Per Vinícius Júnior il dribbling è un atto di forza

L'esterno del Real Madrid si diverte a bullizzare, saltandoli in modo sistematico, tutti i terzini che provano a fermarlo.

Su YouTube ci sono tantissimi video di Vinícius Júnior, soprattutto quelli realizzati un anno fa in un’altra semifinale di Champions League contro il Manchester City, il cui titolo richiama un’idea di distruzione, di annientamento, di umiliazione del suo diretto avversario. Al punto che, da lì in avanti, il difensore in questione avrebbe potuto anche considerare chiusa, anzi finita, la sua carriera. Nel caso specifico di City-Real Madrid, come sappiamo, a entrare nella storia dalla parte sbagliata fu Fernandinho: l’ex capitano dei Citizens venne saltato da Vinicius con una rivisitazione della “Pelé vs Mazurkiewicz”, poi l’esterno del Real Madrid fu libero di involarsi verso Ederson per segnare la rete del provvisorio 2-2.

Di una giocata simile colpiscono essenzialmente due dettagli: il primo è che Vinícius non ha bisogno di toccare il pallone per saltare Fernandinho, gli basta la sua cinestesica, la sua sensibilità muscolare, la sua reattività nel percepire – prima e meglio degli altri – lo spazio circostante per modellarlo sulle sue superiori qualità atletiche; il secondo è la reazione di Guardiola mentre segue lo sviluppo di un’azione di cui ha già intuito il finale, fin da quando Vinícius ha fatto passare il pallone tra le sue gambe e quelle di Fernandinho. Il tecnico catalano cade in ginocchio con le mani in faccia, sembra quasi stia reinterpretando l’Urlo di Munch, tanto è vera, genuina e devastante la sua disperazione: poi mentre i giocatori del Real corrono ad abbracciare il loro compagno, si rialza e se la prende con il quarto uomo protestando per chissà che cosa, come se avesse la necessità di sfogare la sua rabbia e la sua frustrazione con il primo essere umano che avesse avuto la sfortuna di incrociare il suo sguardo. Il giorno dopo il Mirror scrisse che Vinícius «ha posto fine alla carriera di Fernandinho con una giocata al limite dell’oltraggioso», come può esserlo solo un dribbling che in realtà non lo è. In effetti, l’estate successiva, Fernandinho non avrebbe rinnovato il suo contratto con il City, tornando in Brasile (all’Athletico Paranaense) e chiudendo di fatto la sua carriera, quantomeno quella nel calcio europeo ad altissimo livello.

Palla c’è palla non c’è, senza neanche toccarla

Vinícius Júnior ha un’evidente ossessione per il dribbling, ha il bisogno quasi fisico di manifestare la propria superiorità su compagni e avversari attraverso questo fondamentale, e in fondo il riscontro numerico gli dà ragione, in pratica. Non a caso qualche settimana fa il canale FUTVERSITY ha caricato un video che somiglia tanto a un avvertimento: “Questo è ciò che accade a chi cerca di marcare Vinícius Júnior”, vale a dire due minuti e mezzo di dribbling ininterrotti a chiunque si trovasse a gravitare nella sua zona di influenza, come se da quella celebre intervista a El Pais – in cui disse che trovava molto più facile dribblare che segnare – non fossero in realtà già passati più di due anni. 

Ciò che oggi pone Vinícius su un livello diverso e ulteriore rispetto agli altri grandi dribblatori contemporanei è la sua capacità di alzare il livello di difficoltà delle sue giocate man mano che si alza anche il livello della partita e quindi il livello di chi lo affronta, proprio come il tuffatore che si tiene per ultimi i tuffi dal coefficiente più elevato. Nella finale di Coppa del Re contro l’Osasuna, ad esempio, ha voluto mettere in chiaro le cose fin da subito, spaccando partita e difesa praticamente al primo pallone toccato: isolamento contro Moncayola che lo spinge verso la linea di fondo, Pena che arriva in aiuto ma che viene lasciato sul posto con il classico esterno-interno effettuato nello spazio di dieci centimetri, tre passi a prendersi la frazione di secondo che gli serve affinché i sei uomini all’interno dell’area di rigore collassino tutti su di lui e lascino Rodrygo libero di ricevere l’assist e calciare a colpo sicuro. Poche ore dopo, il Daily Mail ha pubblicato sul proprio sito un articolo sulle chiavi tattiche della partita d’andata tra City e Real, definendo Vinícius come «il giocatore che potrebbe causare gli incubi ai difensori del Manchester City se dovesse replicare quanto fatto vedere contro l’Osasuna».  

