Quali sono state le squadre più divertenti del Mondiale?

Piccolo resoconto tecnico-tattico di Qatar 2022, tra conferme, sorprese e nuove tendenze.

Nell’etimologia della parola divertimento c’è la reale natura del sentimento che questa parola descrive, c’è la fluidità e quindi la soggettività del concetto che esprime: secondo i linguisti di Garzanti, il verbo divertire deriva infatti dal latino divertĕre, ovvero “volgere altrove”. Insomma, una cosa divertente è – per definizione – una cosa che diverge e va fuori dall’ordinario, che distrae dalla noia, dalla tristezza. Ecco perché gli esseri umani si divertono con le cose nuove, o comunque con le cose non frequenti e non convenzionali. Per chi ama il calcio, per esempio, succede che ai Mondiali – un evento dall’eco planetaria che si tiene con cadenza quadriennale – ci si diverta grazie alle squadre e ai calciatori che vanno oltre le previsioni della vigilia, che mostrano qualcosa di nuovo a livello tecnico-tattico. Spesso le due cose coincidono, perché se una Nazionale non favorita vuole rendere oltre le aspettative deve necessariamente colmare il gap con quelle più forti attraverso grandi giocate dei singoli, oppure manifestando una grande organizzazione tattica: tutte cose che di solito colpiscono gli appassionati. Certo, come detto in questo discorso c’è anche da considerare la variabile della soggettività: magari non tutti hanno apprezzato il calcio elettrico del Senegal 2002 o il possesso ragionato e raffinato della Croazia 2018, è lecito e sacrosanto preferire altro. Ma il punto è che quel Senegal e quella Croazia hanno dato una scossa a quelle edizioni della Coppa del Mondo.

Se guardiamo a ciò che è successo e a ciò che sta succedendo ai Mondiali del Qatar, le notizie tattiche – quelle sui trend relativi alle strategie applicate in campo dai commissari tecnici – hanno confermato l’onda lunga di quanto avvenuto in Russia nel 2018: il gioco di possesso di stampo iberico, distintivo della Spagna e della Germania pur con le inevitabili contaminazioni legate al tempo e alla geografia, sta vivendo un clamoroso declino, sorpassato da una tensione verticale spiccata ma non ossessiva, cioè non per forza legata ai concetti del Gegenpressing; allo stesso modo, è sempre più raro vedere Nazionali competitive che giocano con due attaccanti puri, anzi il Brasile e l’Olanda non ne usano nemmeno uno, visto che i vari Richarlison, Vinícius, Gakpo e Depay non possono essere considerati dei centravanti classici. È un piccolo paradosso, se consideriamo che Luis Enrique e Flick sono stati criticati proprio per la loro reticenza a schierare una prima punta: evidentemente i problemi di Spagna e Germania appartenevano solo a Spagna e Germania, non erano e non sono legati a una tendenza universale, o solamente trasversale.

In virtù di tutto questo, ora che siamo alla vigilia dei quarti di finale, è un momento buono per individuare le squadre più divertenti dei Mondiali. Ovvero quelle che hanno espresso il calcio migliore e/o più innovativo, quelle che hanno ammaliato pubblico e critica per una caratteristica particolare del loro gioco. Quelle che hanno sorpreso tifosi, osservatori, analisti. Se guardiamo alle Nazionali che sono ancora in corsa e che erano favorite alla vigilia, di certo il Brasile ha offerto l’esperienza più appagante. È un discorso valido da diversi punti di vista: quello puramente estetico, perché i due gol di Richarlison – la rovesciata contro la Serbia e il tocco sotto misura che, contro la Corea, ha chiuso un flipper supersonico in area di rigore – sono stati davvero meravigliosi; e poi quello funzionale, legato all’equilibrio tra attacco e difesa, all’efficacia dei meccanismi. Tite ha messo a punto un sistema estremamente fluido, in grado di manipolarsi continuamente: in fase di costruzione, la Seleçao gioca con tre difensori centrali e due mediani alle spalle di cinque attaccanti che si dividono perfettamente il campo, garantendo ampiezza e anche l’occupazione dei mezzi spazi; in fase passiva, questo schieramento si contrae e si compatta, così la squadra si trasforma in un blocco schierato con il modulo 4-5-1 che però tiene sempre alto il pressing, soprattutto grazie all’intensità garantita da Casemiro. E non importa se accanto a lui ci sia un (ex?) trequartista riconvertito in mezzala/interno come Lucas Paquetá: il Brasile, proprio attraverso la sua capacità di aggredire l’avversario e di scivolare tra un modulo e l’altro in transizione, non perde mai equilibrio. Per dirla brutalmente: la squadra di Tite non fa nulla di davvero rivoluzionario, semplicemente ha un sistema organizzato che sostiene ed esalta il talento degli attaccanti. E non c’è molto altro da aggiungere, visto che parliamo del Brasile.

