Per anni pare che il Manchester City abbia utilizzato le super sponsorizzazioni, da parte di aziende legate alla proprietà del club, per aggirare i paletti del fair play finanziario dell’UEFA e della Premier League. Il meccanismo, a quanto sembra, era semplice: se ci fosse stato bisogno di coprire un buco di bilancio, si chiedeva aiuto a Etihad – la compagnia aerea degli Emirati Arabi che già dà il nome allo stadio e che di fatto è di proprietà dello sceicco Mansur, il capo del City Football Group – e le si chiedeva di contribuire. Lo stesso meccanismo si ripeteva anche per altri brand correlati. Una pratica tecnicamente legale e non certo priva di conflitto d’interessi, su cui da sempre sia la UEFA che la Premier hanno storto il naso.
Nei giorni scorso il club e la lega inglese hanno trovato un accordo per evitare che la situazione possa ripetersi. La controversia sulle cosiddette regole delle transazioni con parti correlate (APT, acronimo di associated party transaction) era stata vista come una potenziale sfida all’intero regolamento della Premier League, ma entrambe le parti hanno ora fatto un passo indietro. E quindi il City ha accettato la legittimità delle regole APT nella loro forma attuale. «La Premier League e il Manchester City FC hanno raggiunto un accordo in merito all’arbitrato avviato dal club all’inizio di quest’anno riguardante le regole sulle transazioni con parti correlate (APT), e di conseguenza hanno concordato di interrompere il procedimento», hanno dichiarato le parti in un comunicato congiunto. «Questo accordo pone fine alla disputa tra le parti in merito alle regole APT. Come parte dell’accordo, il Manchester City accetta che le attuali regole APT siano valide e vincolanti. È stato concordato che né la Premier League né il club rilasceranno ulteriori commenti sulla questione».
Lo scorso ottobre, quando un collegio arbitrale aveva stabilito che alcuni aspetti delle regole in vigore erano discriminatori, il City aveva ottenuto una vittoria parziale nella disputa sulle APT. Secondo i giudici, i prestiti concessi dai proprietari ai propri club avrebbero dovuto rientrare nelle regole APT; inoltre, erano stati riscontrati problemi nella modalità con cui i club ricevevano informazioni su cosa potesse costituire il «valore di mercato equo» in un determinato accordo. Dopo aver apportato modifiche per conformarsi alla decisione del collegio, la Premier League aveva sostenuto che ogni problema riguardante le APT fosse stato risolto e che il proprio regolamento fosse adeguato. Tuttavia, il City ha contestato le modifiche della lega e ha avviato un nuovo processo arbitrale quest’anno. È proprio questo secondo procedimento ad essersi ora concluso con un accordo.
Sullo sfondo, però, resta il vero elefante nella stanza, ovvero il processo disciplinare nel quale al Manchester City sono contestate oltre 130 violazioni del regolamento della Premier League. Il procedimento, il cui quadro è rimasto segreto, sembra più lungo del previsto: le prospettive erano di arrivare a una sentenza già quest’estate, ma poi la cosa poi non è avvenuta. Se dovessero essere confermate le accuse, i Citizens rischiano grosso, da forti multe fino alla retrocessione. Ma quella, come detto, è un’altra storia.