Lasciatevi sedurre anche voi da Reda Belahyane

Il ventenne centrocampista del Verona è sbucato fuori all'improvviso, più o meno dal nulla, ma ha già acceso la nostra fantasia.

Se sei dentro un treno che va molto veloce e che è ancora lontano dalla prossima fermata, è difficilissimo distinguere un dettaglio del paesaggio – il colore della porta di una villetta, la razza di un cane che cammina per strada, cosa c’è scritto sull’insegna di un negozio o su un cartello stradale. Ecco, questo discorso è valido anche per chi tifa o comunque segue l’Hellas Verona: se sei sulla giostra di calciomercato ideata e assemblata dal direttore sportivo Sean Sogliano, una giostra che va molto veloce e che in pratica non può fermarsi mai, è difficilissimo accorgersi di un giovane talento. O meglio: puoi accorgertene, alla fine te ne accorgi perché è inevitabile, ma nel frattempo quel talento è già stato portato via o è sul punto di andarsene. È successo con Ngonge, Hien, Doig, Cabal, Noslin. E succederà ancora con altri diamanti grezzi estratti dagli scout che lavorano in miniera, lo abbiamo capito nelle prime gare della stagione che è appena iniziata. Il nome più caldo, in questo senso, è quello di Reda Belahyane.

Uno dei giochini più frequenti – ma anche più inutili – del giornalismo sportivo è quello del “nuovo XXXX”. È semplice a dirsi e a farsi: le X vanno sostituite con il nome di un buon/grande giocatore del passato che in qualche modo somiglia al giovane talento di cui si sta parlando. Per dire: quante volte abbiamo sentito parlare del nuovo Messi, del nuovo Pirlo o del nuovo Buffon? Ecco, con Reda Belahyane questo giochino non si può fare. Perché il centrocampista del Verona somiglia a diversi suoi predecessori, più che a un solo grande giocatore del presente e/o del passato. Ha alcune movenze di Lobotka, soprattutto quando slalomeggia tra gli avversari, ma porta di più la palla, utilizza dei trick più creativi ed è più rude quando deve andare a contrasto; può ricordare Bennacer per la sua fisicità, per il suo baricentro basso e la tendenza a farsi vedere per ricevere la sfera e ripulirla, ma intanto preferisce giocare col destro, e poi il suo incedere è più elegante, sì, ma è meno rapido e deciso; i suoi passaggi per i compagni e i movimenti immediati per chiudere lo scambio hanno un che di Jorginho, ma Belahyane è più a suo agio nel corpo a corpo e smista la palla anche su linee più lunghe, con traiettorie a mezz’altezza.

Ovviamente tutti questi paragoni illustri vanno letti e metabolizzati per quello che sono, vale a dire suggestioni in libertà dopo tre giornate di campionato. Nel senso: Belahyane ha uno status ancora lontano rispetto a quelli di Lobotka, Bennacer e Jorginho, e ci mancherebbe altro. È solo che i suoi primi assaggi veri di Serie A sono stati così promettenti, così luccicanti, che era difficile non accorgersi di lui, non rimanere a bocca aperta – e infatti su Twitter ci sono già gli highlights personali delle partite giocate contro Napoli e Genoa. Poi, come detto, Sogliano sembra aver scovato un calciatore che somiglia a tutti e quindi a nessuno. E che, come se non bastasse, gioca in modo brillante, coraggioso, si può dire anche sfacciato. Non a caso, viene da dire, Paolo Zanetti ha parlato di lui in questo modo: «Mi ha impressionato fin da subito per la personalità e la sfrontatezza con cui va su tutti i campi».

Questa frase sembra esagerata, ma non lo è: contro il Napoli Belahyane è entrato al minuto 20′ a causa dell’infortunio di Serdar, eppure ci ha messo pochi istanti a prendere il controllo del centrocampo, a imporsi come leader della sua squadra e sui suoi avversari diretti, Lobotka e Anguissa. A Marassi contro il Genoa, invece, le prime giocate della sua partita – nel mentre Zanetti l’ha promosso a titolare, infatti l’ha schierato dall’inizio anche contro la Juve – sono stati dei dribbling con la palla attaccata al piede nella sua trequarti difensiva, cioè si è messo a passare attraverso i corpi degli avversari laddove sette calciatori su dieci, facciamo anche otto, avrebbero spazzato via il pallone senza fare complimenti.

