La peggior settimana iniziale nella storia dei Mondiali

Stadi, hospitality, divieti vari: il torneo del Qatar si sta rivelando un insuccesso logistico.

Una settimana esatta di partite dei Mondiali, ed è ancora presto per trarre delle conclusioni definite, o anche solo per intercettare delle tendenze reali, su ciò che sta succedendo in campo: l’Argentina ha prima perso contro l’Arabia Saudita e poi ha battuto il Messico, l’Inghilterra ha vinto largo contro l’Iran e poi si è fatta fermare dagli Stati Uniti e così via, in attesa che si completi la seconda giornata. Insomma, non possiamo ancora dire – perché semplicemente non sappiamo – se quella ospitata dal Qatar è e sarà ricordata come una Coppa del Mondo bella brutta in relazione al gioco puramente inteso, se questi Mondiali hanno avuto o avranno un impatto sugli equilibri tra le varie Nazionali, quindi tra le forze che compongono la mappa del calcio internazionale. Quel che è certo, però, è che dal punto di vista organizzativo abbiamo vissuto – anche se da lontano, ovviamente – una settimana surreale, si può dire anche malinconica o più semplicemente brutta. Le notizie arrivate dal Qatar hanno confermato che l’assegnazione del torneo a un Paese del genere non è stata una grande idea, al di là di come sia realmente andato il processo di hosting – non è stato proprio trasparente, per usare un eufemismo. È un discorso che riguarda diversi aspetti: la convenienza e la convivenza politico-culturale, la pura e semplice logistica legata alla fruizione dello sport e all’ospitalità, la gestione del rapporto con i media.

Certo, sul giudizio – nostro, di tutti – pesa sicuramente tutto ciò che abbiamo letto e vissuto prima dell’inizio dei Mondiali, le storie sulla corruzione dei dirigenti Fifa, i reportage e le indagini sui lavoratori migranti morti durante la costruzione degli stadi, i racconti dal Qatar sulla condizione delle donne, anche solo il semplice – ma complicatissimo, in realtà – spostamento del torneo a novembre per questioni di incompatibilità climatica. È tutto qui, in un articolo pubblicato sulla nostra guida ai Mondiali e firmato da Cosimo Bizzarri e Matteo de Mayda, Ma poi c’è stato e c’è anche altro, quasi come se il Qatar volesse fatalmente alimentare la sensazione che questo sia un Mondiale sporco, o comunque molto distante da qualsiasi altro Mondiale mai esistito, o che esisterà.

Per esempio la storia della birra, di cui si parlava da anni e in relazione alla quale le regole sono cambiate a poche ore dall’evento. Nella lunga marcia di avvicinamento ai Mondiali, il Qatar-stato aveva assicurato che non sarebbero stati imposti dei divieti – seppur compatibilmente con le tradizioni di un Paese musulmano radicale – e che i prezzi per i tifosi sarebbero stati bassi. Ma poi nei due giorni prima del calcio d’inizio di Qatar-Ecuador, i punti vendita di birra sono stati prima allontanati rispetto a dove dovevano essere posti, e ricollocati in zone più isolate, e poi banditi completamente dagli stadi. Inoltre, il prezzo previsto era ed è decisamente più alto. Con una decisione del genere, anche un divieto leggermente più comprensibile – e anche culturalmente accettabile – come quello relativo ai costumi dei cavalieri templari sugli spalti, un travestimento tipico dei tifosi inglesi, è stato vissuto come l’ennesimo sopruso.  Un’altra correzione in corsa, stavolta in positivo, ha riguardato i simboli della comunità LGBTQI+: come scrive The Indenepdent in questo articolo, inizialmente tutti i vessilli colorati di arcobaleno venivano respinti all’ingresso degli stadi, se indossati dai tifosi. Le proteste verso la Fifa inoltrate da alcune Federazioni hanno portato le autorità locali a fare retromarcia, e ad accettare di vedere certi simboli sugli spalti degli stadi. Niente male per un Paese che, secondo quanto riporta un media piuttosto autorevole come la CNN, ha invitato e invita i suoi turisti a «rispettare le tradizioni locali evitando abiti troppo scollati, di quelli che lasciano scoperti gambe e spalle».

All’interno degli stadi al di là di tutto, stanno comunque accadendo cose strane. Non sono tanto i tifosi a farle accadere, piuttosto coloro che sono deputati a contarli. E a pubblicare i dati per conto della Fifa. È iniziato tutto con la prima partita, Qatar-Ecuador, quando sono stati registrati 67.372 ingressi in uno stadio che, però, poteva contenere ufficialmente solo 60mila spettatori. Visto che c’erano anche alcune aree degli spalti vuoti, come è possibile che il numero di spettatori contati dalla Fifa sia stato addirittura superiore rispetto alla capienza dichiarata dell’impianto? Lo ha spiegato direttamente la stessa Fifa, attraverso le dichiarazioni di una fonte anonima citata in questo articolo del Guardian: in pratica, secondo il suo racconto, i numeri inizialmente riportati sui siti ufficiali del torneo riportavano i dati di capienza minimi richiesti dalla Fifa, non quelli reali. Che poi sono stati aggiornati. Di conseguenza, gli iniziali  380.000 posti disponibili negli otto stadi dei Mondiali sono diventati 426.221.

Resta però il fatto che i dati numerici non sembrano avere corrispondenza con la realtà. Uno dei motivi potrebbe essere legato al numero di biglietti venduti e poi non effettivamente utilizzati. E lo stesso discorso potrebbe valere per i possessori di biglietti sponsor o per gli ospiti delle varie partite. Al di là di questo, c’è però anche un altro aspetto di cui tener conto: la Fifa ha confermato che i cittadini del Qatar hanno acquistato la porzione più consistente dei tre milioni di biglietti messi in vendita, ma il numero preciso di questi biglietti non è stato pubblicato. Il Guardian ha parlato con diversi qatarini che hanno dichiarato di aver acquistato biglietti per venti partite diverse. Difficile pensare che possano davvero vederle tutte, e allora gli stadi finiscono per sembrare – ed essere – mezzi pieni e mezzi vuoti, come ha scritto su Twitter Tariq Panja, corrispondente del New York Times dal Qatar. Non l’ha scritto a caso: ha allegato anche una testimonianza fotografica relativa alla sfida tra Marocco e Croazia:

Come se non bastasse, pare che moltissimi tifosi stranieri abbiano deciso di non recarsi in Qatar pur avendo acquistato già il biglietto. Forse è inevitabile, se diamo un occhio ai cosiddetti fan camp allestiti dalle autorità locali per accogliere i tifosi che non possono permettersi le – poche, costose – sistemazioni in camera d’albergo. In alcuni casi si tratta di distese di container riconvertiti in alloggi con aria condizionata, in altri invece la situazione è persino peggiore: come mostra questo reportage di Emily Brooks, giornalista della BBC, ci sono dei villaggi in cui i letti sono installati all’interno di tende poste sulla sabbia del deserto, con della gomma utilizzata come pavimento e dei servizi igienici non privati e che ricordano quelli dei peggiori campeggi sulle coste italiane. Per dormire una notte in questo fan camp, il prezzo è di circa 200 euro. Non c’è molto altro da aggiungere.