Se nemmeno all’Arabia piace questa Supercoppa

Il pubblico di Riyadh voleva che al torneo partecipassero Juventus e Milan, non Lazio e Fiorentina. A dirlo sono i numeri e la storia.

Sono passate più di dodici ore e abbiamo ancora negli occhi lo spettacolo desolante di Napoli-Fiorentina 3-0, prima semifinale della Supercoppa Italiana 2023. E no, ovviamente non stiamo parlando della partita, di una sfida godibile vinta in modo meritato dalla squadra di Mazzarri: stiamo parlando della cosiddetta cornice di pubblico, degli spalti vuoti – altro che semivuoti – dell’Al-Awwal Stadium, che ospiterà anche le altre due gare del torneo, ovvero la semifinale tra Lazio e Inter e la finale di lunedì sera. I numeri, in questo senso, sono eloquenti: l’impianto di di Riyadh ha una capienza di 25mila posti e le persone presenti allo stadio erano meno di 10mila. 9762, per la precisione. Inoltre chi ha seguito la gara in tv, si è reso conto di poter captare in maniera chiara le indicazioni urlate dagli allenatori, dai portieri, come se il pubblico fosse del tutto assente. E non è un eufemismo: i gruppi organizzati delle due squadre non sono andati in Arabia Saudita, e allora è facile pensare che i tifosi provenienti dall’Italia presenti a Riyadh fossero qualche centinaia. Il resto degli spettatori, ce ne siamo accorti anche dalle inquadrature strette della regia internazionale, erano chiaramente degli abitanti del posto. Che, come dire, non è che si siano fatti coinvolgere più di tanto dall’evento.

Naturalmente si è discusso tantissimo sull’opportunità di organizzare la Supercoppa Italiana all’estero. E, soprattutto, in Arabia Saudita. Il dibattito etico-economico va avanti da anni, fin da quando venne organizzata la prima edizione nel Regno. E negli ultimi mesi, comprensibilmente, è divampato a livelli altissimi. Dal punto di vista della Lega Serie A e quindi dei club, i 23 milioni complessivi incassati da Napoli, Inter, Lazio e Fiorentina – ovviamente da ripartire in base all’andamento delle partite – sono stati un argomento abbastanza convincente perché alla fine si giocasse a Riyadh, e non in Italia. Come dire: non c’è stata nessuna recriminazione che sia riuscita a innescare un ripensamento, da parte di chi ha deciso di accettare le offerte dell’Arabia Saudita e di mettere in secondo piano, inevitabilmente, i tifosi italiani.

Al netto di tutto questo, che non è poco, resta il problema degli spalti vuoti. Anche in Arabia Saudita, ci scommettiamo, non saranno proprio felicissimi di com’è andata la vendita dei biglietti. O meglio: saranno contrariati di aver ospitato una partita in cui i tifosi, sostanzialmente, non c’erano. E un bel pubblico, come insegna la storia della Premier League, è parte integrante dello spettacolo. Anche quello trasmesso in televisione. E allora a questo punto è inevitabile chiedersi: cos’è andato storto? La risposta è molto semplice: tra le squadre qualificate c’erano Lazio e Fiorentina, e non quelle desiderate da chi ha ospitato il torneo in casa propria.

Ovviamente questa frase e l’intero discorso riguardano l’Arabia Saudita, la visione e la cultura calcistica del pubblico di Riyadh e dell’Arabia Saudita. A dirlo sono altri numeri, quelli della Supercoppa di Spagna che si è giocata – con la stessa identica formula, nello stesso identico stadio – una settimana fa: le due semifinali, Real Madrid-Atlético e Barcellona-Osasuna, sono state seguite allo stadio da 23mila persone. Perché, appunto, in campo c’erano delle squadre conosciute dai tifosi locali: il Real Madrid e il Barcellona, per altro in due partite differenti, ma anche l’Atlético Madrid. Ecco, è proprio in questo punto che si materializza il problema relativo a Lazio e Fiorentina: si tratta di due club che hanno un appeal internazionale inferiore rispetto all’Inter, alla Juventus, al Milan. Probabilmente anche rispetto al Napoli e alla Roma. Non a caso, viene da dire, poche ore fa La Repubblica ha rivelato che diversi giornalisti presenti a Riyadh abbiano chiesto ai colleghi italiani perché non si fossero qualificate Juventus e Milan. Inoltre, stando sempre alle notizie che arrivano dalla capitale saudita, l’affluenza per Inter-Lazio dovrebbe essere maggiore rispetto a quella registrata per Napoli-Fiorentina. Perché, appunto, l’Inter è una squadra molto più conosciuta dal pubblico locale – e no, non c’entra niente il surreale striscione apparso durante la prima semifinale:

Per dare ulteriore forza a questa tesi, basta andare a ripescare i dati degli ultimi anni, delle ultime edizioni della Supercoppa giocate in Arabia: il derby Inter-Milan del 2022, giocato in un altro stadio di Riyadh, era stato seguito da più di 51mila spettatori; per Juventus-Lazio del 2019, giocata proprio all’Al-Awwal Stadion, lo stesso dell’edizione 2023, c’erano 23mila persone; per Juventus-Milan del 16 gennaio 2019, organizzata invece a Gedda, venne abbattuta quota 60mila.

Insomma, è tutto abbastanza chiaro. E anche abbastanza coerente. La formula a quattro squadre e tre partite era una sorta di polizza assicurativa perché la Supercoppa Italiana, esattamente come succede ogni anno a quella spagnola con Real Madrid e Barcellona, potesse essere il teatro di partite considerate importanti dal pubblico di Riyadh. E invece l’imprevedibilità del calcio ha escluso due delle tre squadre di Serie A più conosciute dagli appassionati sauditi, Juventus e Milan.

Così la Lega ha finito per esportare un torneo che, almeno secondo i canoni del pubblico locale, doveva avere per forza un appeal inferiore. E allora bisogna dirlo in maniera netta, chiara: la Supercoppa 2023 non era la competizione giusta da ambientare in Arabia Saudita. Intanto perché parliamo di un Paese dove sarebbe sconveniente organizzare qualsiasi cosa, figuriamoci una competizione calcistica. E poi perché la stessa Arabia Saudita ha finito per snobbare il torneo, non conosce Lazio e Fiorentina, ha una cultura calcistica molto diversa dalla nostra – per dirla con un eufemismo. Al punto da lasciare uno stadio vuoto, o quasi, per una semifinale. Se non è questo un fallimento.