I sogni di mare di Ambrogio Beccaria

Intervista al primo navigatore italiano capace di vincere la Mini Transat, dalla Francia alla Martinica, reduce dalla Route du Rhum, da Saint Malo alla Guadalupa alla guida di "Alla Grande – Pirelli”.

Alle 16:38 del 23 novembre 2022, ora locale, la barca “Alla Grande – Pirelli” taglia il traguardo nelle acque dell’isola di Guadalupa. Delle centotrentotto partite da Saint Malo, in Francia, è la seconda a terminare la Route du Rhum, leggendaria regata che attraversa l’oceano Atlantico. Dalla partenza all’arrivo passano quattordici giorni, tra barche che disalberano, balene, pioggia, ritiri, quattro tempeste, virate strategiche, momenti di eccitazioni, momenti di sconforto, momenti indimenticabili. Ambrogio Beccaria è il primo italiano a compiere un’impresa così su una Class40, in solitario. È il suo esordio alla Route du Rhum e il podio dietro a Yoann Richomme è un risultato storico. Alle spalle ha altre imprese notevoli. Nel 2019 è il primo velista italiano a vincere la Mini Transat, regata che va dalla Francia a Martinica. Ma l’abilità con cui ha raggiunto questo obiettivo – con i sensori del vento rotti –, la brillantezza con cui è uscito da trappole disegnate da raffiche e onde, rimanda inevitabilmente a un futuro carico di promesse. Oltre ai risultati sportivi, Beccaria incarna un nuovo tipo di velista, un modo inedito di intendere la navigazione solitaria. Per avvicinarsi al suo stile, alla sua inclinazione nell’affrontare l’elemento avventuroso delle traversate, bisogna dimenticare il mito del viaggiatore eroico, dell’uomo tenebroso che volta le spalle alla società come segno di rifiuto. Per entrare nel suo mondo bisogna invece tenere a mente parole evocative come alisei, cicloni, bolina, lasco, e mettere in conto di sentir parlare di pesci volanti, virate miracolose, scogli e notti insonni.

Ⓤ: Dopo l’arrivo, hai parlato dell’importanza del sostegno del pubblico per uscire da una situazione di estrema difficoltà. Spazzi via così di colpo tutta la retorica sull’uomo solo in mezzo all’oceano, sulla forza interiore, sulla solitudine come fine di questa attività. E anche sull’asocialità come valore. Che equilibrio hai tra solitudine e coinvolgimento dei sostenitori?

Non ho mai fatto questo sport per cercare la solitudine. Né con l’intento di scappare da qualcosa. Il gioco di staccare dal mondo per un po’ di giorni lo considero un privilegio. Era la prima volta in cui avevo un telefono cellulare in una regata in solitario e dato che ci sono di continuo momenti di sconforto ho avuto voglia di condividerne uno con un video. Riprenderti da solo è molto lungo, tutti quei messaggi su WhatsApp di incoraggiamento invece mi hanno dato subito una bella carica. Non mi sono sentito così solo.

Ⓤ: La tua prima barca è un relitto che acquisti a poco prezzo e rimetti a nuovo. Ora con “Alla Grande – Pirelli” sei uno dei progettisti. Tutti i navigatori hanno questo rapporto diretto, di prima mano, con le barche, o è una necessità tua?

Sono particolarmente implicato nella progettazione, ma è fondamentale che il navigatore abbia questo rapporto con la barca. In mare hai un problema al giorno, anzi molti di più. Quando conosci la barca a memoria è più semplice, altrimenti tutto appare complicato e ti fidi di meno del mezzo.

Ⓤ: Che ruolo hai nella progettazione?

Gli altri mettono la parte di analisi scientifica, io faccio le domande. È fondamentale porsele. Il punto non è progettare la barca più veloce (sarebbe semplice), ma avere una barca che rispecchi il modo di navigare di chi la userà.

Ⓤ: Conoscere la meteorologia è fondamentale. Ma quanto e come bisogna prepararsi per una conoscenza di base?

