Alla Dakar l’evoluzione non si ferma mai

Il rally raid più duro e affascinante del mondo è anche un laboratorio tecnologico, fin dalla prima edizione: l'ultima grande rivoluzione è stata quella di Audi, con la prima vettura elettrica.

A guardarla da lontano, la Dakar potrebbe sembrare una competizione tradizionalista, caratterizzata da quella durezza e quella pericolosità tipiche delle corse di un tempo. E invece si tratta di una corsa tutt’altro che conservatrice: come tutti gli eventi motoristici, infatti, anche questa competizione nel deserto fa da sempre molto affidamento sulla tecnologia. E la tecnologia, si sa, è in continua evoluzione. Nel 1979, in occasione della prima edizione della “Parigi-Dakar”, la classifica fu mista, senza distinzione fra le categorie di veicoli, e a vincere fu il francese Cyril Neveu. La prima auto si classificò solo quinta, e si trattava di una Range Rover V8 privata guidata dal francese Alain Génestier. La stessa auto fu poi portata alla vittoria da René Metge nel 1981, dopo che le classifiche erano già state diversificate.

La Range Rover V8 era un SUV alimentato da un motore a otto cilindri a trazione integrale, ovvero era dotato di uno schema di trasmissione che gli consentiva di scaricare a terra la forza motrice su tutte le ruote, non solo su quelle di un singolo asse. Questo sistema di trazione permetteva ai veicoli – oggi comunemente chiamati 4×4 – di superare più agevolmente i fondi sconnessi, in particolare quelli sabbiosi e rocciosi dei rally raid. L’introduzione delle quattro ruote motrici fu fondamentale per l’evoluzione della Dakar: oltre che regolari e affidabili, da un certo punto in poi le auto iscritte alla gara sono diventate anche veloci.

Nei primi anni della Dakar, una delle vetture più iconiche a trazione integrale fu la Porsche 953, che vinse la corsa nel 1984 con l’equipaggio composto dai francesi René Metge e Dominique Lemoyne. Si trattò inoltre della prima vettura sportiva a vincere la corsa. L’auto si trovò alla Dakar quasi per caso, dopo lunghe insistenze del pilota belga Jackie Ickx nei confronti della casa automobilistica tedesca. Porsche infatti aveva appena iniziato a sviluppare il progetto della sua 959 a partire dal modello 911, con la scocca originale della vettura di serie ma rinforzata in più punti e dotata di roll-bar in acciaio saldate al telaio. La scuderia riteneva la 953 una vettura ancora inaffidabile e non voleva correre il rischio di fare una brutta figura alla Dakar, nel caso nessuna delle vetture iscritte fosse arrivata al traguardo finale in Senegal. Eppure la Porsche 953 – nota anche come 911 Carrera 3.2 4×4 – riuscì a vincere con Metge e Lemoyne, mentre Ickx e il suo co-pilota Claude Brasseur arrivarono sesti dopo un’incredibile rimonta – a un certo punto si erano ritrovati addirittura al 139° posto della classifica generale. Complice anche la venticinquesima posizione del terzo equipaggio in corsa, alla sua prima partecipazione alla Dakar la Porsche vinse anche la classifica riservata alle squadre.

La maggior parte delle vetture vincitrici della Dakar, da allora, è stata dotata di trazione integrale. Negli ultimi 15 anni, l’unica vettura a due ruote motrici a vincere la corsa è stata la Peugeot 3008 DKR, un vero e proprio mastodonte guidato al successo nel 2017 dai francesi Stéphane Peterhansel e Jean-Paul Cottret, che precedettero altri due equipaggi della stessa scuderia, monopolizzando il podio della competizione. Sempre a proposito di Peugeot, tra le auto più celebri della storia della Dakar non si può non citare la 205 Turbo 16 Grand Raid, caratterizzata da un enorme alettone posteriore che creava una deportanza fino a 230 chilogrammi e manteneva l’auto equilibrata quando si trovava in aria dopo i salti, impedendole di affondare con il muso nella sabbia. L’esordio di questa vettura avvenne al Rally dei Faraoni del 1987 con la vittoria del finlandese Ari Vatanen, che poi si ripeté alla Parigi-Dakar dello stesso anno. L’anno successivo la 205 avrebbe dovuto essere sostituita dalla Peugeot 405 Turbo 16 Grand Raid, ma la squadra decise di schierare comunque due 205 come riserve. Una scelta che si rivelò vincente, visto che Vatanen, alla guida di una 405, fu costretto al ritiro e la vittoria andò al suo connazionale Juha Kankkunen, che pilotava proprio una delle due 205.

