Il film Ambra Sabatini. A un metro dal traguardo racconta una grande storia d’amore, non solo la carriera di una fuoriclasse

Abbiamo intervistato la sprinter paralimpica italiana, oro a Tokyo 2021 e protagonista di un docufilm che va ben oltre la biografia di una sportiva.
di Fabio Simonelli 26 Novembre 2025 alle 11:20

Ci sono storie che ci ricordano fragorosamente la nostra fragilità. Se quelle vicende, poi, vengono raccontate accarezzandone l’unicità, diventano dei colpi all’anima pesantissimi. Succede soprattutto quando, come in questo caso, non c’è pietismo, ma la semplice volontà di realizzare un grande prodotto editoriale. Di lanciare un messaggio. Nel pensare al film Ambra Sabatini. A un metro dal traguardo, dedicato alla vicenda di Ambra Sabatini, bicampionessa mondiale e oro paralimpico a Tokyo nei 100 metri categoria T63, il regista Mattia Ramberti non si è concentrato sulla solita storia di riscatto, ma ha tracciato un quadro completo di una delle più grandi atlete paralimpiche italiane della nostra era, anche se parliamo di una ragazza che ha solo 23 anni.

La più felice di tutti è proprio Ambra, che non smette mai di spiegare come i 60 minuti del film siano «un frullato di emozioni condensato, fatto di pianti e gioie sfrenate, di sbuffi, lamentele e delusioni, ma anche tante risate». Quando parla di Ambra Sabatini. A un metro dal traguardo in un’intervista rilasciata a Undici, Sabatini cambia quasi automaticamente il tono di voce, che si fa più soffice. Si sente che lo percepisce come una cosa sua, aspetto non scontato per un documentario sportivo. Anche perché il taglio è profondamente personale. Le immagini mostrano tutto, anche i momenti più complicati, come l’infortunio prima delle Paralimpiadi di Parigi, il lungo e faticoso recupero e soprattutto la sera del 5 giugno 2019.

Ambra era in moto con suo papà, si stava recando all’allenamento di atletica a Grosseto, quando una macchina li ha travolti. «Avevo tanto caldo alla gamba e lasfalto era bollente. La gamba è rimasta incastrata insieme al ginocchio nel montante dellauto. Volevo urlare ma non usciva la voce», rivela Sabatini nel docufilm. «La mia più grande preoccupazione era che potesse sopraggiungere un altro veicolo. Per fortuna alle nostre spalle cera un camion dei vigili del fuoco. Sono stati i miei angeli custodi. Senza di loro, in tre minuti sarei morta, a causa della forte emorragia». Lo racconta in modo calmo e dignitoso, nonostante siano stati gli istanti che le hanno cambiato la vita. La gamba sinistra non ha retto e i medici sono stati costretti ad amputarla. «Dopo pochi mesi mi ero già buttata a mare, perché non me ne fregava di niente e di nessuno» ha spiegato recentemente al Giffoni Film Festival, in occasione della presentazione del film, co-prodotto proprio da Giffoni Innovation Hub insieme a BlackBox e Multimedia.

Da allora la protesi è diventata uno strumento come un altro, tanto che «non la sente neanche più». Dal mezzofondo che praticava prima dell’incidente è passata alla velocità, a quei 100 metri che in un paio d’anni l’hanno portata a scrivere una delle pagine storiche dello sport italiano. La foto al termine della finale di Tokyo, il 4 settembre 2021, è un abbraccio a tutto il movimento paralimpico nazionale: tre amiche, Ambra, Martina Caironi e Monica Contraffatto, sono sfinite. Hanno appena vinto l’oro, l’argento e il bronzo. Si stringono avvolte nella bandiera, sotto la pioggia giapponese che trasforma la scena nel perfetto finale stillato di un anime.