Anche il gol di Paquetá, sempre contro la Corea, non è niente male

Si potrebbe dire la stessa cosa anche della Francia e del Portogallo, ma in questi due casi le storie sono diverse. Deschamps, infatti, ha dovuto rinunciare a Pogba, Kanté e poi anche a Benzema, ma nonostante queste assenze così importanti è riuscito a costruire – di nuovo, quattro anni dopo il successo in Russia – un modello di gioco che mette Mbappé nelle migliori condizioni per scatenare la sua capacità di segnare in tutti i modi. L’intuizione decisiva è stata lo spostamento di Griezmann, la creazione di un ruolo che sta a metà tra l’enganche sudamericano e la mezzala: in questo modo, il giocatore dell’Atlético Madrid può aspergere la sua tecnica purissima senza strappare, nonostante lo scatto non sia più quello di qualche anno fa. La presenza di Giroud – le sue sponde, la sua capacità di caricarsi sulle spalle il peso dell’attacco – e il gran lavoro di Tchouaméni e del miglior Rabiot di sempre contribuiscono ad aprire gli spazi giusti per Mbappé, per quello che è a tutti gli effetti – numerici, di percezione – il calciatore più decisivo dei Mondiali. Non ci sarà niente di innovativo, in questa Francia riveduta e corretta, ma i Bleus in alcuni momenti sono apparsi davvero incontenibili. E questo, senza dubbio, è fonte di divertimento.

Anche il Portogallo con la Svizzera ha offerto questa stessa sensazione. Ed è facile e inevitabile, visto anche il clamore suscitato dal caso specifico, pensare che tutto sia dovuto alla sostituzione “disciplinare” tra Cristiano Ronaldo e Gonçalo Ramos, autore di una tripletta – primo calciatore a riuscire in questa impresa, se parliamo di gare dei Mondiali a eliminazione diretta, dai tempi di Tomas Skuhravy a Italia 90. In realtà Fernando Santos aveva già trovato il modo di far convivere tantissimi talenti offensivi – Bruno Fernandes, Bernardo Silva, João Felix – e di offrire un’esperienza calcistica di grande purezza tecnica, estremamente raffinata: il ct lusitano, pur ruotando diversi uomini tra difesa e centrocampo in ogni partita disputata finora, non ha mai rinunciato a schierare almeno due mediani – a scelta tra Ruben Neves, Otávio, Vitinha e William Carvalho – in grado di correre tanto ma anche di connettere i vari reparti della squadra con lucidità. Così si sono create le condizioni per le grandi azioni in verticale che hanno spazzato via la Svizzera. In questo senso, la presenza di Gonçalo Ramos – una prima punta più dinamica e meno accentratrice – al posto di Ronaldo ha effettivamente aiutato questa metamorfosi.

Il gol di squadra più bello dei Mondiali?

Tra le altre Nazionali qualificate agli ottavi di finale, si potrebbe parlare dell’Olanda, di una squadra che in alcuni tratti delle partite gioca effettivamente male, cioè in modo lento e prevedibile e speculativo, ma che sa anche costruire azioni di enorme qualità. Ma la squadra che ha messo in mostra le cose più interessanti è sicuramente il Marocco. E non è una semplice questione di risultati, o di rapporto tra aspettative e resa: Walid Regragui, ct che ha ereditato una situazione politicamente esplosiva e ha messo la normalità e la tranquillità al centro di tutto, ha anche assemblato una squadra perfettamente in grado di difendersi in modo compatto ma non speculativo, di contenere gli avversari senza abbassarsi troppo in area di rigore, e soprattutto di ripartire in verticale con grande rapidità, grazie soprattutto al grande lavoro di En-Nesyri, al dinamismo di Amrabat, alla tecnica illuminata di Zyiech in tutte le fasi di gioco. Accanto a lui, sia Ounahi che Boufal hanno mostrato grande creatività, soprattutto nello stretto; allo stesso modo, Hakimi e Mazraoui hanno confermato che non giocano al Psg e al Bayern per caso, anzi sono davvero due dei laterali più completi e decisivi d’Europa, sia in difesa che in attacco.

Tra le squadre che sono uscite, a meritare una menzione d’onore sono senza dubbio Arabia Saudita e Giappone. Nella gara contro l’Argentina, i sauditi sono stati dominati nel primo tempo, eppure Messi ha segnato solo su rigore, e i suoi compagni si sono fatti pescare per sette volte in fuorigioco; in tre di queste occasioni, per altro, la segnalazione del guardalinee e/o del Var ha portato all’annullamento di un gol. Poi nella ripresa sono arrivati due gol belli che hanno ribaltato il risultato, ma il punto è che la squadra di Renard ha mostrato un approccio quasi scientifico alla fase difensiva, un’applicazione feroce di concetti ambiziosi per non dire rischiosi, e anche se gli stessi concetti non hanno pagato nelle gare successive – contro Polonia e Messico – l’Arabia Saudita ha fatto esattamente ciò che poteva e doveva fare: ha provato a colmare il gap tecnico con le migliori squadre del suo girone, un gap pure piuttosto ampio, con le idee e il coraggio di applicarle senza timori reverenziali.

Infine, c’è il Giappone di Hajime Moriyasu. Che ha mostrato sacrificio e tanto dinamismo, ma anche una capacità non comune di attuare meccanismi tattici piuttosto sofisticati, soprattutto nella risalita dal basso. I giocatori nipponici, con il loro 3-4-2-1/3-4-3, hanno sempre cercato – e spesso hanno trovato – degli invitanti corridoi verticali in cui far viaggiare il pallone senza buttarlo mai via, alternando costantemente lanci lunghi a squarciare il campo e costruzioni più ragionate. Nei secondi tempi, gli ingressi di elementi più abili ad allargare e allungare il campo, su tutti Asano, hanno dato ulteriore sprint a un sistema complesso e difficile da decifrare nonché da scalfire. Lo dicono le prove ricche di epica contro Germania e Spagna, ma anche l’ottavo di finale giocato benissimo contro la Croazia, una delle squadre con più esperienza di tutto il Mondiale.