La saetta sul campionato era arrivata alla prima giornata: alzi la mano chi all’epoca (Verona-Napoli 3-0) avrebbe scommesso sullo scudetto degli uomini di Conte. Ma anche, alla vigilia di quella partita, in quanti ritenevano la salvezza dell’Hellas un traguardo alla portata. Forse la sola linea gerarchica gialloblù: Maurizio Setti – ormai ex presidente –, Sean Sogliano e Paolo Zanetti. Che da subito sono riusciti a convincere i rispettivi giocatori della fattabilità dell’impresa. E pazienza se Lazovic e compagni rappresentano la rosa meno pagata dell’intera Serie A.
A conti fatti, il dato è notevolissimo. il monte ingaggi del Verona – fonte Calcio e Finanza – non supera i 18 milioni di euro. Insieme al Napoli campione e al terzo posto dell’Atalanta è l’unico grande ribaltone, numeri alla mano, rispetto alla griglia di partenza determinata dagli stipendi lordi aggregati. Qualche esempio sparso: subito sopra l’Hellas ci sono Venezia (19,2 milioni) ed Empoli (20,4), poi retrocesse esattamente con quest’ordine in graduatoria. Lo stesso vale per il diciassettesimo posto del Lecce (21,5) e il decimo del Como 38,1 milioni, lievitati a stagione in corso), che tanto sorpresa non doveva essere. In negativo hanno invece sottoperformato l’ultimissimo Monza (dodicesimo per monte ingaggi, 35 milioni), il Milan (terzo con 104,3) e la Lazio (sesta a 68,2), entrambe fuori dalle coppe. In cima a tutti – beffata sul campo al fotofinish – ecco l’Inter: 141,7 milioni di euro complessivi. Quasi dieci volte il budget dell’Hellas, per poco più del doppio dei punti in classifica – anche se la crescita dei due fattori, a un certo punto, non è più lineare. Per intenderci, in ogni caso: i 9 milioni percepiti da Lautaro valgono la metà della squadra di Zanetti.
Una sfida al calcio. E un’altra gestione da manuale targata Sogliano: puntualmente, il direttore sportivo gialloblù riesce a smontare la squadra, passare all’incasso e ricostruire puntellando ogni reparto con giovanissimi e giocatori sconosciuti dal fascino esotico (Rocha Livramento, chi era costui?). Il risultato è che l’Hellas riesce a farsi strada laddove finanziariamente gli sarebbe precluso, mantenendo i conti societari in ordine esemplare. Il bilancio d’esercizio a giugno 2024, con patron Setti pronto a passare il testimone al fondo americano Presidio Investors, s’era chiuso con un utile da quasi 4 milioni di euro (quando la sessione precedente recitava -19,9). E un conto è vendere un club fortemente in rosso, ben altra storia è presentarsi ai futuri acquirenti sfoggiando il segno più: soltanto altre cinque squadre di Serie A – Napoli, Lazio, Lecce, Atalanta, Milan – oggi possono dire altrettanto.
In tutto questo, il Verona ha continuato pure a cedere pezzi pregiati. A partire da Reda Belahyane, subito valorizzato a centrocampo da Zanetti e anche lui venduto ai biancocelesti di Baroni – sei mesi dopo Tijjani Noslin. A dicembre, l’allenatore vicentino era stato perfino esonerato per ventiquattr’ore o poco più: quello che all’epoca sembrò un richiamo al timone per mancanza di alternative, a fine stagione s’è rivelato un capolavoro per due. Nonostante le numerose sconfitte (21, di più soltanto il Monza), i gol subiti e una differenza reti a dir poco negativa (66 e -32) che avrebbero schiacciato chiunque. Tante cose al Bentegodi sembrano, e forse sono davvero. Solo che l’Hellas non lo sa, e alla fine si salva lo stesso.