Il miglior modo possibile per aprire una finale di Copa del Rey

In effetti l’impressione che si ricava mentre Vinícius mulina le gambe alla massima velocità possibile è che la necessità di umiliare – sportivamente, s’intende – l’avversario si fa più pressante e impellente nel momento in cui si trova di fronte quei giocatori che oggi definiremmo “generazionali”, quasi come se il giovane brasiliano dovesse prenderne ed esibirne lo scalpo per reclamare il proprio posto nel mondo, per vedersi finalmente incluso in quell’élite cui in realtà sente già di appartenere da tempo. Non a caso in questo video pubblicato su YouTube nove mesi fa, degli oltre 100 giocatori umiliati da Vinicius, moltissimi appartengono a una categoria cui difficilmente associamo il concetto stesso di umiliazione o di cui facciamo fatica a ricordare svarioni o brutte figure da meme. Si tratta di un retaggio del calcio di strada che Vinicius ha declinato e sta declinando a modo suo sui principali tornei europei: se vuoi il rispetto devi guadagnartelo sfidando e battendo i migliori. E se, nel farlo, gli si fa capire come si sta dall’altra parte di un meme o di una gif destinata a diventare virale, è ancora meglio.  

L’unico che sembra sfuggire a questa regola è Ronald Araújo, che di mestiere farebbe il difensore centrale e che pure si è guadagnato il rispetto di Vinícius in tutti quei Clásicos in cui Xavi ha deciso di impiegarlo come esterno basso, proprio perché è l’unico elemento della sua rosa in grado di tenerlo nell’uno contro uno e sull’allungo: «Il miglior difensore che abbia mai affrontato finora è stato Araújo: è veloce, rapido, molto forte, ed è per questo che gioca nel Barcellona», ha detto recentemente Vini in un’intervista al quotidiano catalano Sport. Real recognize Real, un altro grande classico di quella street culture che il ragazzo brasiliano ha portato nel calcio contemporaneo fino a trasformarla in un tratto distintivo personale, come la gimmick del grande wrestler che prima di tutto deve intrattenere il suo pubblico. Anche quello del Camp Nou, che nella semifinale di ritorno di Coppa del Re hanno comunque visto Araújo saltato in questo modo: 

Come si passa in uno spazio che, semplicemente, non esiste?

Di contro, ciò che è stato riservato a Trent Alexander-Arnold nei 180’ degli ultimi ottavi di Champions League spiega perfettamente cosa significhi, per Vinícius, affrontare giocatori di un certo tipo e un certo livello. Il suo è un approccio improntato all’idea del non solo ti faccio questo ma te lo dico prima e ti guardo in faccia mentre lo sto facendo: il 16 marzo, un giorno dopo la gara di ritorno, Pubity Sport ha diffuso tramite il proprio account Instragram una statistica per cui,nelle ultime cinque partite contro il Liverpool, Vinícius ha segnato cinque gol e ha servito due assist decisivi, ma soprattutto ha dribblato Alexander-Arnold per 13 volte. L’ultimo dribbling è avvenuto in un modo tale che è difficile riuscire a distinguere dove finisca la forza e inizi la crudeltà, la voglia di infierire su un avversario che è già al tappeto semplicemente per il gusto di farlo, per metterlo di fronte alla propria inadeguatezza.  

