I culti sono fatti di eccessi, e Messi per gli Usa è un nuovo culto

Forse il racconto di questa nuova avventura, il nostro e quello che ci arriva dagli Usa, è un po' troppo UNBELIEVABLE.

È così che m’immagino l’origine dei profeti, la nascita delle religioni, il principio dei culti. Un essere umano che viene adorato fino a diventare più di se stesso e ascendere alla divinità. Non perché sia davvero più di se stesso – nessun essere umano lo è – né perché contenga veramente il divino – tutte le divinità sono invenzioni, appunto – ma perché gli altri lo raccontano così: onnipresente, onnisciente, onnipotente, gli attributi di Dio. Ovviamente parliamo di calcio, perché non esiste una cosa profana che si mischi bene con il sacro come il calcio. Ovviamente parliamo di Lionel Messi, perché non è mai esistito un calciatore che si sia avvicinato così tanto alla divinità. Certo, si dirà come sempre: “e Maradona?”. Maradona era un dio come se lo immaginavano gli antichi greci: capace di prodezze assai al di là dell’umano, ma guidato dagli stessi istinti, piagato dagli stessi difetti, distratto dagli stessi appetiti dell’umanità. Messi, soprattutto dopo la vittoria della Coppa del Mondo e il trasferimento a Miami (è bene ricordarci che uno come Messi non va a giocare in Mls, piuttosto va a vivere negli Stati Uniti), è quanto di più vicino al Dio delle religioni salvifiche. Onnipresente, onnisapiente, onnipotente, appunto. Non perché lo sia davvero, ma perché gli altri lo raccontano così.

L’entusiasmo è una cosa bella, lo sminuire l’entusiasmo altrui è una cosa miserabile. Nella sufficienza con cui assisto alla venuta del Messi-a nel calcio americano c’è probabilmente la disillusione, il disinteresse, il disamore con cui assisto il calcio in generale dopo l’estate dell’esodo in Arabia Saudita. Magari c’entra anche il complesso di superiorità di cui l’europeo non può che soffrire quando si parla di soccer: ma che ne sanno, si potrebbe dire, riprendendo un odiatissimo slogan-hashtag nostalgico.

Fatto sta che l’entusiasmo americano per il Messi-a mi intenerisce e innervosisce allo stesso tempo: guardo gli highlights delle partite dell’Inter Miami e mi viene sempre il mente l’intro di chitarra di “Personal Jesus” dei Depeche Mode, però nella versione di Johnny Cash. Penso al fatto che la cristianità americana si basa da sempre su un rapporto personale con la divinità, sull’incontro con un dio «che è lì, a cui importa» e che quindi va ringraziato adeguatamente: il Messi-a ha deciso di manifestarsi proprio qui e ora, dobbiamo adorarlo e celebrarlo, a prescindere dal fatto che il motivo d’adorazione ci sia e la ragione della celebrazione esista. La Messa d’altronde si celebra ogni settimana e la domenica del Signore è la sua stessa ragion d’essere.

Come tutte le liturgie, anche quella della religione Messi-anica nascente negli Stati Uniti è fatta di pose, di eccessi, di ripetizioni che agli occhi di un pagano appaiono buffissimi. Non che si possa discutere l’impatto meteorico che Messi ha avuto sul calcio americano né il suo contributo migliorativo alle – fin lì deprimenti – prestazioni dell’Inter Miami. Ma è appunto il modo in cui tutto questo viene raccontato a rendere il libro americano il più surreale e bizzarro della Bibbia di Messi. È un libro fatto di aggettivi più altisonanti possibili, scritti tutti e sempre in stampatello maiuscoletto, la lingua degli uomini che urlano nel deserto di internet. Ogni volta che mi accingo a vedere gli highlight delle partite dell’Inter Miami, so che tra di essi troverò almeno un AMAZING pass di Messi, un INCREDIBLE dribbling che dimostra quanto ancora FANTASTIC siano le sue skill, un GOLAZO che dimostra chi è e sarà sempre il GOAT.

