Ai più attenti tra i (pochi) lettori rimasti dei giornali italiani non sarà sfuggito questo particolare: Il Corriere della Sera, Repubblica e La Stampa, i tre principali quotidiani generalisti del nostro paese, hanno mandato un inviato (tre inviate in realtà: Arianna Ravelli, Alessandra Retico e Giulia Zonca) ai Mondiali di nuoto che si sono conclusi domenica a Fukuoka, in Giappone; La Gazzetta dello Sport, Il Corriere dello Sport e Tuttosport, i tre principali quotidiani sportivi, invece no. In queste ultime due settimane estive nel mondo dello sport non è che sia successo granché — Milano ha ospitato i Mondiali di scherma e per l’Italia è stato un trionfo, vero, ma il calcio alterna un mercato sgarrupato ad amichevoli notturne di scarso valore, i grandi tornei del tennis sono fermi, l’atletica attende i suoi Mondiali ad agosto, il Tour de France è finito e i motori si riaccendono solo nei weekend — e quindi i tre principali quotidiani generalisti di cui sopra hanno deciso di aprire le loro sezioni sportive proprio con il nuoto. Non sempre, ma spesso. E un nome e cognome si è guadagnato in questi giorni più spazio rispetto ad altri, fino a comparire nel titolo dell’intervista a Michael Phelps che Giulia Zonca ha realizzato sulla Stampa lo scorso giovedì: Thomas Ceccon.
Per decenni il nuoto italiano si è identificato con un grande campione, un personaggio, un volto che trascinava con sé l’intero movimento. Novella Calligaris negli anni Settanta, Massimiliano Rosolino nei primi anni Duemila, soprattutto Federica Pellegrini nell’ultimo ventennio, un po’ anche Gregorio Paltrinieri da quando Pellegrini si è ritirata. È vero che la nazionale azzurra non è mai stata così forte e profonda come in questo momento storico, diciamo dalle Olimpiadi di Tokyo in poi, e quindi piena di medaglie, storie e personaggi (Thomas Ceccon, Nicolò Martinenghi, Alessandro Miressi, Benedetta Pilato, Simona Quadarella, eccetera) anche se i Mondiali di Fukuoka hanno sancito una lieve flessione rispetto alle vette toccate negli ultimi anni, ma la sensazione è che i giorni appena trascorsi abbiano certificato il prevalere mediatico di Ceccon su tutti gli altri. Ceccon citato da Phelps, Ceccon intervistato da Sportweek per presentare i Mondiali, Ceccon su Vanity Fair, i baffi di Ceccon, «l’ossessione» di Ceccon, i dibattiti intorno alle dichiarazioni di Ceccon. Come ha notato anche Il Post – un’altra testata generalista e non specializzata – all’inizio della settimana, «nel nuoto sono gli anni di Thomas Ceccon».
Innanzitutto, Ceccon fa parlare di sé per tutto quello che vince, che in fondo è l’essenza dello sport. L’estate scorsa, ai Mondiali di Budapest, si era rivelato al pubblico con il successo nei 100 dorso in cui aveva realizzato anche il nuovo record del mondo di 51’’60. In vasca lunga, nella storia italiana, solo Giorgio Lamberti era arrivato a tanto, sui 200 stile libero e nel lontano 1989. Quest’anno a Fukuoka Ceccon ha conquistato tre medaglie: oro nei 50 farfalla (con il nuovo record italiano di 22’’68), argento nei 100 dorso e argento con la staffetta 4×100 stile libero maschile (con un ottimo tempo lanciato di 47’’03). In più ha chiuso quinto nei 50 dorso.
A 22 anni ha già vinto 57 medaglie internazionali tra le gare senior e le gare giovanili, tra vasca lunga e vasca corta, tra finali individuali e staffette, fra cui anche un argento e un bronzo alle Olimpiadi di Tokyo, ed è diventato il terzo nuotatore italiano con più medaglie mondiali (sei) dietro a Federica Pellegrini (undici) e Gregorio Paltrinieri (otto). Non c’è dubbio che presto li supererà tutti a destra, ma intanto la sua testa sembra programmata per un solo grande obiettivo: l’oro olimpico a Parigi 2024.
