Chiellini è il miglior difensore al mondo?

A 34 anni, lo juventino si è migliorato cambiando il suo gioco.

A 34 anni, Giorgio Chiellini dovrebbe essere nella fase calante della carriera, invece è in piena ascesa. Sotto ogni punto di vista: atletico (con una migliore gestione delle partite, gli infortuni di lunga durata sono diminuiti fino ad azzerarsi), tattico e tecnico. La causa del miglioramento postdatato è la capacità di analizzare il gioco e, soprattutto, se stesso in funzione del gioco, raffinata negli ultimi anni. Così Chiellini ha capito in anticipo dove e come migliorarsi, lavorando per prevenire i difetti e non doversi ritrovare un giorno – che poi sarebbe oggi – costretto a pagarne dazio.

In molti, per definire lo status raggiunto da Chiellini negli ultimi anni, hanno definito il centrale italiano “un Cristiano Ronaldo della difesa”. Di certo i due condividono la capacità di vedersi con imparzialità. Sono i primi giudici di loro stessi, oltre che perfezionisti di natura e calciatori intelligenti: tutte qualità che li hanno resi capaci di modificarsi nel tempo, una pratica indispensabile per allungare una carriera ai massimi livelli. Come Ronaldo si è inventato centravanti ipotizzando un calo della forza che lo avrebbe messo in difficoltà nel ruolo di esterno offensivo, Chiellini ha trasformato tutti i potenziali problemi in opportunità per migliorarsi: prima il passaggio imposto da Allegri dalla difesa a tre a quella a quattro, che lo ha privato della copertura costante di Bonucci al suo fianco, poi l’addio dello stesso Bonucci che ha lo ha obbligato ad incaricarsi dei compiti di impostazione, infine la manovra più raffinata dell’ultima Juventus che gli impedisce di tenere a lungo il pallone e lo ha indotto a compiere scelte più complesse e in un tempo più breve.

Chiellini ha dovuto fronteggiare cambi di scenario sfavorevoli. Le mutazioni della Juve lo hanno obbligato a confrontarsi con i suoi principali difetti – la pulizia del gesto tecnico, la velocità nel decidere la giocata, la creatività e la visione di gioco – e, per di più, si sono concentrate nella fase finale della sua carriera: dopo i 32 anni compiuti, cioè quando diventa doloroso uscire dalla zona di comfort costruita nelle stagioni precedenti. La straordinarietà di Chiellini risiede quindi nell’accettare nuove sfide che andavano contro la logica del tempo e contro alcune delle sue più solide convinzioni. In un’intervista a Undici criticò gli effetti collaterali del “guardiolismo”, ma è proprio ad un una parte di quegli effetti che si è dovuto adeguare. E, alla fine, lo ha fatto con successo: Chiellini è passato da una media di 59 passaggi a partita con Bonucci a 67 nella stagione in cui il compagno di reparto era al Milan, a conferma dell’assunzione di responsabilità in fase di avvio di manovra. E nelle quattro partite saltate da Bonucci quest’anno (Frosinone, Milan, Sampdoria e Chievo) ha mantenuto una media di 64 passaggi a partita ed una precisione pari all’87%. La chiave è quindi la scorsa annata in coppia con Benatia, dove il rischio era la sovrapposizione delle caratteristiche, evitato grazie all’adattamento del centrale italiano. Il risultato è che Chiellini si affida sempre meno al fisico e sempre più alla mente, grazie ad una raffinata capacità di lettura del gioco, sia quando è condotto dagli avversari che quando tocca alla Juve costruirlo.

Enciclopedia del Chiellini stagionale: da notare come la maggior parte dei suoi disimpegni da applausi siano anticipi o intercetti e non più tackle, a conferma della nuova capacità di lettura del gioco

Facendo un passo indietro, Chiellini ha potuto compierne due in avanti. Ha accolto un anno di apprendistato forzato con l’entusiasmo di un ragazzo, così ora vive una giovinezza migliore della precedente, perché ora è il difensore completo che prima non era. Del fisico ha sempre meno bisogno, e questo spiega il calo dei contrasti: in sette anni è passato dai 3,1 di media a partita agli 0,9 attuali, un terzo in meno, così come i falli che da 1,5 sono diventati 0,5 a gara. La differenza è quindi la “pulizia”. Essere “puliti”, per un difensore centrale, significa acquisire fiducia e al contempo propagarla nella squadra: e Chiellini, che per anni è stato catalogato come un difensore ruvido, ora è senz’altro pulito, su tutta la linea.

Sempre a Undici, il centrale bianconero aveva spiegato che la sua metamorfosi è prima di tutto mentale: «Quando avevo ventidue anni ogni partita era un modo per sfogare l’agonismo, era tutta una guerra, una battaglia, perché a quell’età sfogavo in quel modo la tensione e l’adrenalina. Ma più che cattivo ero fastidioso. Ora sono quindici anni che ci sono abituato, ma quando sei all’inizio è tutta una scoperta, e non capisci bene dove indirizzare l’energia, la tensione». Chiellini con il tempo – e, anche qui, lo studio – ha imparato a governarsi. È come se avesse utilizzato se stesso come oggetto di un esperimento a lungo termine, l’adattamento del difensore “classico” al calcio “contemporaneo” che a quel tipo di giocatore, in teoria, è avverso. «Ormai sono più riflessivo, meno impulsivo», dice ancora: non avesse cambiato, sarebbe oggi un giocatore ultra-specializzato in aspetti del gioco su cui non brillerebbe più per colpa degli anni sulle spalle.

Nella lista dei migliori 50 giocatori stilata dalla Uefa, e successivamente nella selezione dei top-11, figurava un solo italiano ed era Giorgio Chiellini. È un riconoscimento rilevante soprattutto in relazione all’età del centrale della Juve: tra i nomi in lista era infatti il più anziano. E subito dopo di lui, a riprova delle similitudini di cui sopra, Cristiano Ronaldo. Da qualche anno galleggia nell’aria l’idea che Chiellini sia il miglior centrale al mondo: a fine 2017, il sito di settore Squawka lo posizionava sul gradino più alto del podio degli specialisti. Lo scorso ottobre, José Mourinho aveva dichiarato che «Chiellini (insieme a Bonucci) dovrebbe tenere un corso su come si difende ad Harvard», sottolineando implicitamente che se oggi esistesse un prototipo di difensore perfetto, per il tecnico portoghese, quello sarebbe appunto Chiellini. Di certo è anche una questione di gusti – alla stessa domanda, Guardiola risponderebbe Bonucci – ma la differenza tra i due centrali bianconeri è che mentre l’ex milanista sembra rimasto allo stesso punto, il capitano invece migliora a vista d’occhio. Dopo l’ultimo Juve-Inter, Allegri è intervenuto definito senza giri di parole Chiellini «il miglior centrale al mondo». Davvero difficile dargli torto.