L’attaccante del futuro viene dall’Inghilterra

E ha il fisico e la tecnica di Sterling, Rashford, Abraham, Sancho.

Nella sua review del 2019 calcistico, Jonathan Wilson si è lasciato un po’ andare, nel senso che ha scritto un paio di frasi che tendono alla generalizzazione, ad accomunare l’approccio tattico di diversi allenatori famosi in tutto il mondo. Di solito gli articoli del giornalista inglese del Guardian e di Sports Illustrated vogliono proprio evitare un appiattimento della narrazione sulle strategie calcistiche, e in questo caso sembra avvenire il contrario; in realtà l’intenzione di Wilson non cambia, il suo testo vuole sempre distruggere gli stereotipi, solo che stavolta si è servito di strumenti diversi per sconfessare tendenze di tipo regionalistico che non hanno più senso nel discorso sull’evoluzione del gioco: «L’allenatore tedesco della Nigeria, Gernot Rohr, è stato criticato da alcuni giornalisti di Lagos perché la sua squadra ha perso la semifinale di Coppa d’Africa, e perché non ha praticato il cosiddetto “calcio nigeriano”. La verità è che certe categorizzazioni geografiche stanno diventando sempre meno significative. Ci sono delle differenze di stile e forma e contenuto nei sistemi di Klopp, Guardiola, Rodgers, Conte, Gasperini, Sarri, Tite, però i loro principi sono sostanzialmente simili: tutti credono nel valore del pressing offensivo, nell’importanza di terzini bravi in tutte le fasi di gioco, tutti spingono i propri attaccanti a scambi veloci, rapidi. Queste caratteristiche definiscono il gioco del calcio, quello dei massimi livelli, a cavallo tra il 2019 e il 2020».

In lingua originale, la frase sugli attaccanti fa riferimento alla loro posizione fluida in campo però nella traduzione in italiano il termine scambi può essere utilizzato anche per intendere alcune giocate fatte con il pallone, per esempio passaggi veloci con un alto coefficiente di difficoltà. Cambiano senso e sostanza, ma il discorso resta coerente, perché in effetti la punta contemporanea può, anzi deve essere un giocatore in grado di agire su tutto il fronte offensivo, di allargarsi sulle fasce per muovere la difesa avversaria e creare spazi, ma anche di trattare e smistare il pallone con tocchi di qualità.

I compiti dell’attaccante moderno si sono evoluti, richiedono una fisicità diversa al passato, unita a una completezza tecnica più accentuata: se Benzema, Firmino e Kane hanno avviato e governano quest’era di transizione e contaminazione, c’è una nuova generazione di punte ibride che ha come ispiratore e massimo esponente Kylian Mbappé, ma che si sta affermando soprattutto in Inghilterra, grazie a Raheem Sterling, Marcus Rashford, Tammy Abraham, Dominic Calvert-Lewin, Jadon Sancho.

È il calcio del presente che si proietta nel futuro, una sorta di esperienza anticipata, breve, esauriente, coinvolgente, come il trailer di un film molto atteso, del sequel di un grande franchise. Dal punto di vista antropico, una descrizione stringata eppure efficace di questo nuovo prototipo di giocatore – un punta con fattezze e movimenti e intuizioni da esterno offensivo – è stata centrata da Simon Kuper in un articolo su Mbappé scritto per il numero 29 di Undici: «Giovani attaccanti dai muscoli che guizzano». Come detto, sembra che in Inghilterra si siano specializzati nella costruzione di questo prodotto atletico e tecnico: questa sera, per esempio, il Manchester City e il Manchester United si affronteranno nell’andata delle semifinali di League Cup, ma soprattutto sono due dei club più famosi e riconoscibili al mondo, e hanno scelto di affidare a Sterling e Rashford un ruolo centrale per non dire prominente nel loro progetto – pur potendo contare su altri ottimi attaccanti già in rosa, e/o su enormi capitali da investire per poter concludere dei grandi acquisti.

