Fino a oggi, Euro 2024 è stato l’Europeo in cui molte grandi stelle sono rimaste a guardare. Anche a causa di una stagione fisicamente massacrante, che ha visto molti di loro arrivare a disputare 50 e più partite in poco più di 10 mesi. Una dettaglio non da poco e che, al netto della difficoltà di poter osservare partite dal livello tecnico apprezzabile, ha permesso a tanti giocatori di seconda e terza fascia di trovare quello spazio e quella rilevanza internazionale che prima non avevano. Ne abbiamo scelti cinque da altrettante squadre-rivelazione del torneo, provando a ipotizzare gli scenari di calciomercato che potrebbero coinvolgerli nelle prossime settimane una volta che si saranno spente le luci sul torneo in Germania.
Georges Mikautadze – Metz (FRA), Georgia
Quando, dopo sei mesi di vuoto all’Ajax, Georges Mikautadze a gennaio era tornato là dove tutto era cominciato – 25 gol in 33 partite di Ligue 2 nel 2022/23 per riportare il Metz in Ligue 1 appena un anno dopo la retrocessione – la sua storia sembrava essersi definitivamente avviluppata attorno alla narrazione del one season wonder. Le 14 reti e i quattro assist nelle successive 22 partite non hanno evitato ai Les Grenats una nuova retrocessione, ma hanno rimesso Mikautadze al centro del calciomercato estivo, restituendogli uno status che si è consolidato dopo un Europeo da capocannoniere della fase a gironi e con la Georgia sorpresa del torneo. In Francia è ormai un obiettivo di tutte le squadre di medio-alta classifica che non si chiamino Psg (oltre all’Olympique Lyonnais su di lui ci sarebbero anche il Marsiglia di De Zerbi e il Monaco) ma nelle ultime ore è rimbalzata anche la voce che lo vorrebbe diretto a Bologna per sostituire il partente Zirkzee.
Si tratta di una suggestione affascinante anche se è difficile immaginare un giocatore più diverso da Zirkzee del Mikautadze visto in Germania, e non solo per la dimensione fisica: l’attaccante olandese è un calciatore di trama e ordito, dall’eleganza innata e talvolta superflua, in grado di deformare la dimensione spazio-tempo di una partita attraverso la pulizia di ogni singolo gesto tecnico; il georgiano, invece, è un attaccante d’assalto a tutto campo, che la partita la aggredisce attraverso la brutalità dei suoi scatti palla al piede in progressione e che si esalta nel clima da battaglia creato da un sistema costruito su transizioni, intensità, attacco della profondità e pressing feroce. E se qualcuno, dopo questa frase, ha pensato anche ad Antonio Conte e al Napoli del post Osimhen beh, sappiate che qualche giorno fa, in un’intervista a La Repubblica, alla domanda se gli piacerebbe ricostruire in Italia la coppia dei sogni con il gemello Kvaratskhelia, il diretto interessato ha risposto così: «Magari».
Un profilo davvero atipico, ma funzionale
Dávid Hancko – Feyenoord (NED), Slovacchia
Quando fu acquistato nell’estato del 2018 dallo Žilina per una cifra di poco superiore ai tre milioni di euro, Dávid Hancko era uno dei tanti calciatori che Pantaleo Corvino era riuscito a scovare nei mercati minori d’Europa nella speranza di farne l’ennesimo pezzo pregiato della sua collezione di gioielli da player trading. Sei anni dopo, nonostante la parentesi viola non sia stata memorabile – appena cinque presenze nel 2018/19 per 283′ minuti complessivi – sembra che stia per andare effettivamente così, pur se con modalità e tempistiche diverse da quelle che Corvino e o stesso Hancko avevano immaginato all’epoca: dopo una carriera fiorita tra Sparta Praga e Feyenoord, il 26enne difensore slovacco è finito nella lista di Simeone, intenzionato a fare di lui il nuovo Mario Hermoso dell’Atlético Madrid. Il motivo è presto detto: in questi anni Hancko è diventato il prototipo del terzino (sinistro) di una difesa a quattro in grado di riciclarsi con grande successo anche come centrale senza perdere nulla in termini di contribuzione (21 gol e 15 assist nelle ultime tre stagioni), solidità e continuità delle prestazioni.