Eppure, se chiedete ad Ambra Sabatini, la vittoria olimpica non è neanche l’impresa a cui tiene di più. Pensa con più affetto a qualche mese prima, quando doveva qualificarsi per quella Paralimpiade e ha corso in 1348 e stabilendo un record mondiale tutt’ora in vigore. A proposito di mondiali: Sabatini ha vinto per due volte il titolo iridato, la prima nel 2023 e di nuovo lo scorso 2 ottobre a Nuova Delhi. «Quando ho tagliato il traguardo e mi sono accorta che ero da sola mi sono detta: “Finalmente!», racconta Sabatini. «Era davvero quello di cui avevo bisogno, ho condotto la gara come piace a me, lasciando andare le avversarie per poi riprenderle e superarle negli ultimi venti metri». Quella indiana è stata una rassegna molto particolare: «Per la prima volta», racconta Ambra, «mi sono ritrovata da sola, senza le mie due guide, Monica (Contraffatto) e Martina (Caironi), avevo paura di sentirmi un po’ smarrita, ma mi sono abituata presto anche grazie alla splendida atmosfera». Sabatini, poi, ha voluto assecondare un’idea temeraria per chiunque tranne che per lei. A New Delhi, infatti, si è cimentata anche nel salto in lungo con discreti risultati. «Sono sicura di poter combinare qualcosa di buono», dice, «quest’anno ho raggiunto i 5 metri e 13, in futuro credo di poter salire sul podio».

Parole non certo di circostanza, perché se Ambra si mette in testa qualcosa, beh, alla fine quella cosa succede. Come quando ha dovuto rinunciare al mezzo fondo per la velocità, perché la protesi da corsa meccanica non garantiva abbastanza sicurezza. Un problema, quello dell’adesione al corpo che a Parigi le è costata un’altra medaglia olimpica. «In primavera ero dimagrita parecchio nella preparazione alla gara, un infortunio alle costole mi aveva debilitata», ricorda Sabatini. «Per riprendere il ritmo ho intensificato gli allenamenti, ma la protesi non si fissava bene. In pista, mentre mi riscaldavo, una valvola ha smesso di funzionare. Prima dello start, in call room, ero agitata perché sentivo passare l’aria sottovuoto e ho provato a segnalare il problema alle autorità che però mi hanno ammonito. A quel punto ho usato del silicone per sigillarla. Nonostante l’intoppo ai blocchi di partenza stavo bene, ma quando ho cominciato a correre mi sono accorta che qualcosa non funzionava. Dovevo iniziare piano, lo sapevo, eppure non riuscivo a recuperare come mio solito, poi la lama si è girata e sono inciampata su Martina. Ero più triste per lei che per me».

Tutti attimi catturati senza filtro nel documentario, che sarà distribuito al cinema – da Adler Entertainment – da oggi fino al 3 dicembre, nella Giornata Internazionale delle persone con disabilità, con un’uscita evento per le scuole. Inoltre Sabatini incontrerà il pubblico in sala in diverse città: Lucca, Firenze, Livorno, Roma, Napoli e Milano. «È meraviglioso, la troupe è riuscita a raccogliere immagini di grande quotidianità in modo assolutamente naturale», spiega Sabatini. «Ogni volta che lo guardo trovo un dettaglio di cui non mi ero resa conto. Mi piace molto come è stato descritto l’avvicinamento a Parigi, mostrando anche l'”ossessione”  per i 100 metri, col senno di poi negativa, perché mi ha spinto a lavorare sempre di rincorsa. Rivedere poi i miei luoghi, da Porto Ercole dove sono cresciuta al centro sportivo della Guardia di Finanza di Castelporziano, è sempre un’emozione». Dopo la vittoria dell’oro mondiale, Ambra ha postato un video su Instagram in cui si vedono tutte le sue cadute, dalle prime gare fino alla Paralimpiade, scrivendo «Fell in love again», “innamorata di nuovo”. «C’è sempre un’altra gara, in qualche modo lo sport restituisce quello che toglie», dice Ambra. «Le delusioni, se metabolizzate, aiutano a sconfiggere le paure e trovare le soluzioni per un domani. A volte lo sport è come una storia d’amore». Come quella che, di fatto, viene raccontato nel film Ambra Sabatini. A un metro dal traguardo.

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