SHOCKED

Ovviamente, non sempre quel che Messi sta facendo in Mls corrisponde alla grandezza che font, punteggiatura e fraseologia suggeriscono. Capita spesso di scoprire che l’AMAZING pass è un filtrante in profondità, bello sì ma bello e basta. Succede di frequente che l’INCREDIBILE dribbling sia un rientro sul piede forte e il GOLAZO sia un tiro dalla media distanza provato senza mai avere attorno chissà che marcatura (altro attributo del dio: l’inavvicinabilità, una condizione di cui Messi sembra godere su tutti i campi americani, davanti a tutte le difese della Mls). Guardo questi highlights e mi chiedo se anche noi eravamo così quando Messi si è rivelato la prima volta, se anche noi eravamo pervasi da un entusiasmo tale che l’unica maniera di metterlo in parole era tenendo premuto il caps lock. Ma in realtà so che la risposta è no, mi ricordo di aver visto i miracoli di Messi con i miei occhi e so che tra quello che faceva prima e quello che fa ora passa la differenza che c’è tra moltiplicare il pane e i pesci e il distribuire – equamente ed elegantemente, si capisce – il poco pane e i pochi pesci rimasti. Guardo gli highlight di Messi (vale la pena ammettere che sono i suoi, mica dell’Inter Miami) e mi chiedo se nelle mie elucubrazioni non sto assumendo la posa del vecchio europeo che vede sempre negli Stati Uniti una versione di sé più giovane, più innocente, più entusiasta.

Certo, se dovessi fare un discorso razionale, dovrei dire che se la Mls vuole davvero diventare “movimento” allora è bene abbandoni ogni sudditanza psicologica. Certo è difficile, perché parliamo di Messi, la celebrity del calcio per eccellenza, negli Stati Uniti, il Paese che ha fatto della celebrity culture un’eccellenza pop. Non può che andare come sta andando, si dirà. La prova è la polvere di stelle, il codazzo di celebrity che segue Messi in ogni sua tappa di questo Grand Tour americano: se persino queste very important person si fanno trascinare nel rito Messi-anico, che speranza di resistervi possono nutrire tutti quelli che very important non sono? Ma poi, anche se degli eretici si palesassero e iniziassero a calpestare le sacre insegne, questo non impedirebbe né arresterebbe la diffusione del culto di Messi negli Stati Uniti. Anzi, forse sarebbe la conferma che proprio di questo si tratta: ogni religione ha bisogno degli eretici per rafforzare la sua ortodossia. Sta già succedendo, in effetti: i tifosi di Philadelphia hanno fischiato Messi per tutti i novanta minuti della partita contro l’Union. Contraddicendo anche il monito di un altro profeta, Joel Embiid dei 76ers: «Show love», aveva detto il cestista ai suoi concittadini, alla vigilia dell’arrivo di Messi in città.

Ma trattandosi di Messi, la novella della sua ascesa a dio pagano non poteva che arrivare tramite un’involontaria annunciazione di Cristiano Ronaldo: ancora più che degli eretici, ogni dio di ogni religione salvifica ha bisogno di un satana, di un avversario, che lo sfidi senza mai sconfiggerlo e confermandone ogni volta l’onnipresenza, l’onnisapienza, l’onnipotenza. «È meglio la Saudi Pro League della Mls», ha detto Ronaldo in un conferenza stampa dello scorso luglio. Ed è meglio perché lì ci gioca lui, si capisce. E c’è una ragione se tutti questi giocatori fortissimi stanno scegliendo l’Arabia Saudita e non gli Stati Uniti (certo che una ragione c’è, solo che non è quella che pensa Ronaldo, ovvero Ronaldo). Subito dopo questa dichiarazione, in tutta l’internet calcistica sono apparsi gli stessi contenuti, una variazione sullo stesso tema. Post, articoletti, brevi video, gallery di meme, tutti intitolati alla stessa maniera: “Cristiano Ronaldo is still OBSESSED with Messi”. La parola “obsessed”, ovviamente, scritta tutta in stampatello maiuscoletto.