Jorge Campos ha raccontato come realizzava le sue divise da portiere personalizzate, le più sgargianti degli anni Novanta

Un'immagine di calcio nata sulla tavola da surf, per sentirsi a casa e senza alcuna intenzione di scioccare.
di Redazione Undici 11 Giugno 2025 alle 18:37

Immaginate se Jorge Campos avesse giocato nell’era dei social: sarebbe stato un influencer potentissimo. In ogni caso, il portiere (ma anche attaccante) messicano ha segnato l’immaginario estetico di un’epoca, fatta di fantasie shocking e arditi esperimenti cromatici (più si osava, più l’impatto in televisione era garantito). Il paradosso è che lui nemmeno aveva tali intenzioni: «Mi è sempre piaciuto il design delle cose, il marketing e l’esposizione mediatica», ha raccontato all’emittente messicano Bolavip. «Tutto è accaduto in modo molto naturale. Non ho mai cercato qualcosa di diverso: volevo sentirmi comodo, indossare qualcosa che mi piacesse e che mi ricordasse il surf sulle spiagge di Acapulco dove sono nato», ormai 59 anni fa.

Il risultato è un decennio abbondante di divise che hanno fatto tendenza – dal 1991 al 2003, data del ritiro di Campos dal calcio giocato – sotto il marchio Aca Sports. Una piccola casa di abbigliamento fondata da Daniel Ríos, che oggi ha raccontato a ESPN il dietro le quinte di quell’avventura. «La prima volta mostrai a Campos un set tutt’altro che fluorescente», ricorda. «Poi notò sporgere dal mio borsone altre magliette color neon, rifiutate da altri portieri messicani. Lui le indicò e disse: “Le vestirò io”. Fu l’inizio del repertorio di Jorge Campos. Praticamente rosa, giallo e arancione».

Da lì in poi – erano i primissimi anni Novanta – nacque una partnership vera e propria tra l’imprenditore e il portiere. Fu Campos stesso a suggerire molti interventi grafici, dai colori sfumati alle fantasie a forma di diamante. Secondo Ríos, «è stato difficile trovare un’uniforme diversa per ogni sua partita. Ma ovviamente la sua fama cresceva e questa divenne la nostra specialità: abbiamo fatto quello che dovevamo fare. Così siamo riusciti a consolidare il brand». Con tutte le problematiche dell’epoca, perché i materiali sintetici erano di tutt’altra qualità: pesavano tanto, s’inzuppavano. «Jorge si lamentava sempre quando pioveva», come se avesse addosso un’armatura. «Oggi ci sono nuove tecniche avanzate. In quegli anni dovevamo assemblare le maglie pezzo a pezzo».

Un modello che comunque sfidò il grande calcio almeno fino al 1997, quando i colossi del settore – Adidas, Nike, Puma – iniziarono a fagocitare i marchi più piccoli. Compreso Aca Sports, che oggi non esiste più. Ma ancora continua la collaborazione tra Ríos e Campos, con riproduzioni commemorative di quelle divise che conquistarono la scena durante due Mondiali. Cimeli di nicchia, per tifosi messicani e collezionisti. O per i nostalgici come Jorge, con lo sguardo ancora fisso sulla tavola da surf. Era l’unico modo per portarsela in porta.

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