneo che avrà l’ambizioso obiettivo di rendere il calcio asiatico più attraente e competitivo a livello internazionale. I 76 migliori club del continente verranno suddivisi non più in due, ma in tre differenti competizioni continentali, ognuna delle quali composta seguendo il ranking degli ultimi otto anni. In questo modo, l’AFC sta imitando, in tutto e per tutto, la riforma della Uefa che, nel 2021, alla Champions League e all’Europa League, ha aggiunto una terza manifestazione in ordine di importanza: la Conference League.

Nonostante qualche polemica iniziale, per altro piuttosto timida, il nuovo modello in stile europeo è sembrato il più adatto a garantire una crescita armonica del movimento asiatico, regalando a club e leghe – anche di seconda e terza fascia – l’opportunità di misurarsi contro alcune delle realtà più importanti del continente. L’impatto di questa nuova era che sta iniziando, però, potrebbe andare ben oltre i confini dell’Asia, potrebbe coinvolgere anche il calcio europeo: contestualmente all’inizio della Super Lega, l’AFC ha infatti disposto l’eliminazione, in un colpo solo, di tutte le politiche restrittive e “sovraniste” legate al reclutamento dei giocatori. Per la prima volta, in pratica, il calcio asiatico ha cancellato qualsiasi limitazioni relativa agli stranieri: nelle competizioni internazionali, finora, le regole prevedevano che le società asiatiche potevano tesserare non più di tre calciatori stranieri, più un quarto con nazionalità interna alla Confederazione. Questo format, noto come 3+1, è destinato a diventare 5+1 nella prossima edizione dell’Asian Champions League, l’ultima prima dell’avvento della nuova massima competizione: una sorta di step intermedio prima di una rivoluzione completa. Ed epocale.

Insomma, dopo anni di riforme guidate dall’esigenza primaria di far crescere i singoli movimenti nazionali, l’Asian Football Association ha cambiato decisamente strategia: ora l’obiettivo è ridurre il gap tra i club della Confederazione rispetto a quelli con Uefa e Conmebol – l’organo di governo continentale del calcio in Sud America. Quindi non ci sarà granché da sorprenderci se, già a partire già da questa sessione di calciomercato, vedremo società asiatiche siglare colpi di alto livello. L’arrivo di Cristiano Ronaldo all’Al-Nassr – squadra saudita guidata in panchina dal francese Rudi Garcia – potrebbe essere solo il gustoso antipasto di un banchetto potenzialmente regale, pronto a stravolgere gli equilibri sportivi internazionali. In fondo, ogni nuova era della storia del calcio ha avuto inizio con una ridefinizione del concetto di ricchezza, e in questo senso il contratto firmato dal portoghese – che guadagnerà circa 200 milioni di euro a stagione per due anni e mezzo – ci va molto vicino.

L’Al-Hilal, squadra saudita, ha vinto l’ultima edizione della Champions League asiatica e detiene il primato di affermazioni nel massimo torneo continentale per club: quattro vittorie dal 1992
a oggi (Karim Jaafar/AFP via Getty Images)

Necessario citare a questo proposito anche la scelta del Jeonbuk Hyundai Motors, una delle squadre più titolate della Corea del Sud, reduce dal secondo posto nell’ultima K-League dopo aver collezionato cinque trionfi consecutivi tra il 2017 e il 2021: quella di affidare a Roberto Di Matteo il ruolo di consulente tecnico della squadra. L’ex allenatore italiano, campione d’Europa con il Chelsea nel 2012 e in seguito sulle panchine di Schalke 04 e Aston Villa, è stato scelto dalla dirigenza per affiancarsi al direttore tecnico Park Ji-sung; la trattativa, secondo i più autorevoli media sudcoreani, è più che avviata. Il suo arrivo sarebbe un segnale chiaro: la volontà del club coreano è di darsi una maggiore credibilità internazionale, così da risultare più attraente per chi vorrà lasciare l’Europa, che vista dal continente asiatico pare il Lontano Occidente.

Il dubbio riguarda la capacità, da parte di realtà emergenti come quella saudita, coreana, qatariota ed emiratina, di trarre i giusti insegnamenti dal passato, dagli errori fatti dai propri predecessori, di fare meglio rispetto a quanto realizzato finora. Il riferimento alla vertiginosa parabola discendente del calcio cinese è decisamente voluto e non casuale: il 2022 in Chinese Super League – la massima divisione nazionale – si è chiuso infatti con la retrocessione del Guangzhou FC (una volta Guangzhou Evergrande) in China League One, la seconda divisione della piramide calcistica. Il tracollo di quello che una volta era il “gigante asiatico”, di un club capace di vincere nove campionati, due coppe nazionali, quattro Supercoppe e due Champions League in appena dieci anni, può essere visto come il perfetto specchio del pessimo stato del movimento calcistico cinese: un tempo “oasi felice” per calciatori e allenatori di indiscutibile livello (Paulinho, Gilardino, Talisca, Marcello Lippi, Luiz Felipe Scolari), il Guangzhou FC è solo una delle tante vittime dell’enorme bolla speculativa che ha colpito il “Paese del Dragone”.

Anche per evitare nuove esperienze di questo tipo, l’AFC ha deciso di sterzare in maniera decisa. Esattamente come ha fatto la CAF (Confédération Africaine de Football), che nel corso del suo 44esimo congresso generale ha annunciato l’istituzione di una propria Super Lega. La competizione avrà l’arduo compito di mutare repentinamente la prospettiva globale del calcio africano, ponendo un freno all’emorragia di talenti giovani e giovanissimi che sempre più spesso lasciano il continente per misurarsi con club e campionati più competitivi. La nuova manifestazione d’élite ha un montepremi finale di 100 milioni di dollari, che quindi garantirà una notevole iniezione di liquidità nelle casse dei club partecipanti. Proprio come quella asiatica, anche la Super Lega africana è stata voluta fortemente dalla Fifa: una situazione davvero particolare se si pensa a quanto successo in Europa un anno e mezzo fa, al golpe abortito dell’European Super League che resta un vulnus non ancora sanato del tutto. Le prospettive di Asia e Africa erano – e sono – diverse, ovviamente, ma ora quel che c’è da capire riguarda il possibile impatto di questi nuovi tornei sul resto del calcio mondiale.