Un po’ di gol di Sterling in questa prima metà di stagione

Tra Sterling e Rashford ci sono grandi analogie e sottili differenze: il primo ha un fisico tascabile ma ben sviluppato mentre il secondo è più alto e slanciato (la differenza di altezza tocca i dieci centimetri, 170 contro 180, ma il peso è praticamente identico secondo i dati di Wikipedia, 69 e 70 kg); entrambi nascono come esterni offensivi e poi traslocano nel ruolo di punta, però Rashford ha giocato soprattutto come centravanti unico, invece Sterling ama muoversi accanto a un uomo di riferimento, che sia Agüero o Gabriel Jesus. A partire da quest’ultimo punto si originano leggere difformità: Sterling si è trasformato in una macchina da gol grazie al lavoro personalizzato con Mikel Arteta, che gli ha insegnato come leggere gli spazi che si creano durante il gioco, quindi come muoversi in area e attaccare la palla e la porta; è diventato un grande cacciatore di gol lavorando sui processi cognitivi, modellandoli così da sfruttare le sue doti fisiche e tecniche negli ultimi metri del campo; poco meno di un anno fa, il Times ha scritto di lui esaltando proprio «il suo desiderio perpetuo di miglioramento, la sua volontà di circondarsi di persone di talento e la capacità di assorbire il loro esempio, la loro conoscenza; l’atteggiamento di Sterling lo ha reso il più importante giocatore di tutta l’Inghilterra».

Rispetto a Sterling, Rashford è un giocatore più forte atleticamente ma anche più grezzo, ha una sensibilità tecnica inferiore, pratica un calcio meno sofisticato, meno costruito, ma anche più spontaneo. Un articolo pubblicato un mese fa dal Guardian sottolineava come l’attaccante del Manchester United debba «ispirarsi a Sterling per il suo percorso di crescita e affermazione come punta, il suo obiettivo dovrebbe essere migliorare negli ultimi metri, segnare più gol e anche più gol di brutta fattura». Solskjaer l’ha schierato inizialmente come centravanti, ora il ritorno di Martial ha spinto il tecnico norvegese a utilizzarlo come laterale sinistro, ma nonostante il suo ruolo in campo sia dunque ancora sfumato il 22enne del Manchester United sembra possedere le caratteristiche per definirsi come attaccante puro. Non a caso è stato proprio Raheem Sterling, poco più di un mese fa, a rilasciare delle dichiarazioni abbastanza nette sull’evoluzione tecnico-tattica del suo compagno di Nazionale: «Per me è un centravanti, è un numero nove. Glielo dico sempre: se avessi la tua capacità di tirare in porta, non passerei mai il pallone a nessuno».

In questa stagione Rashford ha realizzato 16 gol in 27 partite ufficiali di tutte le competizioni

Per storicizzazione tattica, fisicità e capacità di trovare la miglior soluzione in fase conclusiva, Tammy Abraham è un giocatore che si avvicina molto a Rashford. Anche l’attaccante del Chelsea è stato utilizzato come esterno durante il suo percorso di formazione, per esaltare la sua struttura snella, la sua corsa fluida e dal passo lungo. In estate, sfruttando lo stop al calciomercato del Chelsea, il 22enne ex del Bristol City, dello Swansea City e dell’Aston Villa – i club in cui ha vissuto tre stagioni in prestito dal 2016 al 2019 – ha convinto Lampard ad affidargli la maglia da titolare al centro dell’attacco. La scelta sta dando ottimi frutti e non solo dal punto di vista numerico (12 gol in 20 partite di Premier League): anche grazie alle caratteristiche di Abraham il Chelsea ha saputo imporsi come una delle squadre tatticamente più interessanti dell’intero panorama europeo, per qualità e freschezza di gioco, per capacità di ribaltare velocemente le azioni, di allungare e restringere il campo in base alle circostanze. In un sistema di questo tipo, un centravanti in grado di «spostarsi continuamente in orizzontale e verticale per muovere i difensori avversari», come ha scritto JJ Bull sul Telegraph, rappresenta una grande risorsa.

