Kylian Mbappé ha distrutto il calciomercato

A prescindere da dove giocherà l'anno prossimo, con la sua decisione ha cambiato per sempre le regole del mercato e i rapporti tra calciatori e club.

Dall’anno prossimo, Kylian Mbappé non giocherà più per il Paris Saint-Germain. La prima volta che abbiamo sentito questa frase, o una sua variazione – la più frequente: Kylian Mbappé vorrà giocare per il Real Madrid – era mercoledì 22 aprile 2020, il calcio e il mondo erano fermi a causa della pandemia – nel caso della Ligue 1, poi, non si sarebbe nemmeno ricominciato a giocare, diversamente da quanto accaduto negli altri principali campionati europei – e sulla prima pagina di Marca venivano riportate le parole del potentissimo agente francese Yvan Le Mee su un trasferimento che «in condizioni normali potrebbe avvenire anche quest’estate ma ora non è possibile pensare di pagare 300 milioni per un calciatore». L’appuntamento con la storia, però, era solo rimandato: «Kylian vuole essere come il suo idolo Zidane e diventare il miglior numero 9 del mondo» diceva ancora Le Mee. Alla scadenza del contratto di Mbappé con il Psg mancavano ancora due anni e qualche mese e per la prima volta dal suo arrivo a Parigi era diventato lecito pensare che il suo passaggio a un livello successivo di grandezza individuale e collettiva  fosse più vicino di quanto ci aspettassimo.

Un anno dopo, nell’ultima settimana della finestra estiva del calciomercato, l’offerta del Real Madrid effettivamente arrivò: prima 160 milioni, poi 170 più 10 di bonus, poi ancora 200. Erano passati poco più di quattro mesi dalla folle notte in cui la Superlega era prima nata e poi morta nel giro di poche ore e Florentino Perez e Nasser Al-Khelaïfi – nel frattempo diventato il nuovo presidente dell’ECA al posto del dimissionario Andrea Agnelli – si guardavano in cagnesco da opposte direzioni: cedere Mbappé nel bel mezzo della battaglia per la ridefinizione dei confini del calcio europeo sarebbe stata una sconfitta politica prima ancora che tecnica o economica. Qualcosa che Al-Khelaïfi non si sarebbe potuto mai permettere: «Voglio essere chiaro: Kylian resterà al Paris Saint-Germain. Non lo venderemo mai né se ne andrà via gratis. Questa è Parigi, la sua città, e questa è la Francia, il suo paese. La sua missione non è solo quella di essere un calciatore ma anche quella di promuovere la Ligue 1, il suo paese e la sua capitale» disse in una lunga intervista rilasciata a inizio giugno a L’Equipe.

Il richiamo ai vincoli dell’identità e dell’appartenenza, geografica e culturale ma non solo, non era stato casuale, soprattutto in un momento in cui erano appena iniziate le trattative per un prolungamento di contratto. Nell’estate del 2022, infatti, sarebbe stato necessario l’intervento del presidente Emmanuel Macron (tra l’altro tifosissimo del Marsiglia) per convincere Mbappé ad accettare l’offerta di rinnovo del Psg: «Con il presidente ci siamo sentiti diverse volte tra dicembre e marzo. Lui mi ha detto una cosa del tipo: “So che tu vorresti andare via, ma voglio che tu sappia che tu sei importante per la Francia e mi dispiacerebbe che tu partissi. Hai la possibilità di rimanere e di fare la storia qui. Pensaci. Tutti ti amano”. Devo dire che l’ho apprezzato anche se a ripensarci è folle: un presidente di una nazione che ti telefona e ti chiede di restare» avrebbe poi raccontato Kylian a Sports Illustrated dieci giorni dopo la finale mondiale persa contro l’Argentina di Messi in Qatar.

L’annuncio della firma venne dato con questo tweet pochi minuti prima dell’ultima partita di campionato contro il Metz, finita 5-0 e con Mbappé che aveva festeggiato con una tripletta e il titolo di capocannoniere il più ricco contratto mai firmato nella storia del calcio, oltre che uno tra i più remunerativi nella storia dello sport professionistico. I dettagli vennero svelati a fine ottobre dal quotidiano Le Parisien: accordo di due anni con opzione per il terzo da 216 milioni lordi complessivi, un bonus alla firma di 180 milioni, un ulteriore premio fedeltà da 240 milioni in caso di permanenza fino al 2025 azionando la player option da 80 milioni nel giugno 2024. Un accordo che nel comunicato in cui LaLiga annunciava azioni legali contro il club parigino fu definito «un attacco alla stabilità economica del calcio europeo, che mette a rischio centinaia di posti di lavoro oltre che l’integrità di questo sport, non solo nelle competizioni europee ma anche nei campionati nazionali».

