Martin Odegaard è diventato il giocatore che ci aspettavamo, e forse anche qualcosa di più

Capitano, leader tecnico e ora anche uomo-gol: il talento norvegese sta esplodendo in maniera fragorosa.

Nel gol realizzato da Odegaard contro il Tottenham, quello che ha portato l’Arsenal sullo 0-2 che poi sarebbe rimasto inalterato fino al fischio finale, c’è l’essenza del progetto di Mikel Arteta: la palla viene domata dai calciatori in maglia bianca e rossa con una tranquillità che è evidentemente frutto di alta qualità e consapevolezza, viene mossa su tracce dirette e verticali che cercano e creano spazi nello stesso momento. E poi, alla fine, arriva l’acuto del talento, una stoccata, un tiro da fuori che si infila – fortissimo, ma anche preciso – a pochi centimetri dal palo. Il fatto che il tiro in questione sia stato eseguito da Martin Odegaard non è secondario, tutt’altro: è la chiusura del cerchio, è la conferma che il lavoro iniziato e portato avanti da Arteta – la sua nomina come manager dell’Arsenal risale al 20 dicembre 2019, ormai è passato un bel po’ di tempo – ha costruito non solo una grande squadra, ma anche un centrocampista creativo in grado di governare il gioco offensivo, di essere decisivo sotto porta, di confermare le enormi promesse fatte quando fu uno dei primissimi teenager a essere acquistati da un top club – in pratica è stato l’anticipatore di tutto quello che è il calciomercato contemporaneo.

C’è sempre stata una grossa attesa intorno a Odegaard, ed era inevitabile visto i suoi trascorsi di calciomercato. Quando era stato scelto dall’Arsenal come uomo-simbolo del progetto Arteta, questo hype si è inevitabilmente moltiplicato: in effetti diventare parte di un progetto – tecnico, tattico, manageriale – come quello dei Gunners era la scelta migliore per lui, visto che alla Real Sociedad aveva mostrato di avere incanalato il suo evidente talento nel modo giusto, ma non al punto da poter fare concorrenza a Modric, Kroos, Casemiro, agli inarrivabili talenti offensivi del Real Madrid. L’Arsenal era uno step intermedio, il contesto migliore in cui crescere e migliorare, e un inizio promettente della sua avventura a Londra confermò subito la bontà della scelta.

Oggi, due anni dopo, le cose sono molto cambiate. In meglio. Intanto, Odegaard è diventato il capitano dell’Arsenal, quasi come a voler certificare nei fatti, nella realtà, la perfetta aderenza tra il centrocampista norvegese e il progetto dei Gunners. Poi i numeri: il gol contro il Tottenham è l’ottavo della sua stagione, a cui vanno aggiunti cinque assist decisivi. Si tratta di uno score già superiore rispetto all’intera annata 2021/22, che Odegaard aveva chiuso con sette gol realizzati e cinque assist. Infine, ma in realtà è la cosa più importante, ci sono un contributo e un peso enormi nell’economia del gioco di Arteta: Odegaard si muove a tutto campo per governare – letteralmente – la fase offensiva dell’Arsenal, non è velocissimo eppure è l’acceleratore di tutte le manovre dei Gunners, grazie all’innata predisposizione a condurre il pallone a testa alta, sempre guardando la porta avversaria. È un perfetto uomo-spola tra il 4-3-3 puro e il 4-2-3-1, visto che spesso occupa la posizione di trequartista/sottopunta alle spalle di Nketiah. Questa sua nuova tendenza al gol nasce proprio da questa posizione ibrida, da queste attribuzioni sfumate che gli permettono di essere regista offensivo ma anche finalizzatore della manovra.

Una prestazione da leader, contro il Tottenham

In questo articolo di The Athletic, la prestazione di Odegaard contro il Tottenham è stata elogiata per «la capacità, da parte del giocatore norvegese, di fare sempre le scelte giuste sotto pressione». In fondo non è altro che la realizzazione delle aspirazioni che avevamo per la carriera di Odegaard, che fin dall’inizio ci era stato presentato come un giocatore raffinato ma anche cerebrale, come un condensatore capace di ricevere il pallone, far sgorgare qualità e poi instillarla nel gioco della sua squadra. Odegaard è diventato proprio quello che ci aspettavamo, ma nel corso della sua crescita ha anche aggiunto qualcosa di nuovo, di diverso: un certo istinto per il gol, l’abbiamo già raccontato, ma anche una leadership sempre più percettibile, sempre più decisiva a un livello sempre più alto.

Insomma, è come se Odegaard e l’Arsenal fossero cresciuti insieme, di pari passo, in parallelo. È come se si fossero aiutati a vicenda nella strada per riprendersi quello che gli spetta, quantomeno in teoria: una dimensione di vertice per i Gunners, una delle squadre più blasonate d’Inghilterra e quindi del mondo che finalmente è di nuovo credibile, competitiva, e che, con i suoi otto punti di vantaggio sul City secondo in classifica, sembra aver messo una seria ipoteca sulla vittoria della Premier League; una carriera luccicante per Odegaard, a cui sembrava destinato e che ora gli appartiene.