Il 5-2 Tottenham in casa del Southampton a metà settembre sembrava la classica partita dell’era pandemica, una gara folle in cui a dominare è l’irripetibilità (presunta) di certe situazioni. I quattro gol di Son su altrettanti assist di Kane sembravano un semel in anno di questo calcio mutevole e compresso in cui può capitare che il coreano diventi il primo calciatore asiatico a realizzare un poker nei cinque principali campionati europei, o che il centravanti degli Spurs – due assist vincenti nell’intero arco della stagione 2019/2020, sette come massimo in carriera in questo fondamentale – sia stato il primo giocatore inglese ad aver fatto segnare quattro volte un compagno di squadra in una gara di Premier League.
In realtà in quella partita è possibile rinvenire molti degli elementi che stanno facendo la fortuna degli Spurs in questo inizio di stagione, soprattutto per quello che riguarda le soluzioni offensive. Non è una questione di numeri, di continuità, o almeno non solo: certo, Kane ha servito il passaggio decisivo a Son in occasione di otto dei suoi dodici gol stagionali, ma la cosa impressionante è stata la fusione perfetta delle loro caratteristiche tecniche in un sistema tattico immediato, verticale, rapido, essenziale, spogliato di quelle sovrastrutture che, alla lunga, avevano appesantito e reso impraticabile e poco efficace il calcio di Pochettino. E se, oggi, la squadra di Mourinho riesce ad essere così efficiente nonostante dei principi piuttosto scolastici per ciò che riguarda preparazione ed esecuzione, è proprio grazie alla contemporanea presenza di due giocatori in grado di accettare e assecondare l’idea che si possa arrivare in porta con il minor numero di passaggi possibile e sfruttando ogni singolo metro di campo da attaccare in profondità.
Kane, in particolare, è il giocatore chiave, colui che sta riuscendo a rendere competitivo un sistema che ha prodotto zero xG nei secondi tempi di due delle ultime tre gare giocate (e vinte) prima del pareggio in casa del Crystal Palace – 1-1, gol di Kane su assist di Son, ovviamente. In una delle scene più significative di All or Nothing, si vede Mourinho che, in un colloquio privato con il suo centravanti, gli fa notare come lui, a differenza di gran parte dei giocatori inglesi, abbia un talento riconosciuto e riconoscibile a livello globale e che può ancora salire di livello: guardando la reazione di Kane a quelle parole si può quasi individuare il momento in cui prende coscienza di poter diventare il giocatore totale che è oggi e che, quindi, può legittimamente puntare alla stagione da 20+20 dell’ Henry 2002/2003 senza che ci si stupisca più di tanto, e senza che le valutazioni sul suo conto debbano per forza tenere conto del numero dei gol che segna.
Il Kane rifinitore d’élite nasce nell’attimo in cui si convince che la sua dimensione di regista offensivo può andare oltre l’essere il punto di riferimento da utilizzare come sponda per risalire velocemente il campo per vie centrali: le sue soluzioni quando si abbassa e riceve sulla trequarti, pur non rubando l’occhio dal punto di vista estetico, risultano impeccabili per scelta, tempismo, pulizia d’esecuzione.
Un assist di Kane non è l’assist che piace, ma è l’assist che serve in quel momento della partita, in quella zona di campo, per quel compagno di squadra; e con la vicinanza di Son, uno dei migliori al mondo quando si tratta di percorrere la traccia in verticale alla massima velocità possibile senza perdere nulla in termini di coordinazione e pulizia di calcio, tutto è diventato molto più facile. Soprattutto in considerazione del tipo di finalizzatore che lo stesso Son è diventato: nelle reti contro Manchester City e LASK, al di là della qualità e della facilità di battuta anche con il piede teoricamente più debole, ciò che colpisce è la sensibilità tecnica con cui riesce a preparasi una conclusione ad alta percentuale già con il primo controllo in corsa; contro lo United è addirittura sorprendente la facilità con cui ruba il tempo a Bailly e De Gea in occasione del quarto gol.
