Quanto sono forti i giovani della Juventus?

Fagioli, Miretti, ma anche Soulé e Iling-Junior stanno trovando spazio. Forse è stata una scelta della disperazione, ma in questo modo Allegri ha scoperto delle nuove risorse.

La vittoria della Juventus sulla Lazio, nel posticipo dell’ultimo turno di Serie A, è il segnale più forte che i bianconeri potessero mandare al campionato. Il 3-0 maturato allo Stadium ha detto che la squadra di Allegri è tornata a macinare gioco e risultati con una continuità che mancava da un po’, che ha di nuovo la forza di inclinare le partite nella direzione voluta a partire dal pressing coordinato e dalla prepotenza atletica dei suoi giocatori, anche quando non sembra avere i sincronismi giusti per garantirsi il controllo tecnico-tattico del match. Contro la Lazio, Nicolò Fagioli è rimasto in campo per tutti i 90 minuti: non ha brillato particolarmente, ha avuto un’occasione da gol all’inizio e in seguito ha offerto poche giocate da highlights, ma è stato un ingranaggio del sistema, si è occupato di compattare il centrocampo e/o di salire in pressing su Marusic, ha offerto un appoggio comodo ai suoi difensori e ha accompagnato l’azione in avanti. La capacità di tenere il campo in una partita d’alta classifica non è così scontata, in Italia e in Serie A, per un calciatore classe 2001 con poco più di 300 minuti in stagione. Ma Fagioli ha già dimostrato che non deve essere per forza il cuore tecnico e creativo della sua squadra – come accadeva ad esempio l’anno scorso in Serie B, con indosso la maglia della Cremonese – per incidere sulla partita, che non ha bisogno di mettere in mostra tutte le sue doti balistiche e la visione di gioco per stare ai massimi livelli. La maturità e la naturalezza con cui sta nello spartito sono proprie di un centrocampista che ha trovato la sua dimensione in una squadra di vertice in Serie A.

Delle sue capacità si è accorto anche Roberto Mancini, che lo ha chiamato in Nazionale. Il ct dell’Italia ha già dimostrato più volte di saper riconoscere il talento e di volerlo coltivare, di esplorarlo quando possibile, e infatti ha convocato anche Fabio Miretti: un premio dopo un avvio di stagione in cui il centrocampista della Juventus ha dimostrato – per altri motivi, con altre giocate rispetto al compagno di reparto – di meritare un riconoscimento importante come la convocazione in azzurro.

Come Fagioli e Miretti, anche Matias Soulé e Samuel Iling-Junior hanno lasciato intravedere sprazzi di talento in questo avvio di stagione bianconero. La Juventus aveva bisogno e avrà ancora bisogno delle loro qualità individuali e del valore aggiunto che possono dare a una rosa assemblata con poche idee, o comunque con idee non proprio innovative. Certo, dopo il Mondiale Pogba tornerà titolare, così come Di María e Chiesa; se recupererà una condizione fisica accettabile, pure Paredes dovrebbe diventare il mediano di riferimento per Allegri; e anche Rabiot manterrà il suo posto nelle rotazioni del centrocampo. Ma i minuti e le opportunità dovranno esserci, per i Gen Z della Juve. Perché l’anno 2023 richiederà una costanza di rendimento raggiungibile solo mettendo a sistema tutti gli elementi di una rosa lunga, giovani compresi, nonostante le ritrosie ormai stantie dei bianconeri. A maggior ragione se i veterani non dovessero avere – come pronosticabile – la condizione atletica per giocare 35 partite (o quel che saranno) tra gennaio e giugno. Dopotutto il campionato è ancora lungo, c’è una Europa League che può essere un peso o un’opportunità – a seconda dell’angolazione con cui la si guarda – e i bianconeri devono recuperare ancora dieci punti dal Napoli, o comunque mantenersi nei primi quattro posti per centrare la qualificazione in Champions League.

Va detto che la stagione della Juventus era iniziata con altre premesse. I Pogba, i Paredes e i Di María che non hanno contribuito granché in questo ultimo tratto di 2022 avrebbero dovuto guidare il centrocampo e quindi la squadra bianconera. Allegri contava di conservare i suoi fedelissimi sempre al centro del progetto tecnico. Invece non ha potuto farlo: ha dovuto strambare all’improvviso come un Optimist in regata, mandando in campo diversi giovani senza esperienza e con caratteristiche diverse dai veterani. Insomma, l’inserimento di Miretti e Fagioli, ma anche di Soulé e Iling-Junior, assomiglia più a un incidente di percorso che a una scelta: non a caso, un altro centrocampista ventenne già in rosa, Nicolò Rovella, è stato ceduto in prestito – al Monza – quando la stagione era già iniziata. Anzi, è sembrato quasi che Allegri li mettesse dentro per provocazione, come in quella notte di Champions League al Da Luz di Lisbona, contro il Benfica, quando ha mandato in campo prima Miretti e poi Iling-Junior e Soulé a risultato già compromesso, senza nessuna velleità di rimonta. Solo che a un certo punto la rimonta è sembrata possibile proprio grazie ai nuovi entrati.

