Come Erik ten Hag sta aggiustando il Manchester United

Una ricostruzione che parte dal campo, ma che riguarda anche la gestione del club.

Nella finale di Carabao Cup di domenica scorsa, a Wembley, il Manchester United ha vinto una partita che ha mostrato tutte i suoi pregi di questa stagione. Il risultato l’ha sbloccato Casemiro, il giocatore più importante della squadra, mentre Rashford è stato protagonista del secondo gol, Weghorst ha fatto poche cose decisive e tantissime importanti, Lisandro Martínez ha tolto – letteralmente – un gol dei Magpies dalla porta e un altro paio li ha salvati De Gea. E nessuno, ma proprio nessuno di quelli in maglia rossa ha fatto giocate egoiste o ha preso decisioni che c’entravano poco con il resto della partita. La vittoria di Wembley, in virtù di tutto questo è anche un piccolo saggio delle qualità di Erik ten Hag. L’allenatore olandese ha finalmente restituito un’anima a una squadra che sembrava averla persa per sempre. Ma forse la cosa più importante è che ha portato un trofeo nella bacheca del club dopo quasi sei anni: un’astinenza insopportabile per una nobile del calcio inglese.

Lo United in questo momento è la squadra più in forma d’Europa insieme all’Arsenal e al Napoli. È imbattuto da dieci partite, non perde in casa da inizio settembre, ha appena eliminato il Barcellona dall’Europa League, ha vinto un trofeo, sta accorciando le distanze rispetto alla vetta della Premier e stasera si gioca un posto ai quarti di finale in Fa Cup contro il West Ham – poi ci sarebbe anche l’inedita attenzione del Qatar per acquistare il club, ma qui si parlava di buone notizie, quelle solo positive. Niente di tutto questo sembrava possibile lo scorso autunno: pur mostrando alcuni miglioramenti, la squadra sembrava ancora quella macchina sgangherata e ingolfata che è stata negli ultimi anni – ormai è impossibile dire quanti, visto che l’origine dei problemi inizia nel dopo-Ferguson, e che bisogna interpretare la qualità e il peso del triennio con Mourinho.

Adesso l’unica lettura possibile e sensata sulla stagione del Manchester United è quella che racconta di un allenatore proveniente dall’Ajax, con principi di gioco moderni e vivissimi, che ha cambiato la traiettoria di un club che vorrebbe avere ambizioni mondiali ma per troppo tempo è stato all’ombra delle nuove superpotenze della Premier League. Sul Guardian, Jonathan Liew ha descritto il legame di ten Hag con la scuola olandese e l’influenza formativa di Johan Cruijff: c’è l’uso di terzini al posto dei centrali di difesa. come ten Hag ha fatto con Blind, Tagliafico, Lisandro Martínez e ultimamente con Luke Shaw, c’è la fluidità posizionale degli undici in campo e ci sono tanti altri accorgimenti tattici che in realtà sono già stati ripresi anche da Guardiola e Arteta – solo per rimanere in Premier League.

Il cambio di rotta dei Red Devils, però, non parte dal campo. O, quantomeno, non solo. È fin troppo facile descrivere la trasformazione della squadra muovendo i pezzi dal trasferimento di Cristiano Ronaldo, con una rottura che si è consumata prima degli ultimi Mondiali in quell’intervista con Piers Morgan: Ten Hag ha vinto, con il portoghese, un braccio di ferro che sembrava una partita già persa, e per di più ne è venuto fuori con una squadra rafforzata, più compatta nello spogliatoio e più coerente in campo, con una fase di pressing più omogenea, una ripartizione dei ruoli e delle gerarchie meno netta, un controllo del pallone più sofisticato di quello che era possibile seguendo la stella sbiadita di CR7. In realtà prima di questo passaggio c’è il mercato estivo, dove sono arrivate le prime modifiche sostanziali volute dall’allenatore olandese. Per questo Manchester United un veterano come Casemiro è the real deal, il colonnello che dà equilibrio al centrocampo, scherma la difesa, aiuta la manovra offensiva e soprattutto fa da capitano – anche senza fascia al braccio – in una squadra che aveva bisogno di giocatori in grado di dare l’esempio in molti modi. E negli anni a Madrid, in queste cose qui, che spesso nel calcio si riassumono con l’espressione mentalità vincente, qualunque cosa significhi, Casemiro è diventato semplicemente un mostro.

