Come brilla Kulusevski

Allo svedese è bastata una sola stagione in Serie A per imporsi come uno dei giocatori più moderni e completi del campionato.

Nella sua prima stagione disputata per davvero in Serie A – un anno fa aveva accumulato solo 103 minuti di gioco in tre presenze con l’Atalanta – Dejan Kulusevski ha realizzato dieci gol e otto assist in 32 partite. Il giocatore del Parma è il terzo svedese in assoluto ad andare in doppia cifra di reti nel nostro campionato da cinquant’anni a questa parte, dopo Zlatan Ibrahimovic e Kenneth Anderson, ed il primo Under 21 in assoluto che raggiunge questo traguardo dal 2013, quando ci riuscirono Mauro Icardi ed Erik Lamela. Tuttavia il senso del suo fragoroso impatto con il calcio italiano, e con quello professionistico in generale, non va ricercato nei numeri, nei record di precocità già battuti o nei 40 milioni di euro che la Juventus ha deciso di spendere per il suo cartellino quando ancora sembrava un investimento a scatola chiusa, piuttosto nella sensazione che sia un giocatore già fatto e finito. Kulusevski ha dimostrato di essere davvero pronto per accedere a un livello superiore nonostante alcuni difetti riconosciuti e riconoscibili, tra l’altro ci è riuscito in un lasso di tempo molto breve, o in teoria non sufficiente per andare oltre quelle estemporanee e luminose manifestazioni di talento che avevano caratterizzato il suo sorprendente inizio di stagione; allo stesso tempo, però, le sue prestazioni sono state troppo esaltanti, e pure troppo continue, perché non si gridasse al fuoriclasse in divenire.

Tra tutti, forse, il suo allenatore Roberto D’Aversa è stata la persona che, in un’intervista a Tuttosport, ha spiegato meglio – anche se con parole e paragoni piuttosto impegnativi – perché stiamo parlando di un giocatore già pronto a fare il salto di qualità definitivo: «È un vincente. E se lo stuzzichi, è sfrontato: reagisce subito, ma sempre con educazione e in maniera positiva. Questo aspetto lo rende un classe 2000 pronto per essere titolare anche in una big. Ovviamente c’è anche il talento: Dejan è un calciatore completo e totale, per il mix di tecnica, forza, generosità, tiro, senso del gol e dell’assist, mi ricorda Pavel Nedved, anche se ultimamente gli ho consigliato di prendere a modello Ilicic, per imparare a fare le cose con meno frenesia»

La crescita di Kulusevski è andata di pari passo con la centralità acquisita nel Parma. Dopo averlo utilizzato come esterno destro tanto nel 4-4-2 quanto nel 4-3-3 per sfruttare la sua capacità di creare superiorità numerica rientrando sul piede forte – nelle prime 10 partite la sua percentuale di dribbling riusciti sfiorava il 70% – e la grande diligenza tattica nell’occupare la zona alle spalle di Gervinho, D’Aversa ha deciso di trasformarlo nel giocatore chiave dell’intera fase offensiva, affidandogli molte più responsabilità anche in fase di costruzione della manovra. La risposta è stata eccezionale, e oltretutto è arrivata senza che ne risentissero la lucidità e il coinvolgimento negli ultimi trenta metri.

Kulusevski è un giocatore completo, perciò prezioso: è immediato, diretto, verticale, veloce di piede e di pensiero, poi è dotato di quell’atletismo fuori scala – rispetto alle sue stesse dimensioni fisiche – che appartiene ai calciatori di nuova generazione. Quest’ultima caratteristica gli permette di massimizzare la qualità delle sue prestazioni in un calcio dove il tempo tra azione e reazione risulta pressoché azzerato e in cui la flessibilità nell’interpretazione di compiti e funzioni è più importante del ruolo canonico, dell’individuazione dello spazio da occupare in campo: «L’anno scorso ho giocato un’intera stagione da mezzala, ma posso farlo anche da esterno. In realtà, però, il ruolo in cui ho agito più è quello di trequartista, quindi è naturale che mi trovi più a mio agio in quella posizione», ha dichiarato a inizio gennaio quando è stato ufficializzato il suo trasferimento alla Juve.

Non deve perciò stupire la rapidità con cui Kulusevski ha vissuto un’enorme trasformazione: inizialmente era un giocatore chiamato a rifinire o concludere delle azioni “lunghe”, che si sviluppavano attraverso l’attacco dello spazio su 60/70 metri, poi è diventato un elemento in grado di raccordare i reparti, abile a occupare gli spazi di mezzo dietro la linea di pressione avversaria, a creare i presupposti dell’occasione da rete anche in situazioni di difesa posizionale, sfruttando la sua capacità di servire l’inserimento del compagno proveniente dal lato debole con passaggi ambiziosi eppure precisi. Oggi le statistiche dicono che Kulusevski è più coinvolto nell’azione, più centrale nel suo sviluppo, più efficace nell’esecuzione delle giocate: rispetto al primo terzo del campionato, effettua più passaggi (la sua media è passata da 25 a 30 appoggi di media a partita) e la precisione dei suoi appoggi è aumentata dal 76 all’80%. Tutto questo è avvenuto senza che si abbassasse il dato relativo ai passaggi chiave per partita, che resta superiore a due.