Una sorta di cosplayer di Joško Gvardiol che, nella Slovacchia di Calzona andata a un Bellingham di distanza dall’eliminare l’Inghilterra di Southgate, è stato il giocatore chiave per consolidare il possesso e far progredire l’azione in verticale nella metà campo avversaria; nel Feyenoord di Arne Slot, incardinato su un 4-2-3-1 molto aggressivo in fase di non possesso, Hancko era invece l’uomo incaricato di tenere alta la linea nonché il primo a uscire in pressione sull’attaccante avversario spalle alla porta. La grande pulizia tecnica dei suoi fondamentali unita a una fisicità imponente (1,88 cm per quasi 90 chili) fanno di lui un obiettivo potenziale per tutte quelle squadre che stanno cercando un braccetto macino di sicuro affidamento per una retroguardia a tre, senza temere di dover pagare lo scotto dell’adattamento a un sistema difensivo così specifico e peculiare. Magari l’Atalanta potrebbe farci un pensierino.
Rubén Vargas
Quando a gennaio il suo trasferimento alla Fiorentina sembrava essere solo una questione di dettagli, Rubén Vargas decise di restare all’Augsburg. Qualche mese dopo in un’intervista alla rivista Kicker spiegò che sebbene lui si sentisse ormai pronto per effettuare lo step decisivo della sua carriera, cambiare squadra a gennaio – con la prospettiva di non giocare subito – non era la scelta giusta in quel momento, soprattutto con gli Europei che si sarebbero disputati di lì a sei mesi. Ora che, a 25 anni da compiere il prossimo 5 agosto, quell’Europeo che tanto aspettava l’ha giocato e da protagonista, con tanto di gol all’Italia nel giant killing degli ottavi di finale, quel salto potrebbe essere finalmente essere spiccato. Anche solo per capire quale sia la sua vera dimensione in un contesto di medio-alto livello dopo cinque stagioni e 151 partite (22 gol e 19 assist complessivi) con la maglia della squadra che lo acquistò appena due anni dopo il suo esordio tra i professionisti nella Super League svizzera con il Lucerna.
Vargas non è un giocatore che va misurato attraverso i numeri – nel 2023/23, per esempio, ha contribuito quasi al 20% delle reti realizzate dall’Augsburg in Bundesliga – ma per il modo in cui riesce a coniugare dinamismo e la qualità in entrambe le fasi di gioco, diventando l’esterno ideale per ogni allenatore che costruisce la risalita del campo sulle connessioni tra gli uomini di fascia che si realizzano attraverso sovrapposizioni e underlapping costanti. In questo senso lo svizzero è un elemento che presenta fortissime vibes da 3-4-3/3-4-2-1 gasperiniano e per questo non dovrebbe stupire se la nuova Fiorentina di Palladino – che nel coaching tree di Gasperini rappresenta oggi uno dei rami più rigogliosi – dovesse fare un altro tentativo, magari per fare di Vargas il secondo trequartista ibrido accanto a Nico González.
