Siamo ormai nell’era dei Big Two, perché solo Alcaraz può battere questo Sinner

Le semifinali del Roland Garros, in questo senso, non lasciano alcun dubbio.

La miglior fotografia possibile di quello che è accaduto a Parigi, al Roland Garros, l’ha scattata il giornalista americano Stephen Tignor, uno dei più autorevoli al mondo quando si parla di tennis: «Jannik Sinner», ha scritto, «ha battuto Novak Djokovic al suo stesso gioco». Ecco, non c’era modo migliore per dirlo: nei tre set della seconda semifinale del torneo parigino, abbiamo visto Sinner giocare come Djokovic di qualche anno fa, Sinner che non poteva perdere, Sinner che per ampi tratti del match non ha neanche dato il meglio di sé, d’accordo, eppure alla fine si è preso tutti i punti più importanti. Tutti i punti decisivi. Come se non ci fossero alternative, e in effetti non ce n’erano: in certi momenti della partita Djokovic ha fatto vedere un tennis aggressivo e creativo, praticamente perfetto, tanto che Sinner era praticamente chiuso all’angolo; solo che poi il serbo non è mai riuscito a impadronirsi della partita, Sinner ha sempre, sempre, sempre mantenuto il controllo. Del punteggio, del gioco, di se stesso.

Sinner non ha perso il controllo nemmeno quando Djokovic si è giocato uno, due, tre set point: li ha annullati tutti. Chissà, magari se fosse andata diversamente – eravamo nel terzo set – ora staremmo parlando di un’altra partita. O magari no, e il punto è proprio questo: da un po’ di tempo a questa parte, diciamo un anno e sei mesi con un’interruzione forzata nel mezzo, quella relativa a una sconfitta di Sinner è un’ipotesi che lambisce la fantascienza. Questo discorso vale persino per le partite contro Djokovic. Che non sarà più il fuoriclasse di qualche anno fa, incredibilmente il tempo sta riuscendo a erodere anche lui, ma resta un tennista a dir poco fastidioso. Lo ha detto lo stesso Sinner dopo averlo battuto per la terza volta di fila, la quarta negli ultimi cinque confronti diretti: «Quando giochi contro Nole, non puoi mai rilassarti».

Il bello – o il brutto, a seconda dei punti di vista – è che questa forma di dominio autoritario si sta manifestando come se Sinner non fosse stato fermo da fine gennaio a maggio, come se Sinner avesse vissuto una stagione normale. E allora forse è il caso che il tennis, inteso come disciplina sportiva e comparto di business, ringrazi tutti gli dei per l’esistenza in vita di Carlos Alcaraz. Alcaraz che ha demolito Sinner a Roma nonostante il tennista numero uno al mondo sembrasse ancora più imbattibile di quanto non lo sembri ora, Alcaraz che pare essersi messo alle spalle tutte quelle contraddizioni tecniche e psicologiche che gli avevano tolto il trono del tennis mondiale, un trono che sembrava suo di diritto e invece poi è stato preso da Sinner. Lo abbiamo visto chiaramente lungo il Roland Garros e in occasione della semifinale vinta contro Musetti: il campione murciano, ora come ora, è il favorito numero uno per la vittoria a Parigi. Perché sta benissimo dal punto di vista fisico e mentale, perché ha imparato a reagire ai momenti di difficoltà e ai suoi blackout improvvisi, perché si gioca sulla sua terra rossa, perché di recente – come detto – ha annientato Sinner. A casa sua, per altro.

In virtù di tutto questo, possiamo dirlo: la rivalità Sinner-Alcaraz che sta finalmente nascendo – oppure, per dirla meglio: che si sta finalmente materializzando nel modo in cui ce l’aspettavamo – è una manna dal cielo. Rende e renderà più bello il tennis, esattamente com’è successo tra/con Federer e Nadal, tra/con Federer e Djokovic, tra/con Djokovic e Nadal. Siamo entrati nell’era di due Big Two che sono veramente molto big, che potrebbero essere sfidati da una promettente Next-NextGen in via di manifestazione, va bene, ma che al momento giocano su un altro pianeta. Fino al punto che sembrano potersi battere solo tra di loro, fino al punto che il duello a distanza deve necessariamente evolversi in una lotta corpo a corpo, per poter individuare un vincitore. Il fatto che tutto questo succeda per la finale di un torneo dello Slam, beh, conferma che il tennis sta prendendo la strada giusta, quella che porta verso un decennio di sfide caldissime e appassionanti, di grande bellezza e di crescita/evoluzione del gioco. Sembrava non potesse più accadere dopo gli anni dei Big Three/Four, e invece non è così. Non lo è mai, per fortuna.

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