Un’altra novità tecnologica importante fu quella dell’introduzione del GPS, avvenuta alla fine degli anni Ottanta. In precedenza era infatti molto facile perdersi nel deserto e magari essere ritrovati solo dopo alcuni giorni, come capitò nel 1982 persino al figlio dell’allora Primo Ministro britannico Margaret Thatcher, Mark (la cui vicenda è stata raccontata anche nel corso della quarta stagione della serie tv The Crown). Ogni scuderia aveva così alcune persone dedicate a studiare ogni sera le mappe cartacee per la tappa del giorno dopo. Da qualche anno, invece, agli equipaggi viene consegnato un roadbook digitale, che attualmente ha la forma di un tablet, 15 minuti prima della partenza, in modo da negare un vantaggio strategico per i team meglio finanziati, che in passato potevano permettersi di pagare lettori di mappe o gente del luogo in modo da trovare le rotte migliori. «Significa che non c’è preparazione, non sai nemmeno dove stai andando durante il giorno e non puoi avere un percorso medio nella tua testa. Quindi non sai se avrai delle montagne o delle dune, lo scopri solo lungo la strada» ha spiegato il francese Mathieu Baumel, che da navigatore la Dakar l’ha vinta tre volte – l’ultima nel 2022 – insieme al pilota qatariota Nasser Al-Attiyah.

Nel 2022 è arrivata un’ulteriore svolta, con l’ammissione in gara della prima auto elettrica. Si tratta della Audi RS Q e-tron, guidata da tre equipaggi di grande esperienza e con un grande palmarés: Stéphane Peterhansel insieme al co-pilota Edouard Boulanger, Carlos Sainz con Lucas Cruz e Mattias Ekström con Emil Bergkvist. La prima versione dell’elettrica di Audi era dotata di due motori derivati direttamente da quelli impiegati dalla scuderia sulle proprie monoposto di Formula E e alimentati da una batteria ad alto voltaggio. Per la scuderia sono arrivate subito quattro vittorie di tappa, ad anticipare un futuro che sembra davvero radioso. Ne abbiamo avuto un assaggio a marzo 2022, con la vittoria di Peterhansel e Boulanger all’Abu Dhabi Desert Challenge, il primo raid nel deserto conquistato da una vettura elettrica.

Un’altra inquadratura della Audi RS Q e-tron (Audi Communications Motorsport/Michael Kunkel)

Per Peterhansel, quella di guidare in gara una vettura elettrica è stata un’esperienza a tratti incredibile che ha comportato anche alcuni benefici nello stile di guida, come affermato dopo i primi test: «Questo propulsore offre un enorme piacere di guida che difficilmente avrei pensato possibile. Nella RS Q e-tron abbiamo a disposizione un’enorme quantità di potenza in qualsiasi momento. Nessuna vettura che utilizza un classico propulsore con motore a combustione interna può offrire tali prestazioni. Non essendoci trasmissione e non dovendo cambiare marcia, posso concentrarmi soltanto sulle sterzate».

Questa nuova avventura da parte di Audi non è arrivata per caso: il progetto della casa automobilistica tedesca si è inserito infatti in un piano degli organizzatori della Dakar, che puntano entro il 2030 ad avere alla partenza della corsa solo veicoli a bassa emissione. Ancora una volta così la Dakar ha dimostrato di sapersi rinnovare pur mantenendo un piede ben ancorato nella tradizione. E tenendosi pronta a cambiare nuovamente in futuro, per assecondare le esigenze del mondo circostante e seguire ciò che le nuove tecnologie hanno di interessante da offrire.