Trascorro moltissimo tempo a studiare meteorologia. Bisogna conoscere bene soprattutto la strategia applicata alla meteorologia. Tutta la conoscenza deve avere come scopo trovare la rotta più veloce. Faccio tre o quattro formazioni l’anno con metereologi legati al mondo della vela. Prima della regata studiamo i precedenti vent’anni per sapere quali sono stati i passaggi chiave della regata. Anche le barche sono disegnate pensando a quali regate affronteranno, bisogna quindi aver studiato bene tutto il percorso, sulla base delle statistiche. Andrai di bolina? Lo studio del meteo ti dice quale sarà la barca migliore per quel percorso.

Velista milanese, è l’italiano di molte “prime volte” nel suo sport. Nel 2019 è stato il primo connazionale a vincere la Mini-Transat, una competizione prestigiosa che attraversa l’Oceano Atlantico. Quest’anno è stato protagonista nella Route du Rhum, il primo italiano a gareggiare su una Class40, in solitario (Martina Orsini)

Ⓤ: E poi a bordo come funziona durante una giornata di navigazione? Ricevi bollettini, fai calcoli?

Durante la regata, nella Class40, è vietato l’aiuto strategico da terra, non possiamo avere un meteorologo ad aiutarci. Avevo un giga di dati da sfruttare per tutta la traversata, devi decidere quanti bollettini caricare. Diamo questi file (file GRIB) in pasto a dei software che calcolano la rotta in funzione delle previsioni meteo e delle caratteristiche della barca: il software indica così il percorso migliore. Alla fine non è mai esatto, ma è comunque di aiuto per l’interpretazione. Per esempio, capisci quando passerai i fronti. Passiamo la maggior parte del tempo al pc ad analizzare la rotta e alla fine decidi tu come comportarti, non bisogna fidarsi del software.

Ⓤ: Nervi saldi, mente lucida, abilità tecnica. Quanto conta in percentuale saper prevedere che tempo si incontrerà?

Conta enormemente. È la parte più importante. Più del 50% del risultato passa da lì. Il punto è capire qual è il momento più importante della regata.

Ⓤ: Come sono state le tempeste di questa Route du Rhum?

La durata e la difficoltà dipendono molto dalla grandezza del ciclone. Dipende anche da quanto si sposta velocemente e da quanto tu sei vicino al centro della bassa pressione. E dipende da quanto è profondo il centro, da quanto è bassa la pressione al centro. La prima e l’ultima sono state solo depressioni, le due in mezzo invece vere e proprie tempeste.

Ⓤ: Quanto sono durate?

La parte dura della seconda tempesta è durata venti ore. Vuol dire che non si riesce neanche a stare in piedi. Con la seconda ci siamo spaventati, abbiamo tutti capito che si poteva spaccare la barca. Due barche di fianco a me hanno disalberato. Ti viene paura.

Ⓤ: Come si entra e si esce dai cicloni?

Nelle depressioni si disegna sempre una rotta a forma di ali di gabbiano. Per arrivare ai Caraibi le depressioni arrivano da ovest e vanno verso est. Per attraversarle fai la rotta ad ali di gabbiano, perché il vento lì dentro gira in senso antiorario. La virata per andare a cercare la tempesta numero tre – ventiquattr’ore ore dopo aver preso la numero due – ha definito la classifica finale. In pochi avevamo capito che sarebbe stata così importante. Mi sono salvato per un pelo: sono quinto o sesto, viro un po’ prima del gruppetto in cui ero, riesco ad attaccare, e mi tengo nel gruppetto di testa. La terza è stata lunga e impegnativa. In questo caso, per esempio, il computer diceva che avremmo dovuto virare sei ore prima. È il caso in cui il computer dice una cosa e tu ne fai un’altra.

Ⓤ: Quando parliamo di rischi di cosa parliamo esattamente?

Quando disalberi te la cavi, non devi essere salvato, da qualche parte arrivi. Se si spacca la barca è un altro problema. Però se pensi alle cose che possono succedere neanche parti. Le barche si possono ribaltare, per esempio se prendi un frangente moto grosso. Oppure puoi colpire una balena, o un container. Di balene ce ne sono parecchie, un ragazzo ne ha presa una e ha spaccato tutto. È arrivato alle Azzorre e si è fermato. La cosa più pericolosa è cadere fuori dalla barca. Per le manovre a prua ci mettiamo un imbrago e siamo legati alla barca. Ma se cadi in acqua e sei legato non è bello.

