Anche la storia del calcio ha un suo prezzo. Mica da poco, naturalmente: circa 2 miliardi di reais brasiliani, secondo le ultime stime (l’equivalente di 320 milioni di euro). Così, a fronte di un pesante debito pubblico, lo stato di Rio de Janeiro starebbe valutando perfino la vendita del Maracanã. L’opzione si è profilata in seguito alla votazione della Commissione Costituzione e Giustizia dell’Assemblea legislativa, in merito a un nuovo disegno di legge che autorizza il governo dello stato carioca a dismettere 62 immobili. Tra questi, per l’appunto, ci sarebbe anche il leggendario stadio che nei suoi lunghi anni di servizio ha ospitato 15 partite di Coppa del Mondo – soltato l’Azteca di Città del Messico ne conta di più. Senza contare i campioni che vi sono passati: Zico, Garrincha, Pelé che qui segnò il suo millesimo gol. Brividi in odor di privatizzazione.
La cessione del Maracanã, come spiega la testata locale O Globo, in realtà non è ancora uno scenario così certo: il suddetto disegno di legge è infatti in attesa dell’approvazione definitiva da parte dell’Assemblea plenaria, la quale potrebbe presentare eventuali emendamenti in grado di modificare la lista attuale degli immobili. Eppure non si era mai andati così vicini a un Maracanã di proprietà privata. La notizia sta facendo il giro del Brasile spaccando in due l’opinione pubblica. “Ci sono dei beni immobili che per lo Stato non ha alcun senso mantenere, ma è assurdo includere il Maracanã fra questi”, ha protestato la sinistra radicale della Camera dei deputati brasiliana. “È un sito del patrimonio culturale che non può essere venduto senza almeno un dibattito collettivo sul suo futuro utilizzo e sulle condizioni in cui rimarrebbe a servizio della comunità”.
Si parla d’altronde del fu stadio più grande del mondo – anche se gli attuali 78mila posti sono meno della metà della capienza massima raggiunta –, della quinta attrazione turistica del Paese e di un simbolo di Rio tanto quanto Copacabana o il Cristo Redentor. Eppure c’è chi non disdegnerebbe la sua vendita, a partire dal Flamengo, una delle due formazioni – l’altra è il Fluminense – che gioca le sue partite casalinghe nello storico impianto, con contratto di concessione fino al 2044. Secondo i relatori del disegno di legge, “il Flamengo sarebbe infatti l’unico club con il capitale finanziario e il bacino d’utenza necessari per mantenere in piedi il Maracanã. Si potrebbe anche porre una condizione alla vendita, obbligando altri club a utilizzarlo, previo pagamento del contratto di locazione. Nessun altro però sarebbe in grado di gestire lo stadio”.
E a pesare sul giudizio definitivo c’è anche il grave stato di abbandono – al di là delle fatiscenze dello stadio stesso – in cui versano molte aree attorno al complesso sportivo. Soprattutto il villaggio Maracanã, un insediamento urbano di 1,4 ettari nato come centro di cultura, educazione e integrazione indigena: secondo le autorità sarebbe ormai in preda al degrado e ai soprusi. Anche per questo, i politici carioca guardano con ammirazione la rigenerazione urbanistica nell’area di Wembley in Inghilterra. Sul cui imperituro fascino, rimesso a nuovo di continuo, nessuno ha nulla da obiettare (senza contare gli ingenti ritorni economici che lo stadio londinese oggi garantisce). Il Brasile sogna un percorso simile per il suo tempio più prezioso. Ma dato il punto di partenza, non sarà affatto facile.