Un profilo atletico particolare, una grande capacità di corsa e un (conseguente) utilizzo come esterni nella fase iniziale della carriera, prima della conversione in attaccanti, sono le caratteristiche che accomunano i calciatori di cui abbiamo parlato finora. Anche Dominic Calvert-Lewin e Jadon Sancho appartengono a questo gruppo, seppure siano due elementi molto diversi, per caratteristiche e stato del percorso. Il 22enne Calvert-Lewin, passato all’Everton nel 2016 dopo la formazione nel vivaio dello Sheffield United, ha già completato la sua trasformazione in prima punta, e tra tutti è quello che più si avvicina alla figura del centravanti classico, bravo a occupare e attaccare l’area di rigore, a duellare con i difensori per difendere il possesso del pallone. Queste abilità e certi movimenti si integrano con letture più moderne, che si nutrono di una buona sensibilità tecnica e di una spiccata intelligenza tattica, come sottolineato anche da Ancelotti subito dopo il suo ritorno in Inghilterra: «Dominic ha le qualità per diventare uno dei migliori attaccanti in Europa». Questa definizione del ruolo non è stata ancora raggiunta da Jadon Sancho, anche perché il fenomeno del Borussia Dortmund è davvero troppo giovane e sembra davvero troppo forte, non ha ancora terminato di conoscere se stesso, e poi ha una creatività così immaginifica, una velocità tanto elevata e dei margini talmente ampi che è ancora troppo presto per cucirgli addosso il ruolo dell’attaccante contemporaneo – un giocatore meno specializzato rispetto al passato, ma che in ogni caso deve essere in grado di rendere essenziale e diretto il proprio gioco, anche solo per alcuni attimi della partita. In ogni caso, Sancho ha già segnato 28 volte in 90 partite ufficiali con squadre senior, forse è solo questione di tempo e anche lui potrà accedere al livello successivo, quello in cui il gol diventa la discriminante per individuare i giocatori più forti, più decisivi.

In questa prima parte di stagione, Abraham ha segnato anche i suoi primi gol in Champions League (due in sei partite) e con la maglia della Nazionale maggiore inglese, nel 7-0 contro il Montenegro (Christopher Lee/Getty Images)

Quest’ultimo concetto è fondamentale: l’affermazione di questo prototipo di attaccante, o meglio di questo calciatore con grandi qualità fisiche e tecniche che viene utilizzato come punta, che viene indotto ad andare in cerca del gol, è frutto di un processo di evoluzione tattica ma anche di un cambiamento culturale, di una svolta del racconto. Ronaldo e Messi, così come il loro successore designato Mbappé, sono riconosciuti come i migliori giocatori dell’ultimo trentennio per il loro talento, ma anche perché hanno polverizzato tutti i record di gol e di precocità dei gol. Il mondo esterno spinge fortissimo perché i calciatori più promettenti diventino attaccanti, perché si impegnino a inseguire i grandi numeri sotto porta, e allora i formatori si adattano, sollecitano dall’interno questo processo di costruzione di punte moderne, soprattutto se agevolati da un sistema come quello inglese, strutturato per uniformare il percorso dei giovani nelle varie Academy.

Nel dicembre del 2014, infatti, la Football Associations ha presentato e lanciato un ambizioso piano nazionale chiamato “England DNA Philosophy”, col fine di creare e promuovere un’identità di gioco che, partendo dalle giovanili, portasse alla nascita di una nuova generazione di professionisti tra campo e panchina. Questi avrebbero dovuto insegnare e interpretare il calcio come uno sport di dominio, in cui «si tiene il possesso, si selezionano i momenti giusti per far progredire la manovra e si recupera il pallone nel modo più intelligente, tempestivo ed efficiente possibile». Al di là della crescita della Nazionale inglese negli ultimi anni (dopo il successo ai Mondiali Under 20 del 2017 sono arrivati la prima semifinale ai Mondiali senior dal 1990 e poi il terzo posto in Nations League), il progetto sembra aver funzionato proprio perché sta venendo fuori un gruppo di grandi giocatori dalle caratteristiche forse similari, ma anche perfettamente sovrapponibili al calcio contemporaneo. Secondo le quotazioni di mercato di Transfermarkt, sei dei migliori quindici giocatori Under 25 del mondo sono cresciuti nelle Academy di club di Premier League. Tre di questi sono proprio Sterling, Sancho e Rashford, gli attaccanti che stanno determinando il presente, e che faranno altrettanto nel futuro.