La vittoria di Ceccon nei 50 metri farfalla, l’unico oro conquistato in vasca dall’Italia ai Mondiali di Fukuoka
Poi c’è quella cosa per cui tutti i giornalisti vanno matti: il titolo. Thomas Ceccon dice sempre quello gli passa per la testa, quello che pensa veramente; le sue interviste sono dirette, franche. Arrivano, bucano lo schermo. Se seguite un po’ il nuoto e avete Twitter, nei giorni scorsi vi sarete sicuramente imbattuti in momenti di genuina e involontaria ironia come «ti piace questa medaglia d’oro? No, non mi piace. Preferivo quella di Budapest (il riferimento è ai Mondiali della scorsa stagione, nda), un po’ più grossa, pesava un po’ di più», oppure «sono contentissimo che ha vinto lui… oddio, contentissimo, preferivo vincere io», rivolto allo statunitense Ryan Murphy che l’aveva appena battuto per cinque centesimi nella finale dei 100 dorso. Angelo Carotenuto, sullo Slalom, ha scritto: «Impressiona, Ceccon, perché parla fuori dai canoni che siamo abituati ad accostare agli italiani. Parla in trasparenza di traguardi, addirittura dice si è permesso di scegliere, di preferire, meglio l’oro nei 50 farfalla che nei 100 dorso, tanto l’altro già l’aveva vinto».
Come tutti gli sportivi con il suo carattere e la sua mentalità, però, Ceccon rischia anche di risultare divisivo agli occhi della gente. Un mese prima dei Mondiali di Fukuoka aveva punto nell’orgoglio i suoi compagni della staffetta 4×100 stile libero che fino a quel momento della stagione non avevano nuotato tempi di alto livello: «Prima di fare la verifica bisognerebbe aver fatto i compiti a casa». Il messaggio è probabilmente servito, perché la staffetta è tornata in Italia con l’argento al collo, ma sia Alessandro Miressi («Quelle parole non mi sono piaciute molto, le staffette si fanno in quattro, si vince e si perde in quattro, non è che c’è uno che fa tutto rispetto agli altri») sia Lorenzo Zazzeri («Sono giudizi che deve dare un allenatore, non un atleta. Io so che lo diceva in buona fede, lo conosco e gli voglio bene, però bisogna sempre avere fiducia nei propri compagni») gli hanno risposto pubblicamente.
Anche domenica, nell’ultima giornata di gare a Fukuoka, in coda a un Mondiale che l’Italia ha concluso con sei medaglie (un oro, quattro argenti e un bronzo; solo gli argenti in specialità olimpiche) ma con otto finali in meno rispetto all’edizione del 2022, Ceccon ha espresso il suo punto di vista sullo stato di salute della nazionale dicendo alla Rai: «Veniamo da due anni fantastici ed è sempre difficile ripetersi. Magari moltissima gente ha un po’ rallentato perché l’anno prossimo ci sono le Olimpiadi. È sbagliato dire così. […] Se si lavora tutto l’anno bene, poi alle gare internazionali si dovrebbe andare bene, no? Insomma, buone parole a intenditore (a buon intenditor poche parole, nda), non voglio dire altro. Dobbiamo lavorare». Come ha scritto ancora Il Post, «sotto certi aspetti può ricordare Federica Pellegrini, […] che nei suoi anni da atleta non risparmiò sfoghi e critiche».
Infine, il maggior elemento di rottura rispetto a tutti i grandi campioni italiani del passato, un aspetto prettamente tecnico quasi mai visto nella storia del nuoto italiano, è la sua polivalenza. Con Ceccon si scinde il binomio atleta-gara del cuore che ha contraddistinto l’ordine finora costituito: Federica Pellegrini-200 stile libero, Filippo Magnini-100 stile libero, Gregorio Paltrinieri-1500 stile libero, eccetera. Thomas Ceccon è campione del mondo dei 50 farfalla in vasca lunga, vicecampione del mondo dei 100 dorso e della 4×100 stile libero in vasca lunga, addirittura campione del mondo dei 100 misti in vasca corta. A Fukuoka è diventato il secondo italiano a vincere una medaglia mondiale in tre stili diversi dopo Stefano Battistelli. Alle Olimpiadi di Parigi 2024, siccome le sue gare da 50 metri non fanno parte del programma olimpico, potrebbe nuotare i 100 stile libero o i 100 farfalla. Quello dei paragoni è un giochino che piace solo ai giornalisti, ma una volta l’ha detto anche Massimiliano Rosolino a Tuttosport: «Ceccon è il talento più eclettico mai avuto dall’Italia in vasca. È il nostro Phelps».