Il PSV è uno schiacciasassi

Il mercato gli ha portato via alcuni dei suoi migliori interpreti, ma Peter Bosz ha costruito una squadra elettrica, divertente, apparentemente imbattibile.

I numeri fanno impressione, e dicono che il PSV sta vivendo una stagione perfetta. Dall’inizio del campionato fino a oggi, ha vinto 17 gare su 18. È prima in classifica con 52 punti e segna una media di 3,5 gol per partita. Si proietta verso la vittoria dell’Eredivisie, inseguita dal solo Feyenoord, a otto punti di distanza, e con l’Ajax già fuori dai giochi, colpito da una profonda crisi. La cosa più incredibile, però, è che tutto questo stia succedendo dopo che la squadra di Eindhoven ha perso il proprio cuore pulsante, cioè dopo le partenze di giocatori come Gakpo e Xavi Simmons. E invece al Philips Stadium stanno reinventando il concetto di perfezione, applicandolo al calcio grazie all’ordinata struttura tattica implementata da Peter Bosz, arrivato a Eindhoven nel luglio 2023. In qualche mese, Bosz ha trasformato il suo PSV in una macchina che pare indistruttibile, una nobile espressione del calcio moderno in tutte le sue sfaccettature: il desiderio di dominare il gioco col pallone, le esplosioni corali in pressione, facendo muovere i propri giocatori come un corpo unico pronto ad avvolgere gli avversari, il recupero del pallone che “libera” una creatività ad alta velocità. 

Pochi giorni fa, mercoledì 17 gennaio, il PSV ha dimostrato per l’ennesima volta la propria forza, battendo per 3 a 1 il Twente terzo in Eredivisie. Così ha passato il turno di coppa. Il terzo gol è una sorta di autobiografia della squadra di Bosz, capace di raccogliere in una sola azione l’essenza più profonda del proprio stile di gioco: tutto comincia con un recupero del pallone aggressivo, po si continua con una costruzione estremamente rapida, diretta e verticale, per rubare il tempo agli avversari. Così, in soli cinque tocchi, passando anche per il portiere, il PSV s’impadronisce dello spazio e ne fa quello che vuole. La squadra di Bosz sfonda sul lato opposto, a tutta velocità: sembra un caos stupefacente, e invece è una manovra ordinata dalle associazioni degli attaccanti, che si muovono ondeggiando tra i difensori, lasciandosi andare in uno-due fulminei, sublimati da colpi di tacco e sponde millimetriche. Ma il gol lo segna Johan Bakayoko, esterno belga classe 2003, rientrando con il suo mancino, sprigionando fantasia dopo un’azione che sembra un trattato di trigonometria. Bakayoko unisce esplosione ed equilibrio, forza e precisione, calciando da fuori area con la consapevolezza di segnare, ricordando spaventosamente una vecchia conoscenza qui a Eindhoven: Arjen Robben. Questo gol lo potete vedere quiStropicciatevi gli occhi con questo gol del PSV.

«Per me vincere non è abbastanza. Mi interessa soprattutto come accade», ha detto Peter Bosz quest’estate alla sua prima conferenza stampa da allenatore del PSV. Si è presentato così, suonando magari arrogante, raccontando la propria infatuazione per un calcio spregiudicato e spettacolare. Forse è per questo che, una volta arrivato nel cuore nebbioso della sconfinata pianura olandese, è stato accolto con diffidenza dai suoi nuovi tifosi . C’è anche un altro aspetto da tenere in considerazione: Bosz è cresciuto nel mito dell’Ajax, custodendo in tasca quella che chiamava la «Bibbia di Johan», una sua raccolta personale di articoli e foto su Cruijff, ed è diventato adulto con la maglia del Feyenoord. Non la migliore presentazione davanti ai fan del PSV, per ovvie questioni di rivalità. A Eindhoven dicono che loro non sono come l’Ajax e il Feyenoord: sono gente pratica, non si perdono nei meandri della retorica, nella ricerca estetica del pallone. E la traduzione di tutto ciò, almeno in termini calcistici, è stata il 4-4-2 con cui il PSV di Hiddink ha vinto la Coppa dei Campioni nel 1988, verticale e antitetico allo stile ricercato dei club di Amsterdam e Rotterdam. Insomma, la storia ha tracciato una linea invisibile che separa il PSV dagli storici rivali.

Eppure, proprio Bosz ha già fatto cambiare idea a tutti: tornato a sessant’anni in Olanda, dopo una triste parentesi tra Borussia Dortmund, Bayer Leverkusen e Lione, l’allenatore del PSV ha messo in discussione il proprio credo ortodosso, con cui aveva portato l’Ajax in finale di Europa League nel 2019, ispirato certamente dal juego de posición – dunque devoto a simmetrie ben definite volte al controllo del tempo e dello spazio. E lo ha scolpito adattandolo ai propri giocatori ma anche alla storia del PSV, creandone una versione più verticale e più diretta. Era difficile immaginare che potesse fare bene fin da subito, anche perché ha ereditato una situazione complicato: il PSV aveva e ha una rosa colma di giovani talenti, assemblata da Ruud van Nistelrooy e reduce da un anno scandito da un andamento intermittente; le cessioni di Gakpo e Madueke, a gennaio di un anno fa, hanno contribuito a spegnere definitivamente la luce, al punto che il tecnico si è dimesso prima della fine della stagione, alla penultima giornata di campionato, a causa dei contrasti con la società. Inoltre, durante il mercato estivo, la squadra è stata ancor più rivoluzionata. D’altronde il PSV è un club che misura e alimenta il proprio valore tramite il player trading, che oscilla costantemente tra cessioni importanti e la ricerca di nuovi fenomeni. E così, sei mesi dopo quelli di Gakpo e Madueke, si sono concretizzati gli addii di altri calciatori fondamentali: Xavi Simmons, Sangaré e Branthwaite. 