Siamo nel secondo tempo di una partita che è finita praticamente ancor prima di iniziare, in cui il Madrid sta badando più che altro a non alzare troppo i ritmi: a un certo punto Vinícius si trova a rincorrere un pallone che gli arriva dal lato destro, probabilmente a seguito di un cambio di campo, lo controlla in corsa con il sinistro e subito si trova a puntare Alexander-Arnold che gli concede la traccia esterna, in teoria l’unica scelta possibile quando si affronta un esterno offensivo rapidissimo e nevrile che gioca a piede invertito e che ha come prima opzione il taglio esterno-interno palla al piede. La soluzione si rivela efficace, o almeno così sembra: quando cerca la sterzata per portarsi la palla sul destro Vinícius perde per un attimo il contatto con la sfera e si vede costretto ad arretrare fino alla bandierina del calcio d’angolo, per di più attirando il raddoppio di Firmino e chiudendosi ogni angolo di passaggio. Quando, però, guadagnare un calcio d’angolo appare l’unica opzione percorribile, il brasiliano fa una giravolta di 180° e con la punta del piede destro tocca il pallone quel tanto che basta da farlo passare tra le gambe – anzi: sotto l’intero corpo – del povero Alexander-Arnold, che aveva già affondato il tackle. Il successivo intervento in scivolata di Firmino va a buon fine e il Liverpool recupera il possesso ma il numero 66 sta già percorrendo la sua personale walk of shame: il Daily Star, quasi in tempo reale, pubblica un articolo dedicato alle reazioni social degli utenti Twitter che si stanno divertendo a osservare questo duello impari: la percezione comune è sempre la stessa, e cioè che Vinícius «stia giocando con Alexander-Arnold come se fosse la sua marionetta». 

Ancora una volta, non è questione di numeri, della percentuale più o meno alta di dribbling tentati e riusciti; il punto è che Vinícius in quella come in tante altre circostanze non aveva bisogno di tutto questo per raggiungere il suo scopo – cioè saltare il marcatore diretto – eppure ha dovuto e voluto farlo. Per lanciare un messaggio, per entrare nella psiche dei suoi avversari, terrorizzandoli con la sola idea di poter ricevere un trattamento simile e a prescindere che questo avvenga. Perché a un certo livello quello che gli altri credono che tu possa fare è spesso molto più importante di ciò che effettivamente fai. 

L’inferno, per un terzino, deve avere questa forma qui

A Reece James, nei quarti di finale, non è andata meglio di Alexander-Arnold. Il terzino del Chelsea, uno dei migliori nel ruolo per quanto riguarda il rapporto tra esplosività e progressione, ha sperimentato in prima persona cosa significhi, soprattutto dal punto di vista psicologico e della reattività, affrontare un giocatore in grado di deformare a piacimento la dimensione spazio-temporale di ogni singola giocata. Nel secondo tempo a Vinícius sono bastate due azioni per preparare e prepararsi il terreno per l’assist del 2-0 ad Asensio: nella prima, al minuto 49, prende a James tre metri sullo scatto sulla ripartenza dopo la frenata; nella seconda, un quarto d’ora dopo, James prova l’anticipo forte entrando in scivolata ma viene irriso da un tocchetto con la punta del piede destro che permette a Vini di correre in beata solitudine per almeno venti metri prima di lasciare lì, con il tacco, un pallone che Camavinga calcia alto.  

Un’altra vittima

Fino a qualche anno fa Vinícius era il corrispondente nella realtà del suo avatar su Fifa, il bug in grado di far crashare il gioco – reale e virtuale – con le sue accelerazioni fuori scala, tali da far sembrare che fosse lui a muovere il mondo e non lui a muoversi nel mondo. Oggi il suo stile ricorda piuttosto quello del grande jazzista in grado di variare a piacimento ritmi e sonorità all’interno della stessa azione, in una diabolica alternanza di scatti, frenate, ripartenze, sterzate, allunghi. L’effetto su chi guarda è quello di una brutalità persino eccessiva nei confronti di chi si trova a dover contenere una forza della natura simile, eppure la leggerezza della corsa di Vinícius non tradisce alcun senso di sforzo o di fatica, come se torturare i migliori terzini della sua generazione fosse qualcosa di assolutamente naturale, o comunque qualcosa di assolutamente naturale 

Dopo il 2-0 contro il Chelsea qualcuno ha diffuso in rete una grafica di Sofascore relativa al rendimento dei migliori terzini destri d’Europa quando hanno dovuto affrontare Vinícius. Dentro, come nella “Death List Five” di Kill Bill, figuravano i nomi di Araújo, James, Hakimi e Alexander-Arnold, nessuno con una valutazione che andasse oltre il 6.1: «Ho giocato contro molti di loro e posso dire che quelli che mi hanno messo più in difficoltà sono stati James del Chelsea e Kyle Walker del City» disse l’anno scorso a SportBible. Il primo, dopo qualche mese, si è ritrovato in quella lista; per il secondo, probabilmente, è solo questione di tempo.