«Anche quest’anno si vince l’anno prossimo», avranno sicuramente pensato i tifosi Ferrari, come ormai capita da 15 anni a questa parte. Nonostante manchi ancora una manciata di gare al termine della stagione 2022, la Ferrari si ritrova ancora una volta a dover rimandare i sogni di trionfo nel campionato mondiale. L’ultima vittoria rimane quindi quella di Kimi Raikkonen nel 2007, seguita nel 2008 dall’ultimo campionato costruttori vinto. Per il 2022, entrambi i titoli messi in palio dalla Formula Uno – piloti e marche – sono già stati conquistati matematicamente da Verstappen e dalla Red Bull, quando sembrava che potesse finire diversamente: la stagione era iniziata molto bene per la Ferrari, con due vittorie – di cui una doppietta – e quattro pole di Charles Leclerc nelle prime cinque gare, mentre le scuderie rivali manifestavano rassegnazione. Poi, però, qualcosa ha smesso di funzionare nel modo giusto. «Un anno di rogne» ha sintetizzato Giorgio Terruzzi parlando della stagione di Leclerc. La sfortuna ci ha sicuramente visto benissimo in molti diversi casi – per esempio in della pioggia caduta prima del Gran Premio di Montecarlo a scombinare strategie solitamente scontate per chi parte dalla pole position – ma non basta a spiegare l’andamento a due facce della stagione.
Se le rotture del motore in Spagna e in Azerbaijan – quando Leclerc era comodamente al comando delle gare – possono essere ricondotte alla suddetta rogna o a una cattiva progettazione delle componenti, a seconda del punto di vista, per il resto la Ferrari ha dimostrato scarsa personalità e lucidità al muretto nelle fasi più concitate delle corse, nonostante il direttore sportivo Matteo Binotto abbia sempre difeso i propri uomini, a partire dallo stratega Iñaki Rueda. Nelle sue arringhe, Binotto si è arrampicato sugli specchi in modo talmente evidente da far saltare i nervi anche al tifoso più moderato. Oppure addirittura perdendo la calma – ma non la sua svizzera impassibilità – e litigando con i giornalisti, come accaduto con Carlo Vanzini, commentatore della Formula Uno su Sky .
Tra le decisioni di certo “rivedibili” da parte della scuderia c’è stata quella di non designare come prima guida lo stesso Leclerc, né nelle parole né nei fatti. E questo nonostante l’inizio di campionato del pilota monegasco sia stato decisamente migliore rispetto a quello del compagno di squadra Carlos Sainz Jr., che per tutta la stagione ha fatto più fatica ad adattare il proprio stile di guida al nuovo tipo di vettura e così si è ritrovato attardato in classifica fin dall’inizio. Leclerc e Sainz sono stati lasciati liberi di correre l’uno contro l’altro, anche a rischio di perdere posizioni in pista, come successo nella gara sprint di Imola, quando Leclerc era ancora in corsa per il titolo mondiale. Alla lunga i punti persi dal monegasco in questo modo non sono stati decisivi, perlomeno non per il primo posto in classifica, ma una simile indecisione sarebbe potuta costare cara in altre situazioni più tirate.
Uno degli esempi più clamorosi in questo senso è stato quello di Silverstone, con Leclerc sacrificato dal muretto in favore del compagno nonostante fosse in testa alla gara. In occasione dell’entrata in pista della safety car, Sainz ha effettuato il pit stop mentre il pilota monegasco è rimasto in pista con le gomme del tutto usurate, e questo non gli ha permesso di difendersi dagli attacchi avversari, così ha finito la corsa al quinto posto. Nelle interviste post-gara, Leclerc è apparso con il viso visibilmente solcato da rabbia e delusione: «Se il team deve decidere tra me e Carlos? Non è una mia scelta, chiedetelo a Binotto», ha affermato in uno dei suoi rarissimi sfoghi pubblici. Proprio lui che ha sempre dimostrato di possedere un invidiabile aplomb, fin da quando era ragazzino.
Dal canto suo, il direttore sportivo della scuderia si è limitato a dichiarare che non sarebbe stato possibile effettuare i due pit stop in contemporanea (cosa smentita dai fatti, visto il vantaggio che Leclerc aveva in pista nei confronti di Sainz) e che il monegasco si sarebbe ritrovato poi dietro alla Mercedes di Lewis Hamilton – solo che poi avrebbe potuto superare il pilota inglese grazie a pneumatici più freschi, così come fatto agevolmente dallo spagnolo. Nonostante si sia ritrovato penalizzato da un errore del suo muretto, dopo il Gran Premio Leclerc ha persino subito un rimprovero dallo stesso Binotto per la sua reazione rabbiosa, con tanto di indice puntato addosso, in quello che probabilmente diventerà uno degli highlights della prossima stagione di Drive to Survive su Netflix.
