Contropiede fulmineo e sterzata da campione. Sinistro che non perdona, palla all’angolo, Juve pure. E quelle mani aperte all’ingiù, come dire: davvero il calcio dei grandi è tutto qui? Eppure quella di Nico Paz, a 21 anni appena compiuti, non è irriverenza. Non può esserlo: troppo ampio il divario fra lui e la stragrande maggioranza della Serie A – colleghi fantasisti, diretti marcatori – e oltremodo disarmante la facilità con cui l’asso argentino del Como semina il panico e le difese. Sono già quattro gol – uno più bello dell’altro – e altrettanti assist in appena sette partite di campionato. Nessuno nemmeno si avvicina alla sua combinata: il capocannoniere Orsolini ne conta cinque e zero, Bonny fa tre più tre. Nessuno è decisivo come lui. E allora ben vengano quelle braccia allargate, a domandarsi dove sia il trucco. Ce lo chiediamo noi e se lo chiede anche Nico.
Se la scorsa annata era stata una promettente anteprima del giocatore del futuro, questo primo spicchio di 2025/26 dice moltissimo del campione che già è. Un cambio di passo da pochissimi eletti, un sinistro vellutato che all’occorrenza sa diventare rabbioso, potente, da centravanti di peso. E una visione di gioco come se ne ammirano soltanto tra le Pampas e il Rio de la Plata, per qualche imperscrutabile ragione. È ancora presto – e non potrebbe essere altrimenti – per affermare che Nico Paz sta seguendo il solco dorato dei suoi connazionali più famosi a livello calcistico, Messi, Maradona, Di Stéfano, ma non lo è affatto – e già questa è tantissima roba – per rivedere in lui alcuni dei colpi di Ortega, Riquelme, Verón e Tévez. «Capisco subito quando un calciatore ha la testa per diventare un top player o se è uno da far bene una stagione e basta», dice di lui Cesc Fàbregas, che di campioni ne ha visti eccome nel corso della sua carriera. «Con Nico sono tranquillo. Lui può arrivare dove vuole».
E il bello è che per quanto l’avvenire sia già apparecchiato, più lui spadroneggia e più il Real Madrid lo aspetta con ansia, Nico Paz dimostra di non avere alcuna intenzione di tirare i remi in barca, di giocare con il freno a mano pur di preservarsi e ragionare già da valore aggiunto dei blancos (tentazione più che comprensibile, questa, figurarsi a vent’anni). Il calcio sa essere crudele. Un infortunio improvviso può stravolgere le più radiose carriere proprio sul più bello. Eppure Paz, con il piacere intrinseco – e sempre più raro, ahinoi – di chi non sa fare a meno del pallone, sembra non preoccuparsene. Gioca per vincere e divertirsi, gioca per essere il migliore ogni domenica e sempre più spesso ci riesce. Come si fa a essere il fuoriclasse del futuro se il presente è qui e ora?
Chi si sfrega le mani, in tutto questo, non può essere che il Como. Sicuramente la piazza ideale attorno a Nico, per farlo crescere senza pressioni addosso. Ma il numero 10 sta rendendo ormai oltre ogni più rosea aspettativa, oltre ogni ragionevole limite d’età – a volte ci si dimentica che questa è soltanto la sua seconda stagione da titolare in un massimo campionato: anche la maturità e la tenuta mentale sono aspetti impressionanti del suo repertorio. Per questo, finché dura e giocherà da noi, Paz va ammirato e acclamato per quello che è. Un talento vincente, una meteora che vale già il Real Madrid, e infatti il club più prestigioso al mondo può aspettare e lo aspetterà. Nico intanto si gode l’attimo almeno quanto gli altri si godono le sue giocate. Non c’è niente di più bello che giocare a calcio per il puro piacere di farlo. E come ci riesce lui, pochi altri. Ieri, oggi e domani.