Ferdi Kadıoğlu – Fenerbahce (TUR), Turchia
Oggi chi ha un terzino in grado di entrare dentro il campo per consolidare il possesso e far progredire la manovra in verticale nell’ultimo terzo di campo è ricco e lo sa benissimo. Chi non ce l’ha, invece, cerca dal calciomercato delle risposte che però spesso non sono alla portata di tutti dal punto di vista economico. Ed ecco perché Ferdi Kadıoğlu, 24 anni, terzino destrorso schierato a sinistra, può essere la soluzione ideale per chi vuole entrare nel futuro dei uno dei ruoli più importanti del calcio contemporaneo, e senza spendere cifre fuori portata. Kadioglu è nato e cresciuto in Olanda, completando tutta la trafila delle nazionali giovanili prima di trasferirsi al Fenerbahçe nel 2018, richiesto dall’allenatore dell’epoca Phillipp Cocu dopo due ottime stagioni con il NEC Nijmegen. Quel trasferimento ha costituito un vero e proprio spartiacque nella carriera di Kadioglu che da lì è diventato turco – almeno a livello calcistico – a tutti gli effetti: il suo primo – e unico – gol in Nazionale lo ha segnato il 18 novembre 2023, nella storica vittoria per 3-2 contro la Germania all’Olympiastadion di Berlino e da allora è diventato uno dei giocatori chiave della sorprendente Turchia di Vincenzo Montella. Come? Grazie alla sua grande tecnica di base e alla sua multidimensionalità che permette di utilizzarlo da quarto in un 4-3-3, da quinto a tutta fascia in un 3-5-2 e anche da mezzala, in quello che può essere considerata come un’imitazione, riuscita e credibile, di Alexander-Arnold o, se preferite, del Philip Lahm che Guardiola trasformò nel pivote ombra del suo Bayern Monaco.
Kadıoğlu è un giocatore che dà il meglio di sé in un sistema dalle sovrastrutture consolidate in cui le sue doti associative possano mascherare i limiti atletici, ed è quindi il profilo ideale per quelle squadre di alta classifica che hanno bisogno di un solido ricambio per il titolare del ruolo, come per esempio l’Inter – e abbiamo vissuto sulla nostra pelle cosa significhi avere a che fare con un Dimarco svuotato di ogni goccia di energia. Oppure per squadre che sono alla ricerca di una pietra angolare su cui edificare nuove certezze tattiche e tecniche – qualcuno ha detto Juventus?
No, Kadioglu non è ancora del Borussia Dortmund. Ma non è facile dirlo agli youtuber
Jaka Bijol – Udinese (ITA), Slovenia
Non sappiamo se Gokhan Inler, da poco nominato nuovo direttore sportivo dell’Udinese, fosse davanti alla tv il primo luglio, la sera dell’ottavo di finale tra Portogallo e Slovenia. Se lo era immaginiamo che avrà sorriso e non poco mentre assisteva allo statement game di Jaka Bijol, 120 minuti da monolito inscalfibile da chiunque – dal Cristiano Ronaldo triste, solitario y final visto a questi Europei ai più vitali Diogo Jota e Francisco Conceiçao – che lo hanno trasformato nel nuovo oggetto del desiderio nella bottega dei Pozzo. Arrivato in Italia nel 2022 dopo le esperienza con CSKA Mosca e Hannover, in questi anni Bijol è stato uno dei giocatori di culto della bassa Serie A, di quelli che nelle aste settembrine del fantacalcio vengono presi come ottavo o nono difensore del roster nella speranza di massimizzare il rapporto tra spesa e resa. Che, poi, è lo stesso principio alla base delle voci di mercato che oggi lo vedono accostato praticamente a qualsiasi squadra con ambizioni di alta classifica, dal Torino (che può investire parte del ricavato della cessione di Buongiorno) all’Inter fino ad arrivare alla Lazio.
E questo nonostante un 2023/24 funestato da un infortunio che lo ha tenuto fuori per più di tre mesi: nell’Italia calcistica alle prese con il feticismo del 3-5-2 a ogni costo, un elemento come Bijol – forte fisicamente, tra i migliori del campionato nel gioco aereo e nei duelli corpo a corpo – è il must have per qualsiasi squadra cerchi un centrale all’apice del proprio prime tecnico, fisico e psicologico e che sia già avvezzo alle astuzie e alle trappole disseminate lungo le 38 giornate di un torneo che sa essere tatticamente logorante per chiunque. Qualche tempo fa, dopo la vittoria contro il Frosinone in quello che è stato un vero e proprio spareggio salvezza, Bijol ha dichiarato che «questa stagione è stata un’esperienza nuova per me, probabilmente l’annata più difficile della mia carriera, qualcosa che non vorrei trovarmi a ripetere. Per quel che riguarda il futuro staremo a vedere, nel calcio le cose cambiano velocemente e non sai mai cosa ti aspetta».