Fabrizio Corona, il protagonista perfetto per il circo dell’informazione sportiva italiana

Perché giornalisti, procuratori e giudici e opinionisti si sottopongono a questo supplizio? La risposta è sempre quella che diede Flaiano: perché la situazione è grave ma non seria.

Quando penso a Fabrizio Corona penso inevitabilmente a Sigmund Freud. «Il perturbante è quella sorta di spaventoso che risale a quanto ci è noto da lungo tempo, a ciò che ci è familiare», diceva il primo psicanalista, in un saggio del 1919 intitolato appunto Il perturbante. L’ho letto, Il perturbante. Spesso ne immagino un’edizione rivista e aggiornata che usi la vita di Corona come filo conduttore, gli scandali che da lui sono passati come case study. Altre volte sogno un’autobiografia di Corona, un’altra, sì, intitolata proprio Il perturbante. So di sbagliare in un caso e nell’altro, ovviamente. Come a tutti, anche a me in queste settimane piace pensare che Corona sia l’eroe o il villain o entrambe le cose, che la parte perturbante dell’ennesimo scandalo calcioscommesse della storia della Serie A si esaurisca in e con lui. Poi però mi torna in mente che Corona ha un sito e che questo sito si chiama Dillingernews e mi scappa da ridere, e capisco così che non è lui il problema: il perturbante non può e non sa far ridere. 

Apro Dillingernews e mi fermo a leggere il primo articolo che trovo in cima alla homepage: si tratta di un cosiddetto “siluro del giorno” in cui si annuncia che Dillinger «non le manda a dire» e che stasera si «vuota il sacco sulle scommesse nel calcio». Ovviamente il sacco si vuota previo pagamento e in prima serata. Lui va ospite ad Avanti Popolo, programma condotto da Nunzia De Girolamo in onda su Rai Tre, fin qui passato inosservato – letteralmente: dai dati d’ascolto si capisce che non lo ha visto nessuno – se non fosse per una mirabile intervista della moglie De Girolamo al marito, il parlamentare del Pd Francesco Boccia. Corona è dunque chiamato a fare quello che sa fare meglio: attirare l’attenzione, un talento per il quale la tv di Stato è disposta a pagargli una cifra immagino più che consona. 

Seguo tutta l’intervista di De Girolamo a Corona con un occhio, con l’altro guardo l’aggiornamento della cronaca live che dell’intervista viene fatta sul sito del Corriere dello Sport, con aggiornamenti in tempo reale come stessimo parlando del conflitto israelo-palestinese. Corona non dice niente che in questi giorni non abbia già detto esplicitamente o insinuato ripetutamente. Ma come, ma il sacco da svuotare, ma “il siluro quotidiano” – un nome di testata perfetta se Corona decidesse di cimentarsi con l’editoria – ma Dillinger che non le manda a dire. Poi capisco: alla fine dell’intervista, un quasi flusso di coscienza in cui Corona offre perle grosse e lucide come il momento in cui dice di sapere della ludopatia di Zalewski perché quest’ultimo «è fidanzato da due anni con la figlia di una mia amica», De Girolamo annuncia che Corona ritornerà, come i supereroi della Marvel alla fine dei cinecomic. E davanti all’annuncio di una prossima puntata che penso che sì, questo sì che è perturbante. 

Come per tutti i fenomeni naturali, posso provare a spiegare come Fabrizio Corona succeda ma probabilmente non riuscirò mai a spiegare perché Fabrizio Corona succede. Anche perché non comincia da solo e non prosegue nel vuoto, questo fenomeno naturale. Nel suo caso le moltitudini non sono contenute dentro di lui ma sono fuori, sparse qua e là in un sistema solare di cui lui si considera certamente il sole ma che in realtà brulica di una vita parassitaria che fa quello che fa sempre la vita: ruba la luce emessa dal sole e la usa per i suoi scopi di conservazione ed espansione. C’è chi lo definisce circo, questo universo attorno a Corona abitato da giornalisti, avvocati, procuratori, fonti anonime e passanti curiosi. Lo è in parte ma non del tutto: il circo è una finzione realizzata a scopo di intrattenimento, questa è invece una realtà che vive di autoperpetuazione. 