Se in Gran Bretagna perlomeno è arrivata la vittoria di Sainz – la prima in Formula Uno – nel successivo Gran Premio di Ungheria la scuderia è riuscita a fare addirittura peggio, imponendo a Leclerc di montare un set di gomme dure non adatte al circuito, tanto che fino ad allora erano state utilizzate molto poco dalle altre scuderie: così Leclerc è retrocesso dalla prima alla sesta posizione in classifica. Una gara e un errore che resteranno impressi nella memoria degli appassionati di Formula Uno per molti anni, se non altro per il video poi diventato virale e oggetto di meme di Max Verstappen, Lewis Hamilton e George Russell che nel retropodio se la ridono dopo aver saputo della scelta (poco) strategica dalla Ferrari.
Come sottolineato da Federico Albano in quella occasione – ma il discorso si può applicare a gran parte della stagione – il reparto dei tattici Ferrari ha dimostrato di non funzionare, principalmente a causa di un’eccessiva rigidità strutturale e mentale: «L’occhio e l’istinto dell’uomo rimangono un tassello fondamentale per una buona strategia. […] Da una parte Red Bull ha avuto l’istinto e l’elasticità di prendere velocemente una decisione chiave, mentre a Maranello non sono bastati i giri di schieramento, 39 giri di gara e sei piloti su cui la gomma dura non funzionava per cambiare il piano prefissato ed evitare di distruggere la gara di Leclerc. Una rigidezza mentale difficile da comprendere, in una disciplina fluida per natura, fatta di piani che cambiano minuto per minuto e decisioni prese in tempo reale».
D’altra parte, tutto questo ha messo in luce quello che sembra essere al momento il più grande punto debole di Leclerc: l’incapacità di mostrare autorità nei confronti del muretto, accettando invece tutte le decisioni in modo passivo, anche quando il suo parere potrebbe essere fondamentale. A Monte Carlo, per esempio, quando è stato richiamato ai box per montare un nuovo set di gomme da bagnato nonostante la pista si stesse asciugando, il monegasco ha obbedito ciecamente, senza fornire ulteriori indicazioni al team. Cosa che invece poco prima aveva fatto Sainz, rimasto in pista per qualche altro giro dopo aver risposto in modo secco al muretto: «Non penso che sia la cosa giusta da fare». Il talento di Leclerc è innegabile, ma per poter arrivare al livello di piloti come Verstappen, Hamilton o persino del suo ex compagno di squadra Sebastian Vettel, ha bisogno di dimostrare maggiore decisione, e autorevolezza in queste situazioni.
Sarebbe ingiusto però affermare che le vittorie di Verstappen e della Red Bull siano state dovute solo agli errori della Ferrari e di Leclerc. La scuderia austriaca avrebbe probabilmente vinto comunque, considerando la compattezza e l’esperienza che ha saputo mettere in pista soprattutto nella seconda metà di stagione, dagli aggiornamenti tecnici più efficaci di quelli delle scuderie rivali alle scelte a volte azzardate ma quasi sempre azzeccate della stratega Hannah Schmitz, divenuta a sua volta un fenomeno mediatico (tanto da essere definita «un genio» dalla Gazzetta dello Sport). Senza contare la crescita notevole di Verstappen nella gestione delle gare, anche solo rispetto al 2021. Forse, però, se tutto fosse andato nel modo giusto, la certezza matematica della vittoria, per Max e il suo team, sarebbe arrivata più tardi, e i numeri stagionali della Ferrari sarebbero stati un po’ meno negativi.
In vista del 2023, a Maranello e dintorni sarà necessario fare più di un passo in avanti. È un punto su cui Leclerc ha insistito spesso nelle interviste più recenti: «Se vogliamo lottare per il titolo, dobbiamo fare un altro step. Soprattutto la domenica: è lì che dobbiamo migliorare. Dobbiamo migliorare un po’ su tutto, gestione gomme, gestione gara, mettere tutto insieme per fare le scelte migliori e portare a casa i punti». Nonostante tutte le delusioni e le arrabbiature stagionali, nonostante tanti momenti che avrebbero potuto incrinare il suo rapporto con la scuderia, il pilota monegasco ha più volte giurato fedeltà alla Ferrari. E questa è già da considerarsi un’ottima notizia per il futuro della rossa, visto che piloti del livello di Leclerc ce ne sono ben pochi in circolazione. Nei recenti anni bui della scuderia, era diventato un tormentone la frase più volte ripetuta da Vanzini durante le telecronache: «Date una macchina a questo ragazzo». Ora che finalmente la macchina c’è, lo si potrebbe aggiornare in «Date una squadra a questo ragazzo».