Il Milan e Giroud sono una cosa sola

Gol decisivi, sponde per i compagni, duelli aerei, personalità: la squadra di Pioli funziona soprattutto se il suo numero 9 è in forma.

Se qualche produttore coraggioso volesse lanciarsi nell’impresa di fare un film o una serie sulle ultime stagioni del Milan, la sceneggiatura da cui partire avrebbe due protagonisti indiscussi: Stefano Pioli (naturalmente il ruolo sarebbe di John Malkovich) e Olivier Giroud (l’interprete giusto potrebbe essere Austin Butler, candidato all’Oscar come miglior attore per il suo Elvis). L’allenatore rossonero è certamente l’uomo-simbolo di una squadra che ha sorpreso e ha vinto con il coraggio, i giovani e le idee, ma al tempo stesso l’attaccante francese ha giocato un ruolo fondamentale in tutti i momenti di svolta vissuti nell’ultimo anno e mezzo, trascinando il Milan in ogni step di crescita. grazie ai suoi gol e alla sua leadership.

E pensare che nell’estate del 2021 l’acquisto di Olivier Giroud non aveva scatenato grande entusiasmo tra i tifosi del Milan: sospesi tra la faticosa nascita di un nuovo corso e la nostalgia per Adriano Galliani, che comprava le punte rossonere basandosi su quanti gol avessero segnato secondo l’Almanacco Panini, Giroud rischiava di essere velocemente etichettato come un attaccante vecchio (avrebbe compiuto 35 anni a settembre) e che non segna, l’ennesimo grande nome destinato a essere divorato dalla maledizione del numero 9 milanista. Del resto l’ultimo campionato chiuso in doppia cifra da Giroud era stata la Premier League 2016-2017, quando ancora giocava nell’Arsenal, e del suo percorso con la Nazionale francese si ricordava soprattutto il Mondiale vinto senza mai segnare, e con la cifra record di zero tiri in porta.

Certo, sarebbe stato sufficiente aprire Transfermarkt – ma anche semplicemente l’Almanacco di Galliani – per rendersi conto che Giroud aveva segnato 11 gol in 14 partite (uno in finale) nell’Europa League vinta dal Chelsea nel 2019, sei in otto partite nella Champions League sollevata al cielo dai Blues, ed era vicino a superare Thierry Henry come miglior marcatore di sempre nella Francia. Oppure, ancor più banalmente, bastava guardare una sua partita, con il Chelsea o con la Francia, per riconoscere la sua centralità nella manovra, la sofisticatezza del suo gioco associativo, la bellezza – molto spesso accencante – dei suoi gol. A posteriori, insomma, quello che ha fatto Giroud al Milan non dovrebbe sorprendere troppo. Allo stesso tempo, però, era difficile prevedere un impatto come quello che ha avuto.

Per usare una parola un po’ abusata ultimamente nel racconto calcistico, il modo (e i momenti) in cui Giroud ha distribuito i suoi gol nell’anno dello scudetto è quasi mistico. Nel girone di ritorno, infatti, ha segnato solamente in cinque delle 19 partite giocate, ma sono state tutte reti incredibilmente cruciali nella corsa al titolo: dopo il gol nella vittoria contro la Roma del 6 gennaio 2022, il 5 febbraio ha ribaltato il derby con la famosa doppietta (quello in cui si è girato) in quattro minuti. Poi di nuovo non ha segnato per un mese, ritrovando il gol nel successo per 1-0 sul campo del Napoli, altro turning point della stagione milanista. Infine il 24 aprile ha avviato la rimonta sulla Lazio completata da Tonali nei minuti di recupero, per chiudere poi con la doppietta al Sassuolo nell’apoteosi del 22 maggio.

