Il curioso allenamento dell’Ajax negli anni Novanta

di Redazione Undici

A metà degli anni Novanta, l’Ajax era una delle superpotenze del calcio europeo. Nel 1994/95 vinse la Champions League, battendo in finale il Milan con un gol di Kluivert, mentre l’anno successivo sfiorò il bis, ma nell’epilogo di Roma fu sconfitta ai calci di rigore dalla Juventus. Da quella squadra sono passati alcuni dei giocatori olandesi più forti dell’epoca: Edwin van der Sar, Frank de Boer, Clarence Seedorf, Edgar Davids, Marc Overmars, per citare i più importanti. È stata l’ultima versione di un Ajax competitivo in Europa – prima che la sentenza Bosman ne compromettesse le ambizioni – fino allo scorso anno, quando la squadra di Bosz ha raggiunto la finale di Europa League, perdendola però contro il Manchester United.

L’Ajax di allora era figlia del calcio totale della scuola olandese: van Gaal, tecnico della squadra dal 1991 al 1997, proponeva un gioco offensivo, basato su un modulo a tre punte supportate da un trequartista (Seedorf). Altro punto fermo di quell’Ajax, come già l’Olanda negli anni Settanta aveva sperimentato con successo, era l’intercambiabilità dei ruoli, facendo sì che ci fosse un continuo movimento dei giocatori, con e senza palla. Per questo motivo, oltre alle sedute con l’utilizzo del pallone, che via via nel calcio di oggi sono sempre diventate più importanti, all’Ajax il lavoro fisico era tenuto in grande considerazione: anche con metodi di allenamento che, a rivederli oggi, sembrano più confarsi a una scuola di ballo che a una squadra di calcio.

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