Dei 636 milioni di euro che avrebbe percepito semplicemente accettando questo status quo di primus inter pares, Mbappé ne lascerà sul tavolo poco più di 170 pur di essere libero di andare dove vuole, e a parametro zero, già a partire dalla prossima estate. La notizia, prima sussurrata e poi ufficializzata da David Ornstein con questo breve articolo su The Athletic, è che nemmeno quattro anni dopo quella copertina di Marca Kylian Mbappé Lottin non sarà più un giocatore del Psg e che, con tutta probabilità, diventerà il nuovo numero 7 (o 9) a disposizione di Carlo Ancelotti nella stagione 2024/25. Lo avrebbe comunicato lui stesso ad Al-Khelaïfi in persona, interrompendo le trattative che andavano avanti da metà agosto quando, dopo essere stato messo fuori rosa per aver manifestato la volontà di non rinnovare nuovamente il suo contratto, era stato reintegrato in prima squadra a pochi giorni dalla partita contro il Lorient «a seguito di colloqui molto costruttivi con la dirigenza». Anche in questo caso l’annuncio era stato affidato a un tweet piuttosto scarno che, riletto oggi, assomiglia tanto all’epitaffio sulla tomba del calciomercato. O, quantomeno, del calciomercato così come abbiamo imparato a leggerlo, analizzarlo, commentarlo, dalla sentenza Bosman in poi.

Perché Kylian Mbappé questo tipo calciomercato lo ha sconfitto definitivamente. E questo anche se, alla fine, non dovesse andare a Madrid o si trovasse a guadagnare molto meno di quanto avrebbe guadagnato restando al Psg – «Sono il tipo di giocatore che farà soldi ovunque andrà» ammise non senza un certo compiacimento in un’intervista al New York Times. E pure il fatto che ci sia riuscito in così poco tempo rappresenta un dettaglio secondario o comunque marginale rispetto al modo in cui un ragazzo di 25 anni ha ribaltato prospettive, percezioni e rapporti di forza nell’interlocuzione con le società, proiettando lo star power in una nuova dimensione in cui i calciatori di un certo livello sanno di essere gli artefici del proprio destino perché sono loro a essere al centro di tutto, dell’evento sportivo in quanto tale e anche della componente legata al puro intrattenimento e alla comunicazione. Non a caso già a giugno 2023, quando Mbappé aveva dichiarato all’agenzia francese AFP che non avrebbe attivato l’opzione fino al 2025, Ryan O’Hanlon scrisse un lungo pezzo per ESPN in cui il giocatore francese veniva paragonato a LeBron James, Kevin Durant e, più in generale, a tutte quelle stelle della Nba in grado di orientare il mercato di un’intera lega professionistica sulla base delle scelte operate in free agency; Mbappé aveva – anzi, ha – fatto lo stesso all’interno di un mondo in cui, fino ad allora, ruotava tutto attorno all’idea del prezzo del cartellino, a una concezione piuttosto arcaica del possesso secondo cui la volontà dell’atleta, per quanto condizione necessaria per il buon esito di una trattativa, era comunque subordinata all’accordo tra altre due parti. Cioè qualcosa su cui il diretto interessato non poteva avere il pieno controllo. Impensabile nell’epoca dei calciatori che sono prima dei tutto dei brand e che, per questo, hanno degli interessi da tutelare in un arco temporale che comprende anche tutto ciò che viene dopo la fine della carriera agonistica.

Mbappé ha preso questa visione fuori dal mondo e dal tempo e l’ha fatta letteralmente a pezzi, costruendo il suo futuro umano e professionale come se fosse una superstar Nba e trasformando anche il calcio europeo in una players league, un luogo in cui l’empowerment è saldamente nella mani di coloro che fanno vendere biglietti, magliette, abbonamenti alle pay-tv. Quindi nelle mani dei grandi giocatori, appunto. Lo ha fatto persino quando sembrava che non fosse lui ad avere il coltello dalla parte del manico, prigioniero di una gabbia dorata dalla quale, a un certo punto, sembrava impossibile poter fuggire se non attraverso il limbo della Saudi Pro League, che continua a essere la periferia dell’impero nonostante ci siano squadre che possano permettersi di offrire 300 milioni per il cartellino più altri 400 per due anni di contratto; rinnovando il contratto nel 2022 Mbappé non solo aveva strappato delle condizioni a livello economico che non si erano mai viste prima e che difficilmente si sarebbero viste dopo ma era anche riuscito a tenersi aperte una finestra per andare dove voleva e quando voleva. Quindi al Real Madrid – o a un’altra squadra di quel tipo e di quel livello – all’apice del suo prime tecnico, fisico e psicologico: «Nel calcio non sai mai cosa potrebbe succedere. Anche il fatto di non essere mai stato a Madrid ma di sentire che quel posto sia casa tua, o qualcosa del genere» disse a Tariq Panja nel 2022 dopo aver segnato sette gol nelle prime cinque partite della nuova stagione dopo il rinnovo.

In realtà Mbappé sapeva benissimo cosa stava per succedere e soprattutto cosa sarebbe successo nel momento in cui lo avesse voluto. Quel momento è arrivato, quel momento è ora, e lui ha saputo aspettare mentre si creava da solo l’opportunità che aveva sempre sognato. Del resto non si sconfigge il calciomercato senza un’attenta pianificazione.