Nell’ultima partita contro l’Atalanta, l’occasione di Gagliolo in apertura nasce da un passaggio geniale di Kulusevski, bravo a rientrare sul piede forte e a tagliare fuori seconda e terza linea di pressione dei bergamaschi con un fendente che trova l’inserimento senza palla di Caprari

Tuttavia la dimensione creativa di Kulusevski non è ancora così raffinata nelle letture e nell’espressione, almeno dal punto di vista della continuità. Parliamo infatti di un giocatore dall’approccio più istintivo che cerebrale, di un attaccante/rifinitore che cerca e trova determinate soluzioni più sulla base di ciò che gli propone la difesa avversaria che per una naturale predisposizione a creare connessioni, e che non è ancora in grado di dominare completamente spazi e tempi di gioco.

Per questo la natura associativa delle sue giocate emerge soprattutto nel fondamentale dell’assist. La qualità e la varietà dei suoi passaggi decisivi raccontano che tipo di giocatore è già Kulusevski, ma anche quello che potrà diventare: intuitivo e rapido quando si tratta di assecondare la propensione degli attaccanti ad aggredire la profondità, tempista nel momento in cui bisogna fidarsi del gioco senza palla delle mezzali, altruista se non addirittura conservativo quando si tratta di effettuare la giocata più semplice per trarre vantaggio in situazioni di parità o superiorità numerica.

In occasione della prima vittoria esterna della stagione del Parma a Udine, Kulusevski ha guidato la rimonta dei ducali con due assist: questo è il primo, servito a Gervinho con un intelligente tocco di prima; dopo, arriverà anche un perfetto servizio a premiare l’inserimento di Gagliolo

In questo momento, però, la giocata che più identifica Kulusevski è quella che lo vede rientrare sul piede forte dopo essersi isolato sul lato destro, per prepararsi al tiro oppure al passaggio filtrante. Un movimento “alla Robben”, con il pallone condotto con tocchi d’esterno rapidi e nevrili, che lo svedese sta imparando a fare sempre più suoi grazie agli evidenti miglioramenti nel primo controllo orientato e a una crescente consapevolezza della sua dimensione fisica all’interno dello spazio. A inizio stagione, un giocatore come il primo Kulusevski –  abituato ad accelerare sempre e comunque, anche quando la situazione non lo richiedeva – non avrebbe mai realizzato un gol come quello messo a segno contro il Verona di Juric, al termine di un’azione in cui riesce a mantenere il controllo nonostante abbia effettuato due dribbling nello spazio di cinque metri.

In azioni come questa, Kulusevski dà l’impressione di essere immarcabile

In virtù di tutto questo, Dejan Kulusevski è un giocatore – potenzialmente – in grado di risolvere tre dei principali problemi affrontati da Maurizio Sarri nel corso della sua prima stagione alla Juventus: la difficoltà di risalire il campo velocemente, l’assenza di una mezzala mancina in grado di attaccare con continuità lo spazio in verticale in conduzione – solo nell’ultimo periodo Adrien Rabiot è riuscito a garantire qualcosa in questo senso – e il calo di Bernardeschi, un giocatore che si è dimostrato inadeguato nel ruolo di trequartista atipico all’interno del 4-3-3, che pecca di lucidità, tempismo e scelta della giocata migliore. Per questo, al netto di una capacità aerobica che gli permetterebbe di agire sulla mediana senza creare eccessivi squilibri in fase di non possesso, la sensazione è che Kulusevski sia destinato a diventare il nuovo esterno offensivo che agisce tra le linee tagliando da destra verso il centro, garantendo quella superiorità numerica e posizionale nell’ultimo terzo di campo che tante volte è mancata alla Juventus quando si è trattato di fronteggiare squadre che tendevano a fare densità nella propria trequarti.

Se questa eventualità dovesse concretizzarsi, le perplessità maggiori riguarderebbero la coesistenza con Dybala: con Kulusevski schierato nello slot di esterno destro, l’argentino si troverebbe a dover essere impiegato in pianta stabile come attaccante centrale, un ruolo cui non è mai riuscito ad adattarsi (e a convincere) del tutto. E poi c’è il rischio che Kulusevski possa in qualche modo risentire del passaggio in un sistema dalle sovrastrutture più complesse rispetto a quelle attuali, e che alla lunga potrebbero finire per evidenziare le sue difficoltà a giocare a uno/due tocchi. Difficoltà di cui, però, sembra essere perfettamente conscio e sulle quali è disposto a lavorare: «Ho studiato Sarri e il suo gioco perché mi piace molto: la palla viaggia veloce e tutti si aiutano con scambi e uno-due: è un aspetto su cui voglio migliorare e penso che con lui possa essere possibile». In fondo ha già stupito tutti una prima volta, bruciando le tappe e poi pure subito dopo, quando si è trattato di andare oltre se stesso. Per quale motivo non potrebbe, o non dovrebbe, riuscirci di nuovo?