La CONCACAF ha rifiutato la domanda di adesione della Groenlandia e non ha spiegato perché

Sia i club che le Nazionali dell'isola più grande del mondo, quindi, non potranno affrontare gare ufficialmente riconosciute a livello continentale.

A vedere il calcio usato come leva politica, ormai, siamo avvezzi. Gli esempi sono molteplici, a cominciare dal mastodontico – assegnazioni dei Mondiali (2022 e 2036) a Qatar e Arabia Saudita per palesi operazioni di sportwashing. Ecco, forse lo siamo un po’ meno quando si parla di un Paese – o meglio: di un’isola – dove la tradizione calcistica è quantomeno limitata. Perché limitati, proprio dal punto di vista geografico, sono gli spazi in cui si può giocare. Si tratta della Groenlandia, una terra di prati e ghiaccio in mezzo all’Atlantico vicino al circolo polare artic, che ha fatto domanda di adesione alla CONCACAF, la confederazione calcistica nordamericana. Una richiesta però rifiutata, per un motivo non meglio specificato. Da tempo, infatti, la Groenlandia – che politicamente è parte del Regno di Danimarca, ma è dotata di ampie concessioni amministrative – è nelle mire del presidente statunitense Donald Trump. Che non ha negato, forse per boutade o forse no, di volerne fare il prossimo stato degli USA.

Come riportato da The Athletic, il presidente del KAK – la federazione groenlandese – Kenneth Kleist ha raccontato di non aver ricevuto grosse spiegazioni. Lo ha spiegato un comunicato ufficiale: «Ci hanno mandato una breve lettera firmata dal Segretario Generale Philippe Moggio con il rifiuto della nostra domanda di adesione alla CONCACAF come 42esimo membro. Utilizzeremo le prossime 24 ore per valutare la situazione e discutere internamente come gestiremo la decisione, ma per ora possiamo dire che questa non è una vittoria per la democrazia calcistica, non rende il calcio accessibile a tutti a livello globale e dimostra che le nazioni più piccole stanno affrontando enormi difficoltà nell’ottenere il permesso di giocare sotto la propria bandiera».

Insomma, la KAK prevede di ricevere e fornire ulteriori aggiornamenti sulla vicenda nei prossimi giorni, ma resta un duro colpo per le speranze della Groenlandia di essere riconosciuta come membro della FIFA. A febbraio, Kleist aveva dichiarato sempre a The Athletic che un rifiuto da parte della CONCACAF avrebbe rappresentato una battuta d’arresto significativa. Se la Confederazione del Nord e Centro America avesse approvato la domanda della Groenlandia, quest’ultima avrebbe potuto partecipare ai tornei ufficiali della confederazione. Allo stato attuale, quindi, la Groenlandia continuerà a non avere accesso a gare ufficiali, sia a livello senior che giovanile.

La situazione diventa ancora più pesante pure perché il presidente Kleist, a febbraio scorso, aveva affermato che la sua Federazione non avrebbe presentato domanda di adesione ad altre Confederazioni – le possibilità di entrare nell’UEFA sono davvero minime. L’unica alternativa, quindi, è continuare a tenere rapporti con le Federazioni calcistiche di Danimarca e Islanda, in modo da organizzare amichevoli a livello giovanile e senior. È poco, è davvero troppo poco. «Vorrei che i club groenlandesi», aveva detto Kleist, «avessero la possibilità di giocare anche contro altri club, in modo da far crescere l’intero movimento».

Anche l’allenatore della nazionale, Morten Rutkjær, ha più volte sottolineato che unirsi alla CONCACAF avrebbe dato ai suoi giocatori – e alle future generazioni della Groenlandia – un obiettivo, una ragione per giocare: «Potrebbe dare un senso all’allenamento, al mantenimento della condizione fisica. Esasere membri della CONCACAF sarebbe importante perché i bambini avranno qualcosa da sognare, magari far parte della Nazionale e giocare contro grandi avversari. Per noi avrebbe un enorme significato».

Da un punto di vista logistico e infrastrutturale, le speranze della Groenlandia di essere accettata come membro della CONCACAF si sono rivelate difficili da realizzare. La Groenlandia è l’isola più grande del mondo e fa parte del Nord America. E poi, come detto, le dichiarazioni di Trump hanno acceso troppo i riflettori su questo possibile ingresso, trasformando l’intero processo in una polemica politica. A Kleist era stato domandato se la situazione avesse in qualche modo ostacolato il progetto: «È molto difficile rispondere. Per certi versi il contesto sta un po’ danneggiando la nostra posizione, perché ci sono così tanti giornalisti del mondo del calcio che parlano con Trump e gli chiedono di noi e della CONCACAF. Ma nel complesso, penso che sia un bene per noi, perché tutti parlano del futuro dell’isola». Il futuro calcistico del Paese resta quanto mai incerto. In questo momento ogni speranza di entrare nella FIFA attraverso la Concacaf è stata congelata. Un paradosso nella terra dei ghiacci.

Leggi anche