È come se senza Corona ci mancasse il pretesto per fare quello che in Italia facciamo meglio: gli editoriali pensosi di genitori preoccupati dalla propensione alla ludopatia delle nuove generazioni, le interviste agli esperti che spiegano l’ovvio, le indagini coordinate tra uffici delle Procure e le redazioni dei giornali, il giustizialismo sbavante, il garantismo peloso. Corona agisce per noi come un liberatore, la sua presenza nel dibattito pubblico è il lasciapassare per tutti quei piaceri perversi che solitamente la civiltà intesa come valore ci impedisce di assaporare. Corona è Caino, certo, quindi nessuno tocchi Caino, soprattutto il giorno in cui esce la sua intervista per il mio giornale o è ospite della mia trasmissione. Se Corona non ci fosse, sono certo che c’è chi sognerebbe che qualcuno se lo inventasse, anche se un personaggio così forse lo poteva inventare solo Raymond Chandler per uno dei suoi noir losangelini. Ma Corona, per la fortuna di tanti, c’è. E se c’è uno che accusa un altro di scommesse illegali perché quest’altro è fidanzato con la figlia di una sua amica, che male potrò fare io dicendo la mia, prendendo una parte, proteggendo i miei eroi e scagliandomi contro i miei nemici? 

Ci sono persone che non riescono a capacitarsi della credibilità che Corona sembra conservare nonostante negli anni sia stato autore di prodezze spesso al di là della legge e talvolta oltre la soglia del razionale. Figuriamoci, li capisco, soprattutto in questi giorni. In questi giorni Corona è stato ovunque e ha parlato dappertutto: lo abbiamo visto in tv, lo abbiamo ascoltato in radio, lo abbiamo letto sui giornali. Lo intervistano a Radio Radio e lui si incazza con il giornalista Sandro Sabatini, intimandogli di ammettere che il suo è lo scoop dell’anno, commentando la parabola discendente della sua, di Sabatini, carriera, facendo riferimenti velatamente minacciosi a un vecchio incidente automobilistico. Nella stessa conversazione dà dell’incapace alla giornalista Valeria Botti, colpevole di avergli fatto una domanda sulla presunta omosessualità di diversi calciatori di cui lui, Corona, sarebbe a conoscenza. «Ma vergognati, fai gossip davanti a un’inchiesta del genere?», sbotta Corona. Che è una frase che fa ridere moltissimo chiunque conosca un minimo la sua biografia. 

Ci si chiederà: ma perché giornalisti – e avvocati e procuratori e giudici e professori e opinionisti – si sottopongono a questo supplizio? Perché lo prendono sul serio? E la risposta è sempre quella che diede Flaiano: perché la situazione è grave ma non seria. Smettere di prendere sul serio Corona significherebbe smettere di prendere sul serio tutto il caravanserraglio dell’infotainment che ha ormai sostituito l’industria dell’informazione in Italia. Sarebbe la cosa seria da fare, ovviamente. Ma, ancora una volta: la situazione è grave, non seria. Ricordiamoci sempre che viviamo nel Paese che da giorni si diverte a massacrare tre poco più che ragazzini perché hanno il vizio del gioco, e nello stesso tempo porta alla fama personaggi come Filippo Champagne e Nevio lo stirato, ludopatici che hanno trasformato la malattia in mestiere, con tanto di numero dell’agente da contattare per le serate e link ai consigli per le scommesse nella bio di Instagram. Situazione grave ma non seria, appunto. 

E poi è davvero difficile fare a meno di Corona. È un po’ Sonny di Quel pomeriggio di un giorno da cani, in quella scena in cui, spazientito, chiede «e io che ci guadagno» al giornalista che lo sta intervistando in diretta tv e che sta trasmettendo live il suo tentativo di rapina a mano armata. Un po’ Massimo Decimo Meridio che nel Gladiatore, in piedi al centro di una squallida arena al termine di uno spettacolo miserabile, urla «NON VI SIETE DIVERTITI?!». Lui lo sapeva che prestarsi al massacro per il divertimento altrui era l’unica via per la vendetta. Forse anche Corona ha una vendetta da esigere e per farlo pure lui deve prestarsi al massacro – e con che entusiasmo ci si presta – solo che nel suo caso non è il massacro di uno ma di tanti, una strage perpetrata nelle piazze di quel sistema che prima lo ha acclamato re, poi ridotto a zimbello e infine accompagnato in carcere. Lo stesso sistema che ora ha di nuovo bisogno di lui per un altro giro di attrazioni, lo stesso sistema che lui sembra deciso a spogliare pure di quei brandelli di residua credibilità. Esempio: lo chiama un giornalista del Corriere della Sera per chiedergli un’intervista, lui lo prende a male parole perché figuriamoci se regala notizie al gruppo Rcs. «A meno che Cairo non mi bonifichi trecento kappa», precisa. Registra tutta la telefonata e poi la pubblica sui social.  

E scoccia ammettere che sì, ci siamo divertiti, che siamo pronti a seguire la prossima puntata di Avanti Popolo. A iscriverci al canale Telegram che Corona cita a ogni piè sospinto. Persino a refreshare la homepage di Dillingernews in attesa della partenza del prossimo siluro quotidiano.