Grazie a un modello fondato sui giovani e sui tifosi, la J. League sta crescendo come mai prima d’ora

Trasparenza, lungimiranza e biglietti omaggio: è così che la lega giapponese sta vivendo un momento d'oro.

Il fatto che il Guardian abbia dedicato un lungo articolo alla J. League e al suo evidente sviluppo negli ultimi anni, beh, è abbastanza indicativo. Anche se in Italia e in Europa non ha ancora una grande risonanza, infatti, il campionato giapponese sta crescendo come mai prima d’ora. E per diversi motivi. Intanto bisogna partire da un aspetto fondamentale: fin dalla sua fondazione, avvenuta nel 1992, la lega nipponica – insieme alla Federcalcio di Tokyo – ha lavorato affinché uno sviluppo del movimento, inteso a partire dal basso, dai settori giovanili, si affiancasse alla crescita commerciale dei club e quindi del campionato. Lo racconta, manifestando un certo orgoglio, il presidente di lega Yoshikazu Nonomura: «Abbiamo studiato come far giocare i ragazzi e creare un percorso professionale, e questo è un obiettivo per cui i club locali, le scuole e la comunità calcistica giapponese hanno lavorato duramente».

I frutti di questo lavoro condiviso sono evidenti: da anni, ormai, la Nazionale giapponese è una delle più forti del panorama asiatico – di certo è una delle più continue a livello di risultati. Nel frattempo, anche la J. League è cresciuta tantissimo: le 10 squadre fondatrici sono diventate 60, e così adesso la piramide calcistica si compone di tre livelli. «Ora abbiamo una sfida», spiega Nonomura, «dobbiamo capire come espandere il nostro business». In realtà la base di partenza è molto buona: nonostante gli inevitabili contraccolpi legati alla pandemia, il pubblico segue numeroso le partite negli stadi. Al tempo stesso, però, la lega e i club hanno lavorato molto affinché ci fosse una copertura televisiva più ampia. In questo senso, gli accordi con DAZN – licenziatario dei diritti – hanno portato a un aumento delle gare trasmesse in tv: «C’era un solo modo per alimentare  l’interesse intorno al campionato: permettere a più persone possibili di seguire il maggior numero di partite possibili. Ora ci sono diversi club legati a piccoli centri che hanno indici d’ascolto importanti».

Il modello J. League, però, va oltre il lavoro con e sulle piattaforme tv. Dopo la pandemia, i nuovi regolamenti sanitari per gli eventi pubblici hanno infatti indotto la lega a creare un sistema di vendita centralizzato dei biglietti. Un passaggio che ha determinato anche la creazione di un nuovo flusso di biglietti omaggio, soprattutto per le partite che si svolgono allo Stadio Nazionale di Tokyo: un’indagine di mercato del 2023 ha rilevato che il 30% di coloro che hanno ricevuto un ingresso gratis sono tornati a vedere una o più partite di calcio nel corso dell’anno.

Questa crescita corporativa, che appena prima della pandemia ha beneficiato anche della risonanza garantita dall’arrivo di giocatori come Iniesta e Podolski, ha spinto la J. League a fare un passo importante: dalla prossima edizione, il calendario (da sempre spalmato sull’anno solare) si adatterà a quello delle grandi leghe europee. In questo modo le finestre di mercato si allineeranno con quelle dei club più ricchi al mondo, e inoltre i giocatori non dovranno giocare nella torrida estate giapponese. Al di là delle motivazioni che hanno portato a questa storica trasformazione, anche le modalità con cui è avvenuta sono state davvero interessanti: l’intero processo è stato raccontato e spiegato all’opinione pubblica e quindi alle società e ai loro tifosi, col tempo anche i club che avranno meno benefici (quelli del Nord del Paese, che in inverno devono fare i conti con un clima molto rigido) alla fine si sono ammorbiditi. In questo senso, Nonomura ha spiegato che «questo tipo di confronto e di discussione è fondamentale per noi: se crediamo che la fanbase sia una parte interessata a quello che succede nella lega, e noi lo crediamo, vogliamo che abbiano fiducia nelle decisioni che prendiamo. E che partecipino, quando possibile».

Il prossimo passo è già stato preparato: nel 2016, infatti, la lega ha aperto la Sports Human Capital, una propria business school in cui si formeranno i dirigenti del futuro. È un modo per allevare in casa coloro che succederanno al presidente Nonomura, che è stato giocatore, poi opinionista televisivo, infine dirigente di club e di lega. Ora un processo del genere sarebbe decisamente più complicato, e lui stesso ne è cosciente: «Se guardiamo ad altri campionati, penso alla MLS, ci manca qualcosa a livello dirigenziale. Questo è uno degli aspetti in cui possiamo crescere, ma è evidente che la J. League abbia raggiunto la sua maturità». Non è poco, non era scontato.

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