Gli altri acquisti hanno fatto il resto. Il video pubblicato da Tifo Football un paio di settimane fa riassume bene la storia: in Eriksen e Lisandro, Ten Hag ha trovato un centrocampista abile nel far progredire l’azione e un difensore capace di fare ottimi passaggi in verticale e tenere alta la linea difensiva al fianco di Varane. E poi l’argentino è stato determinante anche nel fornire un’alternativa all’ormai ex capitano Harry Maguire, uscito dall’undici iniziale dopo anni in cui le sue prestazioni sul campo erano diventate soprattutto materiale per meme e cori delle tifoserie avversarie.

Tutte queste singole decisioni di Ten Hag rientrano nel quadro più grande di una gestione maniacale, meticolosa in ogni singolo dettaglio riguardante la prima squadra, ormai sempre più aderente alle idee e al profilo del suo allenatore. Un cambio di mentalità che la rosa non ha saputo – o potuto – recepire da subito, ma che adesso sembra aver perfettamente assimilato. Facciamo un esempio: lo scorso 31 dicembre, per la partita contro il Wolverhampton, Ten Hag aveva lasciato in panchina Rashford. Colpa di un semplice ritardo all’ultimo briefing prepartita. una motivazione che fino all’anno scorso non sarebbe stata sufficiente a lasciare fuori l’uomo più decisivo della squadra. «Se fossi stato un allenatore, avrei fatto lo stesso», ha detto poi Rashford, che quella partita l’ha decisa con un gol nel finale. «Se permetti certe cose e nessuno dice niente al riguardo, dopo un po’ diventa normale». Lo stesso è accaduto con Sancho, tenuto fuori squadra tre mesi netti, da inizio novembre fino a febbraio a causa di una forma fisica insoddisfacente. Ora è tornato a essere una risorsa dello United, nonché un elemento omogeneo nelle chimiche di squadra, forse per la prima volta da quando è arrivato a Old Trafford. «Questi metodi rischiavano non far fare molti amici a Ten Hag, anzi rischiavano di alienare e alienargli le simpatie di alcuni giocatori, ma adesso tutti seguono con piacere la sua linea», ha scritto Laurie Whitwell su The Athletic. Al momento Rashford è uno dei giocatori più determinanti dei grandi campionati europei, Sancho è tornato in una condizione accettabile e non succedeva dai tempi del Borussia Dortmund; anche Garnacho e Antony sono perfettamente calati nel loro ruolo in squadra, in un attacco in cui la visione e la qualità tecnica di Bruno Fernandes fa da motore. Persino l’ultimo arrivato, Wout Weghorst, è perfettamente calato nella realtà di quello che – con poca fantasia – in Inghilterra iniziano a chiamare ten Hag-ball. Contro il Barcellona, l’attaccante olandese ha giocato quasi tutta la partita da mezzala destra, in una posizione atipica e sorprendente in cui però è riuscito a far valere la sua fisicità su avversari più leggeri (Pedri su tutti).

In tanti si sono chiesti perché il Manchester United abbia acquistato Weghorst, in tantissimi si sono chiesti perché schierarlo a centrocampo. In questo video c’è il perché. E poi ci sono i dati: con Weghorst in campo, i Red Devils hanno perso una sola volta in 12 partite, segnando due gol di media.

A ottobre sui media britannici si affastellavano critiche e suggerimenti per l’allenatore dello United, molte testate proponevano liste di cose da fare, elenchi di mosse che l’allenatore avrebbe dovuto compiere per aggiustare lo United altalenante delle prime partite. In questa di Goal c’erano alcune cose che abbiamo visto – disfarsi di Ronaldo, comprare un centravanti, togliere la fascia a Maguire per darla a Bruno – e altre che forse oggi sarebbero un errore (lasciare in panchina De Gea). Oggi invece ci sono impronte digitali di Erik ten Hag dappertutto sulla figura di uno United di nuovo vincente.

Probabilmente avremmo dovuto, tutti, notarle prima. Ma era normale che i nuovi metodi ci mettessero un po’ a fare effetto: «Hai bisogno di una strategia per costruire delle convinzioni, ma hai anche bisogno di risultati per legittimarla. Dopo aver battuto il Barcellona possiamo pensare che siamo in grado di battere chiunque: vincere incoraggia a seguire anche i codici più severi», ha detto lo stesso Ten Hag dopo aver eliminato la squadra di Xavi. La parte più intrigante di questa storia resta alla fine, perché in fondo Ten Hag ha appena vinto un trofeo, ma anche appena iniziato il suo percorso a Manchester, su una panchina prestigiosa e solo un po’ impolverata. E forse quella coppa alzata a Wembley è solo un’anticipazione di quello che verrà.