Secondo Tammy Abraham, i giovani giocatori inglesi dovrebbero trasferirsi all’estero

La mancanza di spazio al Chelsea l'ha convinto a lasciare la Premier League.
di Redazione Undici 07 Ottobre 2021 alle 16:44

Con quattro gol e tre assist in partite, si può dire che la prima stagione di Tammy Abraham alla Roma sia iniziata in maniera piuttosto positiva. In realtà i numeri non restituiscono affatto il grande impatto dell’ex centravanti del Chelsea sul gioco dei giallorossi, il suo faticoso lavoro di pressing e di sostegno all’azione dei compagni, e poi anche l’immediato feeling con Mourinho e con l’ambiente. Anche in virtù di questo buon rendimento, Abraham ha riconquistato la maglia della Nazionale inglese – è stato convocato per le due gare di qualificazione ai Mondiali contro Andorra e Ungheria – e in qualche modo ha rinnovato la sua candidatura per entrare nell’élite. Proprio di questo ha parlato apertamente in un’intervista raccolta dal Guardian: «Il mio obiettivo è essere considerato uno dei più grandi attaccanti al mondo: non mi fermerò finché non l’avrò raggiunto».

Per completare questo progetto, Abraham ha accettato di trasferirsi alla Roma: potrebbe sembrare un passo indietro per la sua carriera dopo la vittoria della Champions League con il Chelsea, ma secondo lui si è trattata della scelta migliore per affermarsi. L’ha spiegato in maniera chiara: «La mia idea era quella di restare in Premier League, a casa mia. Ma al Chelsea non avrei avuto spazio, e volevo emergere: era frustante, praticamente mi allenavo solo per me e non per la squadra, e quindi ho capito che sarei dovuto andar via, anche se magari la cosa più semplice da fare sarebbe stata rimanere in una grande squadra con un ruolo marginale. E invece ho capito che sarei dovuto andar via, mettermi alla prova. Ho scelto la Roma, e devo dire che cambiare Paese è sempre una scelta coraggiosa, anche difficile. Ma io ora lo consiglierei ai giocatori inglesi: non devono aver paura, e poi scopriranno tante cose di loro che non avrebbero mai saputo».

Inevitabile pensare ad altri suoi connazionali – i vari Sancho, Tomori, Madueke e tantissimi altri – che negli ultimi anni hanno deciso di lasciare il campionato inglese per misurarsi con altri contesti, sfidando la storica ritrosia dei calciatori britannici a lasciare il proprio Paese. La saturazione della Premier League, la globalizzazione del mercato e la crescita degli altri campionati stanno evidentemente cambiando la mentalità dei nuovi talenti. E poi c’è Mourinho, che nel caso di Abraham ha avuto e sta avendo un ruolo fondamentale: «In pochi mesi con lui ho imparato più di quanto abbia fatto in tutta la mia vita da calciatore. Voglio continuare a crescere con lui e voglio farlo alla Roma».

>

Leggi anche

Calcio
Non dovremmo più sorprenderci se l’Atalanta batte il Chelsea, anche se sta vivendo un’annata intermittente
La dimensione dei nerazzurri ormai è questa: possono giocarsela con tutti, soprattutto in Europa, anche se i recenti passi falsi in Serie A ci stavano disabituando all'idea.
di Redazione Undici
Calcio
Il PSG ha la sua prima vera squadra satellite: l’Eupen, che gioca nella seconda divisione belga
Con l’acquisizione dell'Eupen, la proprietà del Qatar si è allineata alle grandi realtà che adottano il modello della multiproprietà.
di francesco giordano
Calcio
Il Gran Galà del Calcio AIC non celebra solo una stagione calcistica, ma anche le prospettive del calcio italiano
Il premio organizzato dal sindacato calciatori guarda anche al futuro. Anche grazie alla partnership con Enel, title sponsor dell'evento.
di Redazione Undici
Calcio
La FIFA ha confermato che ai Mondiali ci saranno i cooling break in tutte le partite, anche se le temperature non saranno elevate
Dietro il cambiamento delle pause c'è l'interesse dei broadcaster, desiderosi di vendere le pubblicità.
di Redazione Undici