A due giorni dall’inizio della Coppa d’Africa, in programma dal 21 dicembre al 18 gennaio, in Marocco tutti gli occhi sono puntati sui padroni di casa e sul loro commissario tecnico Walid Regragui. Lui lo sa bene. I giornali marocchini sono andati giù pesante: se vuole conservare il suo incarico, non potrà permettersi una controprestazione simile a quella della Coppa d’Africa 2024, chiusa prematuramente agli ottavi di finale dopo la sconfitta contro il Sudafrica per 2-0.
«Vincere la Coppa non è una scelta», ma un obbligo «che si impone», ha ricordato all’AFP Fouzi Lekjaa, presidente della Federazione reale marocchina di calcio. Non a caso il Marocco ha investito circa 1,8 miliardi di euro per rinnovare le proprie infrastrutture e ospitare la competizione continentale con l’ambizione di offrirne la migliore edizione di sempre. Un obiettivo realistico solo se la nazionale di casa arriverà fino in fondo, cosa che non accade dal 1976, un’anomalia se si considera il bacino di talenti marocchino e i risultati ottenuti dalle altre selezioni nazionali. Nel 2025, infatti, il Marocco ha conquistato il Mondiale Under 20, la Coppa d’Africa Under 17 e la Coppa Araba. Gli ultimi due trofei portano la firma di Tarik Sektioui, commissario tecnico della selezione A’, l’ex squadra riserve. Nominato nel 2024, il coach 48enne ha già costruito un palmarès di grande prestigio alla guida dell’anticamera della nazionale maggiore. In precedenza, alla testa della selezione olimpica, aveva contribuito allo splendido percorso allle Olimpiadi di Parigi 2024, culminato con una storica medaglia di bronzo.
A meno di quattro mesi dal trionfo nel CHAN, competizione riservata ai giocatori che militano nei campionati africani, Sektioui ha dunque riportato al Marocco la seconda Coppa Araba della sua storia, vincendo giovedì una finale rocambolesca contro la Giordania, decisa ai tempi supplementari per 3-2. Di fronte a una tale serie di successi, molti protagonisti e osservatori del calcio locale ritengono che il nativo di Fès dovrebbe succedere a Regragui, in carica dal 2022, nel caso in cui la nazionale maggiore fallisse la Coppa d’Africa.
Ieri nei corridoi del palazzo di marmo che ospita le conferenze stampa, Regragui ha evitato di raccogliere le frecciate di alcuni osservatori locali, che ricordavano i successi recenti delle altre selezioni nazionali. «Non ho alcuna pressione», ha tuonato Regragui. «Il calcio va vissuto, soprattutto una competizione speciale come questa. Quando allenavo il Wydad Casablanca e parlavo ai miei giocatori in campo, non mi sentivano per quanto l’atmosfera fosse folle. È quello che voglio a ogni partita». A ottobre l’ultimo derby di Casablanca tra Wydad e Raja si era chiuso con tantissimo fumo, dato dai fumogeni, ma con poco arrosto, visto che era uscito uno 0-0. Domenica sera, contro le Comore, i giochi pirotecnici sarà richiesta sul campo. «Dal mio arrivo ho dovuto cambiare la mentalità», ha spiegato il ct. «Prima l’obiettivo era rappresentare la bandiera, onorare i colori. Pareggiare contro grandi squadre al Mondiale andava bene. Oggi abbiamo fiducia nelle nostre capacità e pensiamo alla vittoria. Vogliamo vincere questa Coppa d’Africa davanti al nostro pubblico e nel modo più bello possibile. Poi verrà il Mondiale 2026 e quindi quello del 2030 in casa».
La squadra di Regragui è sogna in grande, considerando anche il quarto posto al mondiale 2022. Il ct ha sorriso quando gli è stato chiesto del suo progetto di gioco: «Vedrete molto possesso palla, cosa che non avevamo in Qatar. L’idea di un Marocco che si limita a difendere contro la Spagna negli ottavi del 2022 me la porterò dietro per tutta la carriera, ma non importa. Abbiamo avuto il miglior attacco della zona Africa nelle qualificazioni e un record di vittorie consecutive, diciotto: i numeri parlano da soli». E poi ci sono tutti i talenti che il ct ha accompagnato e valorizzato nel suo collettivo negli ultimi due anni: Brahim Diaz, Ismael Saibari, Ilias Akhomach e Abde Ezzalzouli, Ben Seghir, Chemsdine Talbi. Benché non tutti riescano a giocare con continuità, ora avranno però un’occasione straordinaria per entusiasmare famiglie e folle e per lastricare la strada verso un futuro luminoso in vista del 2030. Interrogato sulle conferme attese e sui compagni, capitan Hakimi ha risposto con una filosofia alla Luis Enrique, poco incline ai supereroi: «L’ho visto anche nel mio club, il collettivo è più forte delle individualità. Bisognerà controllare le emozioni, rispettare l’avversario e poi sappiamo cosa fare con il pallone». Il terzino del PSG ha ancora ben presente l’eliminazione contro il Sudafrica, segnata dal suo rigore sbagliato. Il popolo marocchino, però, non teme lo stato d’animo di Hakimi, quanto piuttosto sulla sua caviglia sinistra. Sta meglio, anche se non abbastanza da partire titolare contro le Comore, e questo tema di conversazione concede a Regragui un attimo di respiro, con il suo stile e il suo futuro che passano in secondo piano rispetto alla salute del capitano dei Leoni. Almeno fino a stasera, quando tutta questa tensione potrà essere finalmente rilasciata.