Che ci fa il Fulham lì in alto?

Dopo anni di ascensore tra massima divisione e Championship, i Cottagers si sono stabilizzati. Merito del tecnico Marco Silva e di un progetto finalmente lineare, coerente, dal punto di vista tattico e manageriale.

Fulham e Norwich City non si incontrano, in gare di campionato, dalla stagione 2017/18. Detta così non sembra una grande notizia e in fondo non lo è, se non fosse che il motivo di questi mancati incroci risiede nel fatto che entrambe, cioè sia il Fulham che il Norwich, siano squadre-ascensore o squadre yo-yo, potete scegliere la dicitura che preferite: dal 2018 a oggi, infatti, il Fulham ha fatto su e giù tra Premier e Championship, esattamente come il Norwich. Solo che le loro promozioni/retrocessioni sono avvenute in anni sfalsati, e allora Fulham e Norwich hanno sempre militato in una lega diversa. Questo breve racconto statistico è un modo per spiegare la condizione della squadra londinese, che negli ultimi anni, nonostante una proprietà economicamente solida in mano Shahid Khan, proprietario anche dei Jacksonville Jaguars (franchigia Nfl), ha sempre fatto fatica a costruire una squadra in grado di non retrocedere pochi mesi dopo la promozione. La prima retrocessione, quella del 2019, arrivò nonostante un mercato che ai più sembrava molto ambizioso per non dire faraonico: 116 milioni di investimento per giocatori importanti come Seri, Schurrle, Anguissa, Sergio Rico, Mitrovic – destinato a diventare un uomo-simbolo di questo andirivieni dalla seconda divisione – e poi anche Ryan Babel nella finestra invernale. Due anni dopo era andata più o meno allo stesso modo: a Craven Cottage erano arrivati Kncockaert, Kongolo, Tete, Ola Aina, Lemina, Lookman, Loftus-Cheek, Andersen, eppure la retrocessione non fu praticamente in discussione fin dalle prime gare di campionato.

Vincere il derby contro il Chelsea, che mette di fronte squadre di due quartieri confinanti e praticamente indistinguibili l’uno dall’altro, ha sempre un significato speciale per il Fulham. Quest’ultimo successo arrivato poche ore fa, però, ha un sapore ancora più dolce per i Cottagers: grazie al 2-1 sui Blues la squadra allenata da Marco Silva, si è issata fino al sesto posto in classifica, a quattro punti di distanza dalla zona Champions League; in questo momento si trova davanti a Liverpool (che però ha due partite in meno) e Chelsea, ma anche a squadre come Brighton, Aston Villa, Brentford, Leeds United, a tutta la vecchia e la nuova borghesia di Premier League. E poi, la cosa più importante da queste parti: il terzultimo posto in graduatoria, quello che costerebbe l’ennesima retrocessione e che in questo momento è occupato dall’Everton, è lontano sedici lunghezze. Insomma, si può iniziare a pensare che questo sembrerebbe essere l’anno buono per la salvezza del Fulham.

Non è un caso. Lo dicono le ultime quattro vittorie consecutive, record assoluto per i Cottagers nella massima divisione calcistica inglese. Ma in realtà lo sostengono un po’ tutti, visto che la squadra di Marco Silva ha «schemi offensivi precisi e brillanti, affinati negli ultimi diciotto mesi». Queste parole, scritte in un articolo pubblicato da The Athletic, evidenziano come la stabilità del progetto tecnico sia stato e sia un fattore determinante per la crescita del Fulham, per la sua stabilizzazione a un certo livello di prestazioni. Non è che quest’estate il mercato sia stato meno pirotecnico rispetto al recente passato, in fondo sono arrivati João Palhinha, Issa Diop, Andreas Pereira, Kevin Mbabu, Carlos Vinícius, Daniel James, Kurzawa, Bernd Leno e infine il colpo a effetto Willian, ma è evidente che tutti questi acquisti, stavolta, sono stati fatti in modo che potessero integrarsi con le idee di Marco Silva, con un piano tecnico chiaro, consolidato ma soprattutto funzionale ed efficiente. Anche in Premier League. Non che tutte le operazioni siano andate a buon fine, per esempio Kurzawa è praticamente inutilizzato, ma anche questo è un segnale: se l’ex terzino fosse stato in grado di dare qualcosa in più rispetto al titolare Robinson, avrebbe giocato sicuramente di più. E invece Robinson è praticamente inamovibile.

Prima di trasferirsi in Inghilterra, Marco Silva ha guidato Estoril Praia, Sporting Lisbona e Olympiakos; da giocatore, ha speso la sua carriera tra prima e seconda divisione portoghese (Julian Finney/Getty Images)

È come se l’intero club londinese avesse finalmente fatto tesoro degli errori del passato. Questo discorso vale per il management, lo staff tecnico, ma anche per i giocatori: il caso di Mitrovic, finalmente a suo agio in Premier dopo anni di mancate consacrazioni ai massimi livelli, è quello più clamoroso ed evidente. Ma non è l’unico: anche altri giocatori già presenti da tempo in organico, i vari Ream, Cairney, Reed e il già citato Robinson sono migliorati moltissimo negli ultimi mesi. Proprio in virtù di tutto questo è sempre più chiaro che i meriti di questa stagione così positiva, di questo cambio di tendenza, siano da attribuire al manager Marco Silva. Anche lui, a modo suo, era atteso al varco dopo anni di alti e bassi: la retrocessione con l’Hull City da subentrato, gli esoneri con Watford ed Everton, il ritorno in Premier League con il Fulham da non cestinare come al solito. Ecco, è come se lui e i Cottagers condividessero tutto, gli obiettivi ma anche lo spirito di rivalsa, e ne è venuto fuori un cocktail davvero interessante: il Fulham di oggi è una squadra che gioca un calcio sempre ambizioso ma anche intelligente, che mette i grandi talenti in condizione di esprimersi al meglio – abbiamo già detto di Mitrovic, ma anche Willian sta vivendo un’annata eccezionale – e che non rinuncia alla sua identità tecnica, tattica, progettuale, a prescindere dagli avversari di turno e da ciò che succede nell’ambiente.

Proprio questo, se vogliamo, è ciò che fa la differenza rispetto al passato. Per dirla brutalmente: oggi il Fulham è una squadra nel vero senso della parola, nell’accezione più moderna del termine; è stato costruito in maniera lineare, coerente, dopo il ritorno in Premier è stato integrato con tanti acquisti che però non ne hanno stravolto l’essenza. Ciò che è successo con Willian, in questo senso, è emblematico: il fantasista brasiliano, tornato in patria ma vittima di una pessima esperienza al Corinthians, ha iniziato ad allenarsi con i Cottagers a campionato già iniziato. E ha ricevuto una proposta di ingaggio solo dopo due settimane. La dirigenza e Marco Silva non l’hanno preso subito, al volo, basandosi solamente sul nome: hanno verificato che fosse un giocatore ancora efficiente, e soprattutto in grado di dare qualcosa in più al progetto in corso. Alla fine, insomma, la buonissima Premier League del Fulham è un racconto dai temi semplici ma significativi: competenza, fiducia e un certo numero di idee fanno la differenza. Soprattutto a certi livelli. Magari ora anche il Norwich City ha un modello da seguire, da applicare, per finire di fare su e giù. Per stabilizzarsi come sta facendo il Fulham, finalmente.