Al loro posto sono arrivati Lozano, Schouten e Dest, profili più esperti e alla ricerca di gloria perduta e/o mai assaporata. Ma anche Noa Lang, esterno dribblomane; Ricardo Pepi, centravanti americano classe 2003, dallo spiccato fiuto del gol; Malik Tillman, centrocampista di grande sensibilità tecnica, gioiello dell’Accademy del Bayern Monaco. Il mercato estivo ha quindi ribadito il legame indissolubile tra il PSV e il talento. Quel legame che, per intenderci, ha portato da queste parti anche Ronaldo Nazário e Romário. «Abbiamo voluto costruire una rosa riconoscibile per i tifosi, giovane ed elettrizzante» ha detto a inizio campionato Earnest Stewart, direttore tecnico del club. E per gestire un gruppo non esiste allenatore migliore di Peter Bosz. Uno che che, tra gli altri, ha fatto sbocciare De Ligt, De Jong, Havertz e Sancho. 

Ciò che è stato più criticato a Bosz, nel suo viaggio fuori dai Paesi Bassi, è la tenuta della difesa. Lo hanno accusato di mantenere una linea troppo alta, quasi abbandonata a se stessa. Per questo a Dortmund è stato esonerato dopo cinque mesi. Tuttavia, oggi, il PSV Eindhoven è la squadra che ha subito meno gol – solo otto – tra i migliori campionati d’Europa. E continua a tenere linea estremamente aggressiva, sostenuta da un sistema di pressione scientifico e guidata da Olivier Boscagli, difensore francese classe ’97. La riconquista è l’arma principale del PSV: dpo aver perso il pallone, i giocatori di Bosz tentano in ogni modo di riprendere il controllo nel minor tempo possibile, muovendosi all’unisono e calibrando le scalate. In questo senso, la metrica del PPDA (che, semplicemente, quantifica la velocità e l’efficacia del pressing di una squadra contando il numero di passaggi concessi agli avversari prima di un’azione difensiva) è abbastanza eloquente: secondo Opta il PSV arriva a 9,9, una quota vicinissima a quella dell’Arsenal, squadra riconosciuta a livello internazionale per la qualità della fase di non possesso.

Joey Veerman, classe ’98, scandisce i movimenti di tutti i giocatori, sia in pressione che in possesso. Gioca a centrocampo e possiede un’impeccabile conoscenza dello spazio-tempo, una dote che gli permette di sembrare onnipresente, di dare il proprio contributo a tutto campo. E lo fa in maniera elegante, mantenendo sempre la sua tecnica raffinata. Pur essendo fondamentale nella prima fase di costruzione, il momento decisivo per esercitare il dominio del gioco, è anche un fattore importante in rifinitura: non a caso, finora ha segnato tre gol e fornito nove assist. Ma è soprattutto il giocatore con più occasioni da gol create in Eredivisie, e in tutta Europa: 150, secondo Fbref. Può calciare da fuori, lanciare gli esterni oppure innescare Luuk de Jong, che a 33 anni sta vivendo la sua miglior stagione in assoluto: siamo a gennaio, e ha già accumulato 23 reti stagionali. 

Una delle ultime prodezze di De Jong

Insomma, il PSV Eindhoven è una squadra davvero speciale, adatta a qualsiasi gusto calcistico. Pronta, anche, a dare del filo da torcere al Borussia Dortmund, agli ottavi di finale di Champions League. Una squadra elettrizzante, con giocatori funambolici come Lang e Bakayoko, dotata di eleganza tecnica grazie ai tocchi di Veerman, le sponde di De Jong e i controlli orientati di Ismael Saibari, centrocampista marocchino classe 2001. Ma anche molto attenta alla fase di non possesso, ovviamente a modo suo: difesa alta e riconquista aggressiva.

Il PSV di Peter Bosz sembra non fermarsi più, infrangendo ogni tipo di record. Così sembra alimentare quel trascendentale rapporto che lega il bello all’Olanda, nel calcio, nell’arte e nella vita. Continuando a seguire quella sottile linea rossa che è passata dai profondi sguardi dei personaggi dipinti da Vermeer al Totalvoetbal di Michels e Cruijff, dall’ondulante tratto di Van Gogh alla sensazione di vuoto sotto i piedi di Van Basten durante la finale degli Europei del 1988. Così, Bosz ha detto recentemente: «Io voglio solo che i tifosi allo stadio si divertano. La gente deve vedere un gioco bello. Quando torna a casa, dovrebbe dire: “È stato davvero eccitante”». Ecco, sta andando esattamente in questo modo, e non c’è davvero traccia di arroganza.