Anche tutto il resto non è male

Quando un giocatore nato nel 2004 fa vedere certe cose alla sua quinta presenza in Serie A, alle tre di quest’anno vanno aggiunti due spezzoni della stagione scorsa contro Juventus e Inter, è inevitabile chiedersi: ma questo da dove arriva? E perché ci siamo accorti di lui soltanto adesso? La verità, molto semplicemente, è che questa è la grande forza di Sean Sogliano, del suo modello di mercato: il diesse del Verona scova e riconosce il talento prima degli altri e fa in modo di accaparrarselo, mentre incassa una plusvalenza sta già costruendo quella successiva e sta già architettando quella dopo ancora. E poi c’è un altro aspetto da tenere in considerazione: come detto Belahyane è nella rosa dell’Hellas da nove mesi e l’ex tecnico Baroni non ha puntato su di lui, ma anche le presenze accumulate con la prima squadra del Nizza erano appena otto. Di cui una, soltanto una, da titolare. E quindi non è giusto essere troppo severi con noi stessi: in fondo come avremmo potuto o dovuto accorgerci di Belahyane? Guardando la quinta divisione francese, dove ha messo insieme 35 apparizioni?

La risposta a quest’ultima domanda è sì, nel senso che bisogna rendere onore al merito. Bisogna celebrare Sogliano e i suoi osservatori, la loro capacità di scandagliare il mercato, tutto il mercato, fino a trovare pepite così nascoste. Poi è chiaro, anche il lavoro del Nizza ha avuto un certo impatto: il club della Costa Azzurra ha messo sotto contratto Belahyane nel 2019 e al termine di un lungo giro, un giro iniziato da alcuni club parigini – anche il centrocampista del Verona è nato e cresciuto in quell’immenso bacino di talenti che è l’Île de France – come Olympique Paris e Red Star e che l’ha portato anche a entrare nel centro tecnico di Clairefontaine; due anni dopo, nel 2021, Belahyane ha firmato il suo primo contratto da professionista e ha iniziato a frequentare la squadra riserve, infine è stato aggregato a quella senior. Non è riuscito a lasciare il segno, ok, ma si è guadagnato la chiamata nella Francia Under 18, con cui ha vinto i Giochi del Mediterraneo del 2022. Un anno e mezzo dopo, cioè a gennaio scorso, si è arrivata quella del Verona.

Nella stessa intervista in cui ha parlato della personalità e della sfrontatezza di Belahyane, Paolo Zanetti ha detto che «sentiremo parlare sicuramente di lui, è un crack». Ecco, diciamo che le sensazioni vanno più o meno in quella direzione. Ma c’è un altro aspetto che, a pensarci bene, è ancora più interessante: Belahyane è appena sbucato fuori dal nulla, l’abbiamo raccontato, eppure non è assurdo immaginare che abbia inaugurato una tendenza, per il nostro calcio. Quella per cui il centrocampista centrale – il regista, come amiamo definirlo in Italia – di qualsiasi squadra, anche di una squadra che lotta per la salvezza, può essere un giocatore creativo e ambizioso, può muovere il pallone e dettare i tempi senza essere per forze una sorta di quarterback che lancia sempre lungo, sempre in avanti, può difendere in modo fisico e aggressivo e anche attraverso il possesso, può avere un baricentro basso o comunque un fisico non troppo prestante, ma questo non vuol dire che sia poco efficace nei contrasti. In Europa è già stato avvistato qualche esemplare del genere: si tratta di Moisés Caicedo (Chelsea), João Neves (PSG), Alan Varela (Porto), tutti mediani in grado di governare il gioco – tecnicamente, ma anche fisicamente – attraverso la qualità e la velocità, senza possedere un corpo torreggiante. In Italia, da sempre e anche oggi, questo prototipo di calciatore viene percepito come una specie di freak, e a dimostrarlo c’è il modo in cui parliamo di Jorginho, di Bennacer, di Lobotka. Magari l’arrivo di Reda Belahyane servirà a cambiare questo stato di cose, anche se il suo passaggio rischia seriamente di essere troppo veloce. Proprio come quello di un treno.