Il momento di Bernardeschi

Il passaggio alla Juventus come occasione di crescita e affermazione: perché puntare sul 23enne della Fiorentina.

Dopo la frenata su Schick, la Juventus è sempre più intenzionata a regalare a Massimiliano Allegri un giocatore polivalente, in grado di ricoprire tutti i ruoli del nuovo sistema offensivo: identikit che corrisponde perfettamente al nome di Federico Bernardeschi. Esterno offensivo dal mancino naturale (e che, alla bisogna, è in grado di agire da trequartista puro alle spalle dell’unica punta) è il tassello che manca al tecnico livornese per poter avere la piena disponibilità di moduli anche molto diversi tra loro, senza la necessità di dover continuamente rimodulare le caratteristiche di determinati giocatori.

Del resto, al di là dei numeri in costante ascesa (14 gol in 42 presenze complessive), la stagione che ha spostato il piano di tutti i discorsi “con” e “su” Bernardeschi è stata figlia di un’evoluzione e di un miglioramento costante, con il picco prestazionale raggiunto nel momento in cui Paulo Sousa ha deciso di impiegarlo in zona centrale, nei trenta metri finali di campo, quelli dove si decidono le partite, sgravandolo dai compiti tattici tipici dell’esterno a tutta fascia nel 3-5-2 che non avevano fatto altro che accentuarne le difficoltà quando si trattava di correre all’indietro come dimostra il dato sulle azioni difensive di media a partita (appena una) e l’appena il 30% di contrasti vinti. La partita chiave in questo senso è la trasferta di Cagliari del 23 ottobre, una gara destinata a diventare il plot twist della sua carriera: disposto alla stessa altezza di Ilicic a supporto di Kalinic, Bernardeschi ritrova la sua naturale dimensione tecnica e, doppietta a parte, dimostra come possa essere molto più incisivo e decisivo attaccando l’ultimo terzo di campo, magari partendo dall’esterno sfruttando le sue doti nell’uno contro uno (oltre il 60% di dribbling riusciti in stagione).

La heatmap di Bernardeschi (a sinistra) nella partita con il Cagliari mostra chiaramente come il 10 della Fiorentina prediliga svariare lungo tutto l’arco della trequarti offensiva avversaria, con una lieve predilezione per il centro-sinistra. La mappa relativa ai passaggi (a destra), è esemplificativa di come, in quella posizione, il giovane carrarese sia molto più nel vivo del gioco, tanto in  fase di prima costruzione che di rifinitura: alla fine, al netto della doppietta in 45’, saranno tre le occasioni da rete create, con una pass accuracy complessiva dell’86%

Dalla gara del Sant’Elia in avanti Bernardeschi diventa l’elemento in grado di cambiare il ritmo e la musicalità della manovra della Fiorentina, sia dal punto di vista della progressione verticale che dell’ampiezza vera e propria, aprendo spazi per gli altri con corse “a uscire” continue e profonde e giovandosi della generosità battagliera di Kalinic per aprirsi il varco decisivo partendo dal lato debole. I benefici, al di là della continuità realizzativa (saranno sei le reti in campionato fino alla pausa natalizia, su un totale di 11 in 32 gare), sono evidenti: impiegato tra le linee, e in condizione di totale libertà d’azione, il carrarese è in grado di massimizzare le sue qualità di lettura soprattutto quando si tratta di dare un senso dinamico a quello che fa, cucendo il gioco (saranno cinque gli assist e 57 i passaggi chiave in stagione, con una precisione nel tocco del 76%) e migliorando la dimensione verticale dello stesso (il 56% dei passaggi effettuati è in avanti), oltre che a sfruttare al meglio il tiro da fuori, vale a dire ciò che in questo momento lo distingue da qualsiasi altro giocatore della Serie A (la metà dei suoi gol è arrivata grazie alle conclusioni dalla distanza, con una shot accuracy del 62.5%) mettendolo su diverso piano di valutazione.

Il 2016/17 di Bernardeschi

Il passaggio alla Juventus sarà fondamentale per capire le reali prospettive che Bernardeschi può avere in una squadra di vertice. Soprattutto in una realtà, come quella bianconera, in cui il plenipotenziario del ruolo più gradito è quel Paulo Dybala che appare molto più a suo agio come enganche classico (al netto di un numero paritetico di occasioni da rete create), deformando la dimensione spazio-temporale della partita attraverso i suoi tocchi contro-intuitivi che annullano la distanza che passa tra azione e reazione; Bernardeschi, invece, quando ha il pallone tra i piedi, tende a fidarsi un po’ troppo della sua elasticità muscolare e preferisce aspettare quella frazione di secondo in più per non sbagliare la giocata che aveva pensato. Un dettaglio che risalta negativamente quando si trova ad affrontare quei difensori abituati ad aggredire in avanti e a rischiare l’anticipo forte rompendo la linea.

Probabile, quindi, che, almeno inizialmente, Allegri decida di utilizzarlo come esterno offensivo classico, con presupposti e conseguenze diverse a seconda del lato: schierato a destra, in alternativa a Cuadrado, Bernardeschi potrebbe puntare maggiormente la porta andando con continuità sul suo piede forte, ma dovrebbe migliorare di molto la sua fase passiva (il colombiano, nell’ultima Serie A, ha effettuato il quadruplo dei suoi recuperi difensivi) per non compromettere la sussistenza di quei contrappesi che tanto bene hanno funzionato nel 2016/17; operando sul lato sinistro, l’ex crotonese potrebbe fornire una soluzione in più dal punto di vista creativo e di cambio di passo anche da quella parte, ma si troverebbe in difficoltà nel momento in cui dovesse trovarsi a convergere a causa dell’evidente idiosincrasia nell’utilizzo del piede destro.

Con il diretto avversario costantemente preoccupato delle sue qualità di rientro sul piede forte, il Bernardeschi che gioca da esterno offensivo destro aumenta esponenzialmente la pericolosità e la varietà di soluzioni offensive

A lungo andare, perciò, la soluzione ideale potrebbe essere ancora una volta quella del “doppio 10” alle spalle di Higuaín, con Bernardeschi e Dybala ad alternarsi l’un l’altro in fase di rifinitura e attacco della profondità aperta dal movimento del centravanti e con Pjanic deputato a far progredire l’azione in verticale nel più breve tempo possibile con i suoi brevettati passaggi in uscita: una situazione che Federico ha sperimentato già nella seconda parte dell’ultimo campionato quando ha saputo trarre il meglio dalla bromance tecnica ed emotiva con Ilicic. Difficilmente praticabile, invece, l’ipotesi che lo vede impiegato come prima punta sui generis in un 4-3-3 atipico, come accaduto sporadicamente agli ultimi Europei Under 21: in assenza un numero 9 che sia fisicamente valido (come possono esserlo lo stesso Higuaín o il “solito” Mario Mandzukic), infatti, la Juventus ha mostrato svariate le lacune, soprattutto contro squadre che alzavano il ritmo del pressing e impedivano una trasmissione della palla pulita e veloce.