Definizione esatta di “tocco di giustezza”
Ma, al di là di tutto, ciò che è oggi la bromance tecnica e psicologica tra Kane e Son ha avuto l’epifania della sua origine nei 90 minuti del St. Mary’s Stadium, nella gara contro il Southampton. In particolare è nella prima e nella quarta rete del coreano, che si vede la giocata diventata marchio di fabbrica del dinamico duo: Kane che, sulla transizione dopo il recupero palla, si allarga sull’esterno portandosi dietro uno dei due centrali avversari e liberando lo spazio centrale per Son che, così, è libero di ricevere per una comoda conclusione fronte porta. Non c’è nulla di complicato o di visionario nella rifinitura di Kane che, però, ha la capacità di modulare direzione, intensità e rotazione del tocco sulla direttrice di corsa del compagno, oltre che sulle sue qualità tecniche e atletiche che gli consentono di ricoordinarsi per la conclusione anche quando il passaggio risulta troppo lungo o troppo corto. Contro il West Ham, per esempio, Kane si fida del fatto che il suo lancio metta Son in condizione di puntare il diretto avversario, tagliando dall’esterno verso l’interno, per una (per lui) comoda conclusione sul palo lungo:
Non è il più bel lancio lungo che avete visto nella vostra vita, ma ha certamente raggiunto il suo scopo
Lo stesso principio che è alla base della rete decisiva del numero 7 contro il Burnley a fine ottobre. Non c’è nulla di casuale nella sponda aerea di Kane, che ha semplicemente fiducia nella capacità di Son di sbucare “out of nowhere” e impattare al meglio sul pallone nonostante l’azzeramento dei tempi di azione e reazione e la difficoltà di individuare e attaccare lo spazio giusto, al momento giusto, nell’area piccola:
Kane sente Son
Si tratta, comunque, di un rapporto di fiducia e intesa reciproche che si è affinato con il passare delle settimane e, comunque, sempre a partire dalla partita di Southampton. Come nei gol numero due e tre di quel pomeriggio, Son ha ormai imparato a scattare e a muoversi prima ancora che Kane riceva il pallone, confidando che il passaggio sulla corsa a tagliare fuori l’intera linea difensiva arriverà comunque. Nell’1-6 di Old Trafford, la rete dell’1-2 sembra essere il risultato dell’astuzia di Kane nel battere a sorpresa la punizione a metà campo: in realtà è possibile notare che al momento del fischio dell’arbitro Son non fermi la sua corsa, preparando il contro-movimento che gli garantirà quel vantaggio minimo ma decisivo. Il resto lo fa la sua incredibile frequenza di passo e la brutalità nell’accelerazione e negli appoggi: il goffo tentativo di trattenuta di Bailly e il tentativo disperato in chiusura di Shaw, tradiscono il senso di impotenza mentale e fisico nei confronti di un giocatore che non solo non sono riusciti a fermare ma che, probabilmente, non hanno nemmeno visto partire:
Imbucata veloce
Non bisogna però pensare che le fortune di Kane&Son siano esclusivamente legate al ribaltamento di ruoli e compiti tra chi assiste e chi conclude. Ci sono momenti, infatti, in cui l’ordine naturale delle cose viene ristabilito, e quindi Kane torna a fare il Kane e Son torna a fare il Son, anche se il primo non ha mai smesso di fare gol – nove in dodici gare di Premier – e il secondo di fare assist – cinque, di cui quattro in campionato e due per servire Kane.
E se il gol di quest’ultimo a Manchester è la rappresentazione di come e quanto Son sia in grado di esprimere una tecnica in velocità e una lucidità superiori in spazi stretti, la rete del 2-0 nel derby contro l’Arsenal è la rivisitazione in chiave moderna della sincronia dei movimenti tra due attaccanti, concetto chiave nel calcio degli anni Novanta e declinato secondo il principio della seconda punta che “gira intorno” al centravanti. All’inizio della transizione guidata da Lo Celso, Kane è un paio di metri dietro a Son – che aveva segnato così l’1-0 – e, prima di attaccare la traccia centrale guarda per un attimo il compagno di linea, quasi a volersi assicurare di non occupare la stessa zona nel momento in cui l’argentino effettuerà il key pass: così quando il coreano riceve al limite dell’area di rigore in situazione di quattro contro due, per Kane è automatico effettuare il contro-movimento e raccogliere l’assist per la conclusione in area piccola.
La bomba imprendibile sotto la traversa, con quello che in teoria dovrebbe essere il piede debole, fa parte del pacchetto
«Sono grato ogni volta che ho a disposizione dei giocatori che mi danno il massimo. Sonny e Kane lo sono e, senza volerli paragonare ad altri giocatori che ho allenato, posso dire di poter contare su due calciatori di livello mondiale» ha detto recentemente Mourinho al Guardian. In effetti Kane e Son sembrano, anzi sono fatti per giocare l’uno accanto all’altro, ma in un modo assolutamente unico rispetto alle altre grandi coppie-gol allenate dal portoghese: la loro complementarietà, infatti, non è tanto, o non è solo, una questione di caratteristiche e di intesa ma soprattutto di incisività contemporanea e contestuale. Nel corso degli anni Mourinho ha sempre potuto contare su almeno un giocatore in grado di fare la differenza nel suo sistema, supplendo alle teoriche carenze dei set offensivi con una dimensione creativa superiore e la capacità di generare occasioni per sé e per gli altri, senza la necessità di dover fare riferimento a qualcosa di preparato in allenamento o disegnato alla lavagna, ma limitandosi ad assecondare i propri istinti. Quest’anno, di giocatori così, ne ha addirittura due. E che il suo Tottenham sia in testa alla classifica grazie a loro non dovrebbe stupire più di tanto.