E tanti saluti al buon vecchio Cesarini

Nelle vicende raccontate dal teatro greco classico, soprattutto dalle tragedie di Euripide in poi, a un certo punto arrivava una divinità per sistemare una situazione altrimenti irrisolvibile. Per rendere il tutto più scenografico, chi interpretava la divinità veniva calato sulla scena da una sorta di rudimentale gru in legno, in greco mechanè – da qui nasce l’espressione latina deus ex machina, passata per estensione a definire una persona che arriva e risolve una situazione difficile con il suo intervento. Ecco, Olivier Giroud è stato il deus ex machina della scorsa stagione rossonera, il dio dai roventi occhi blu che compare quando tutto sembra perduto e cambia il destino della sua squadra. Nel giorno della sua presentazione, l’ex Chelsea aveva detto: «Sono qui per lasciare il segno, come in ogni club in cui ho giocato, per far sì che ci si possa ricordare di me». Una missione, possiamo dire, compiuta alla grande.

In questa stagione, però, Giroud è andato anche oltre. Più che interpretare la divinità che lascia il lavoro quotidiano agli umani e scende dall’Olimpo solo quando il suo intervento diventa improcrastinabile, l’attaccante francese si è trasformato in un eroe terreno, che lotta in prima linea per le sorti del suo popolo. Certo, sono rimasti i momenti divini (del resto nella mitologia greca gli eroi sono spesso semidei), come la semirovesciata contro lo Spezia all’ultimo minuto, un altro gol decisivo nel derby (quello di andata), e poi le reti alla Dinamo Zagabria e al Salisburgo, fondamentali per far scalare al Milan un altro gradino importante, quello del ritorno tra le migliori 16 squadre d’Europa.

Oltre ai gol pesanti, però, Giroud è diventato il primo riferimento per i compagni di squadra, il giocatore su cui poggiarsi più spesso, tanto per la sua raffinatezza nel ripulire i palloni spalle alla porta, quanto per la sua personalità e la sua voglia di trascinare il Milan. Senza un’alternativa credibile nel ruolo di prima punta, almeno nella prima parte della scorsa stagione c’erano stati Ibrahimovic e Rebic, Giroud ha alzato ulteriormente il livello del suo rendimento, diventando imprescindibile. Il centravanti francese è secondo in Serie A per duelli aerei vinti (74), dietro solo all’inarrivabile Djuric, e di recente ha trasformato certe partite in un compendio sul ruolo di centravanti, alternando sponde, spizzate e altre manifestazioni di sacrificio tecnico per il bene della squadra. Nelle partite contro Tottenham e Atalanta, due delle migliori prestazioni recenti dei rossoneri, Giroud non ha segnato, ma è stato fondamentale per tenere alto il Milan, farlo rifiatare, costringere i difensori avversari a uno sfiancante lavoro di copertura.

A lezione di sponde da Olivier Giroud

Non è un caso se il peggior periodo del Milan di Pioli di questa stagione, quel gennaio terribile in cui i rossoneri sembravano essersi irrimediabilmente disuniti, ha coinciso con un momento di appannamento di Giroud, tornato mentalmente e fisicamente provato dal Mondiale perso in finale contro l’Argentina – anche in Qatar ha messo a segno gol decisivi, come quello all’Inghilterra nei quarti. Per altro la crisi era iniziata nei minuti finali di Milan-Roma, quando i rossoneri, avanti 2-0, si erano fatti raggiungere subendo un gol all’87esimo e uno al 93esimo, rispettivamente due e otto minuti dopo l’uscita dal campo di Giroud: neanche questo può essere un caso. «Giroud è un leader di questa squadra», ha detto Pioli dopo Milan-Torino 1-0, il successo che ha segnato un nuovo inizio per il Milan, firmato, ça va sans dire, ancora una volta da Giroud.

Nella trasferta di Londra sul campo del Tottenham, per provare a riportare il Milan ai quarti di finale di Champions per la prima volta dopo dodici anni, Pioli punterà sicuramente sulla nuova solidità difensiva, sulla ritrovata intensità, sui principi che hanno reso il Milan una delle squadre più divertenti degli ultimi anni. L’allenatore però si aggrapperà anche e soprattutto a Olivier Giroud, l’attore protagonista di tutte le recenti imprese rossonere. L’anima del Milan di questi ultimi anni, anche se nessuno se l’aspettava.