“Alla Grande – Pirelli” è la barca su cui ha gareggiato Beccaria nella Route du Rhum: il velista italiano, all’esordio assoluto, si è classificato secondo nella sua classe, dietro a Yoann Richomme. Si tratta di una barca progettata e realizzata completamente in Italia: al progetto ha partecipato lo stesso Beccaria, il progettista è stato Gianluca Guelfi e il costruttore Edoardo Bianchi (Martina Orsini)

Ⓤ: Come funziona il sonno durante i giorni di regata?

Quando dormirai, come dormirai e per quanto tempo dormirai è tutto in funzione dell’andare il più forte possibile. Dice tutto la strategia. Ci sono momenti in cui c’è tanta corrente e vento contro e allora sai che non dormirai mai, né dormirai se bisogna fare tantissime virate vicine agli scogli o se sai che a mezzogiorno dovrai virare per uscire da una tempesta. Gli alisei, nella seconda settimana, sono venti portanti, vanno da est verso ovest, sono tra l’equatore e l’anticiclone delle Azzorre, sono più o meno fissi tutto l’anno. Li chiamano l’autostrada degli alisei ma secondo me è la peggior definizione possibile. È un’autostrada piena di buche: sono venti super nervosi, si caricano di umidità. Ci sono nuvole ovunque molto sviluppate verticalmente, sono zone più attive di notte. Nella parte finale di alisei, negli ultimi quattro giorni, di notte devi essere sveglio e di giorno fa un caldo bestiale.

Ⓤ: Balene, pesci volanti. Che rapporto hai con le specie che abitano l’oceano? Le conosci, le studi, le osservi, ti fanno compagnia?

Mi affascinano soprattutto le balene. Vederle in mare è emozionante, ti senti parte di quell’ecosistema. Mi aspettavo l’oceano come un deserto liquido. Invece per fortuna è affollato di vita, delfini, tartarughe, tantissimi pesci volanti. La mattina presto devi fare un giro della barca per levare i pesci volanti. Sono molto stupidi e di notte quando sentono la barca arrivare hanno paura e si incastrano tra le vele e le cime. Bisogna fare pulizia perché se vanno a male è un problema.

Ⓤ: La vela è ancora percepita come un mondo elitario. Come lo era il tennis. Adriano Panatta si vanta spesso di averlo reso popolare in Italia. Alcuni pugili raccontano di aver riempito stadi anche dove la boxe non era seguita. La tua generazione di navigatori può rendere la vela in qualche modo popolare?

Mi piacerebbe molto. Il tennis o anche il golf, considerato elitario, non hanno dei costi molto alti per praticarli. La vela resta uno sport tecnico, tecnologico, legato a un mezzo. Bisognerebbe paragonarla al motociclismo. Per esempio in Romagna è pieno di appassionati di moto ed è accettato spendere tutto nei motori. Questo può fare la vela, slegarsi dall’essere considerata l’hobby dei ricchi del weekend. E diventare un mondo di appassionati che fanno anche sacrifici enormi per praticarlo. Se oggi parliamo di vela è grazie a dei navigatori che sono stati i pionieri e hanno cominciato a renderla popolare.

Ⓤ: Dopo il risultato della Route du Rhum quali sono i progetti per i prossimi mesi?

Fare una Route du Rhum è già realizzare un sogno. Certo, quando arrivi secondo ti viene voglia di vincerla. Non credo che la rifarò in questa categoria, magari nella Class60, chissà.

Ⓤ:Altre regate da sogno?

Il fine ultimo è il giro del mondo, la Vendée Globe. Si disputa ogni quattro anni, già riuscire a terminarlo sarebbe tanto. Dura novanta giorni, si passa dall’Oceano Indiano – dove le basse pressioni girano al contrario – all’Antartide, iceberg compresi. In certi momenti mi dico che non voglio farlo. In altri, come dopo questa Route du Rhum, sogno di farla.

Da Undici n° 48