La vittoria del Leeds United contro il Chelsea, un 3-0 tanto rotondo quanto inatteso, ha inevitabilmente offerto un lunghissimo elenco di spunti narrativi. Uno di questi, anzi il più importante se partiamo dal punto di vista del calcio statunitense, riguarda proprio l’enorme influenza di diversi personaggi e professionisti americani: il Leeds è guidato da Jesse Marsch, il primo grande allenatore in grado di affermarsi nel soccer e poi di traslocare nel grande calcio europeo; due dei tre gol dello United sono stati firmati da Brenden Aaronson e da Jack Harrison, due calciatori con un passato importante in MLS: il primo, nato nel New Jersey, si è trasferito in Europa – al Salisburgo – dopo essere cresciuto nel sistema giovanile del Philadelphia Union; Harrison, invece, è stato uno dei primi giocatori europei a formarsi nel soccer, per la precisione nel New York City, prima di tornare in Inghilterra, nel suo Paese, per vestire le maglie del Middlesbrough e poi del Leeds. Oltre a Marsch, Aaronson e Harrison, anche un altro prodotto della MLS è stato protagonista del successo dello United: Tyler Adams, 23enne centrocampista nato a Wappingers Falls (stato di New York) e arrivato al Lipsia dopo essere cresciuto coi New York Red Bulls, è stato infatti schierato dal primo minuto, e ha offerto una grande prestazione.
Forte di tutto ciò, un media importante come la CBS ha scritto che «la commovente vittoria del Leeds contro una squadra molto più ricca e molto più forte, che al momento si fregia del titolo mondiale per club, dovrebbe rimanere a lungo nei ricordi dei tifosi americani: lo United, infatti, sta offrendo una tela su cui le stelle nate nel sistema americano possono esprimere il loro grande potenziale». È tuto vero, nonostante i toni siano piuttosto enfatici e trionfalistici: se il Leeds – con tre giocatori ex MLS e un manager statunitense in panchina – è un caso veramente unico, i segnali di sviluppo del sistema americano sono sempre più evidenti. E si manifestano proprio attraverso i movimenti di mercato, la capacità di creare e vendere talento alle grandi società europee.
Si tratta di una tendenza ormai consolidata a livello giovanile e che ora sta dando i suoi frutti anche a livello senior. Basta guardare ciò che è successo nell’ultimo weekend per rendersene conto: Miguel Almirón, paraguaiano del Newcastle con un passato nell’Atlanta United, ha segnato contro il Manchester City; l’attaccante argentino Valentino Taty Castellanos, ex del New York City e ora in prestito al Girona, ha segnato il suo primo gol in Liga; Weston McKennie e Tim Ream hanno giocato da titolari, rispettivamente, nella Juventus e nel Fulham, esattamente come accaduto una settimana a Erik Palmer-Brown, difensore del Troyes; Giovanni Reyna, Kevin Paredes e Ricardo Pepi sono entrati dalla panchina in Bundesliga, con le maglie del Borussia Dortmund, del Wolfsburg e dell’Augsburg; Busio ha giocato da titolare con il Venezia in Serie B e l’aveva fatto con regolarità anche nella stagione scorsa in Serie A, e accanto a lui il tecnico Javorcic ha schierato anche il giovane Tessmann. Infine, ma non in ordine di importanza, il Chelsea e l’Arsenal hanno pescato proprio nel campionato americano i loro attuali portieri di riserva: sono Matt Turner (proveniente dai New England Revolutions) e Gabriel Slonina (preso dal Chicago Fire e rimasto in prestito in Illinois fino a fine anno solare).
Non siamo ancora di fronte a una vera e propria colonizzazione, del resto i giocatori ex MLS protagonisti in Europa non sono ancora tantissimi e non hanno ancora spodestato i brasiliani, gli argentini o gli africani dalle loro posizioni storiche. Ma resta il fatto che qualcosa è già cambiato e sta continuando a cambiare: forse la grande operazione fatta dal Bayern con Alphonso Davies ha reso pubblico il lavoro fatto sottotraccia dalle Academy nordamericane e dagli scout dei grandi club europei, che ora guardano a quella porzione di mondo anche per scovare i grandi giocatori del futuro, non solo per piazzare atleti a fine carriera. Il fatto che alcuni dei calciatori citati finora non siano nordamericani – Almirón come detto è paraguaiano, Castellanos è argentino – accende i riflettori anche su un altro aspetto importante: le franchigie della MLS lavorano sul mercato per alimentare proprio questo circuito di individuazione e sviluppo del talento, lo fanno investendo cifre consistenti e lo fanno ormai da anni. Ora stiamo iniziando a vedere i primi risultati di questo cambiamento di politica, nel grande calcio europeo per club e anche nelle competizioni per rappresentative nazionali: Stati Uniti e Canada hanno già degli ottimi organici, e le loro prospettive sembrano essere ancora più rosee. Magari è ancora troppo presto per pensare al sorpasso sul calcio europeo, magari non succederà mai. Ma la strada intrapresa, dopo anni di tentativi a vuoto, sembra essere finalmente quella giusta.