Quella partita, con una distribuzione degli eventi improbabile, quasi allegorica, deve aver suggerito qualcosa ad Allegri, deve aver fatto capire che una Juventus così ingessata nei suoi uomini chiave, nelle sue idee secolari, ma anche nelle scelte manageriali e di mercato, può invece trarre beneficio dall’entusiasmo e dal nuovo spessore tecnico e prospettico dei suoi giovani, ed è un discorso valido in questa fase della sua stagione come in questa fase della sua storia. Perché ognuno dei quattro giovanissimi di cui abbiamo parlato finora ha dimostrato di avere qualità specifiche che potrebbero tornare parecchio utili nei prossimi mesi, e nei prossimi anni: Fagioli si era già imposto l’anno scorso in Serie B come uno degli Under-21 con maggiore talento creativo in Italia, i suoi due primi gol in Serie A – il destro a giro contro il Lecce e la conclusione potente seguendo la squadra in contropiede contro l’Inter – sono solo un di più, un elemento in realtà accessorio per un talento potenzialmente in grado di mettersi alla guida del centrocampo della Juve e forse anche della Nazionale. La capacità di Fabio Miretti di essere un centrocampista offensivo moderno, mobile e tecnico insieme, ancora fumoso in alcune giocate ma mai grezzo, come pure sarebbe legittimo attendersi da un ventenne, è una qualità rara nel roster della Juventus. Per il suo modo di girarsi sul piede perno con leggerezza e per la qualità di tocco in spazi ridotti, Miretti deve per forza essere un’alternativa credibile per Massimiliano Allegri – che infatti per ora lo sta premiando mandandolo in campo quasi in tutte le partite, per oltre 800 minuti totali accumulati in stagione.

Fagioli e Miretti in azione contro il Paris Saint-Germain: Miretti aveva già disputato una gara di Champions League nella stagione scorsa, contro il Malmö, mentre per Fagioli l’esordio nella massima competizione europea per club è arrivato quest’anno, in occasione della gara interna contro il Benfica (Franck Fife/AFP via Getty Images)

Anche i segnali che arrivano dagli altri due giovani sono incoraggianti. Samuel Iling-Junior è un esterno ancora molto lineare, il suo modo di stare in campo e fare calcio è quasi monodimensionale, ma è estremamente efficace grazie a una forza esplosiva difficilmente pareggiabile dal diretto marcatore: l’elettricità che ha generato entrando a partita in corso contro Lecce, Psg e Benfica e quella velocità che gli permette di creare superiorità sull’esterno in maniera sistematica lo rendono una pedina interessante già ora, subito, soprattutto se impiegato nella mezz’ora finale, a gioco rotto. Soulé invece sembra aver bisogno di più tempo e più minuti, ma forse è solo perché il suo talento è di quelli che vive sulla tecnica, quindi anche sul contesto tattico che lo circonda: insomma, non si tratta di un calciatore che incide sempre e comunque, indipendentemente da tutto, ma di un fantasista dal tocco pregiato che può regalare e regalarsi colpi di classe, a patto che si abbia la capacità, il coraggio, la volontà di attenderlo.

L’affermazione più o meno evidente dei giovani talenti bianconeri è anche il coronamento di un percorso che la Juventus ha iniziato una decina d’anni fa. Il progetto del settore giovanile bianconero prevede che i ragazzi giochino quasi sempre ben al di sotto dell’età massima consentita dal regolamento: l’Under-19 è composta in maggioranza da ragazzi di 17 anni, così come l’Under-23 milita in Serie C, un campionato senza limiti d’età, e quindi affronta inevitabilmente dei giocatori molto più esperti. Una strategia che all’inizio sembrava portare più problemi che altro, ma adesso potrebbe essere arrivato il momento del raccolto: se i primi frutti sono Fagioli, Miretti, Soulé e Iling-Junior, tutti con dei trascorsi nella seconda squadra, allora anche le semine del futuro promettono bene.

Ora c’è una lunga pausa per Mondiali, e da gennaio la palla tornerà nel campo di Allegri. Ovvero di un allenatore che, in più occasioni negli ultimi anni, ha fatto capire di fidarsi poco dei giocatori con scarsa esperienza: non molto tempo fa, non a caso, ha detto che «i ragazzi devono fare un percorso perché altrimenti c’è il rischio di perderli per strada: sono pochi quelli che diventano fenomeni a 20 anni, la maturità viene raggiunta sui 25 o 26 anni. Ora tutto è voluto, una volta si faceva la Serie C, poi la B e poi, infine, la A. La crescita deve essere questa, non bisogna inventarsi nulla». C’è qualcosa, nel conservatorismo ostentato da Allegri, che fa temere un ritorno sullo sfondo di Miretti, Fagioli, Iling-Junior e Soulé appena rientreranno tutti i titolarissimi. Non sarebbe così sorprendente, in fondo. Ma questo inizio di stagione merita un approfondimento e una possibilità di appendice: sarebbe delittuoso far tornare nell’ombra dei calciatori che possono rappresentare il futuro del club, e che hanno già dimostrato di avere tutto ciò che serve per rendere più interessante pure il presente. Magari non saranno ancora forti e decisivi come quelli che hanno dovuto sostituire, ma perché possano diventarlo non c’è che una strada: continuare a puntare su di loro.