È il solito Mondiale da incubo della Ferrari?

I segnali inquietanti della prima gara, dal ritiro di Leclerc alla distanza dalle Red Bull.

Dopo il Gran Premio del Bahrein, con la doppietta Red Bull e il ritiro di Charles Leclerc per un guasto, forse ai tifosi della Ferrari è rimasta solo la scaramanzia. La gara inaugurale della stagione 2023 è finita in modo speculare rispetto a quella dello scorso anno, quando a conquistare una doppietta fu la scuderia del Cavallino Rampante, e Max Verstappen dovette ritirarsi per un guasto meccanico. Nonostante questo, a vincere il Mondiale piloti di Formula Uno è stato proprio Verstappen. Come se non bastasse, è possibile richiamare un’ulteriore statistica, più volte citata negli ultimi giorni: l’ultimo a vincere sia la gara inaugurale che il campionato mondiale è stato Nico Rosberg nel 2016 con la Mercedes, e da allora chi ha trionfato all’esordio è poi arrivato secondo nella classifica generale. 

Il punto, però, è che la realtà racconta tutt’altro: la Red Bull sembra talmente superiore rispetto alla concorrenza che ci sarà probabilmente ben poco in cui sperare, perlomeno nel breve e medio termine. E non solo per la Ferrari: dopo la corsa, il team principal della Mercedes, Toto Wolff, ha affermato che le vetture della scuderia austriaca sono «di un altro pianeta»; il pilota George Russell, a sua volta, ha scommesso che «la Red Bull vincerà tutte le gare». A caldo, Leclerc non ha voluto manifestare un’eccessiva rassegnazione, ma al tempo stesso ha sottolineato come gli avversari siano «di un’altra categoria». Poi ha aggiunto che «il nostro obiettivo è batterli: dobbiamo lavorare e trovare qualcosa, altrimenti faremo fatica». La sua faccia però diceva tutt’altro, e la parte sul lavoro assomiglia sempre di più a una sorta di mantra che il pilota monegasco ripete da anni nel tentativo di frenare la rabbia e la delusione per i continui risultati avversi. Risultati che in questo caso erano di certo attesi, dopo l’inverno piuttosto tribolato vissuto dalla Ferrari, anche se con proporzioni diverse.  

La stagione si era aperta con le dimissioni di Mattia Binotto, il team principal che aveva riportato la Ferrari a un livello di competitività accettabile, ma che allo stesso tempo era sembrato inadeguato nella gestione della squadra nel suo insieme. Al suo posto, a dicembre, è arrivato dall’Alfa Romeo il francese Frédéric Vasseur, un ingegnere molto più avvezzo alle pratiche della pista del suo predecessore, un dirigente che «nel corso della sua carriera ha unito con successo i suoi punti di forza tecnici, grazie alla sua esperienza in qualità di ingegnere, a una costante capacità di stimolare il meglio nei suoi piloti e nei suoi team», come recitava in modo significativo il comunicato ufficiale della Ferrari. Allo stesso tempo, l’amministratore delegato della Ferrari, Benedetto Vigna, ha deciso di assumere un ruolo più attivo nella gestione della Scuderia – in precedenza completamente affidata a Binotto – dopo che negli ultimi anni si era sentita la mancanza di una figura di vertice. Ha iniziato a muoversi come faceva il Montezemolo degli anni d’oro di Schumacher, tanto per essere chiari. 

Il ruolo di Vasseur è risultato fin da subito complicato, visto che al suo arrivo in Ferrari la vettura per il 2023 era già stata quasi del tutto ultimata, e quindi era quasi impossibile fare cambiamenti sostanziali al team di tecnici e ingegneri. L’unica mossa di una certa rilevanza è stata quella di togliere all’ingegnere spagnolo Iñaki Rueda la responsabilità delle strategie in pista – una delle principali note dolenti della scorsa stagione – per affidarla al britannico Ravin Jain, che già faceva parte del gruppo di lavoro dedicato; al francese Laurent Mekies, invece, è stata affidata la gestione della squadra in pista. Più che altro, la nomina di Vasseur ha avuto un forte significato simbolico: il nuovo team principal è una figura molto gradita a Leclerc, che con lui all’Alfa Romeo ha esordito (ed è cresciuto) in Formula Uno. La scelta fatta a Maranello è sembrata un tentativo di accontentare un pilota sempre più scontento dell’andamento delle cose, della mancata vittoria nel Mondiale, e che nel 2022 si è sentito più volte messo in secondo piano rispetto a Carlos Sainz – nonostante lo spagnolo, di fatto, sia stato escluso dalla lotta per il titolo fin dalle prime gare della stagione. Il contratto di Leclerc scadrà alla fine del 2024, e la Scuderia vorrebbe evitare di perdere un patrimonio simile, oltretutto dopo averlo coltivato per anni all’interno della propria Academy. 

Come spesso accade, il cambiamento ha comunque riportato un minimo di speranza nel cuore dei tifosi e degli addetti ai lavori, complici anche alcune indiscrezioni che volevano la SF-23 come una vettura nata molto bene, più veloce di un secondo rispetto a quella che l’aveva preceduta. Lo stesso Vasseur si era inoltre più volte sbilanciato, parlando della mancanza di affidabilità dello scorso anno come di un problema risolto: «Abbiamo fatto tutti i controlli al banco, abbiamo cose nuove e tutto sembra sotto controllo. Ma occorre essere cauti in merito agli aggiornamenti del motore e sull’affidabilità. In passato abbiamo dovuto depotenziare il motore, mentre ora siamo tornati alla normalità». Tutto l’entusiasmo intorno alla nuova vettura è stato palesato nel corso della sua presentazione, tenuta a Maranello nel giorno di San Valentino alla presenza di migliaia di tifosi. 

La SF-23 si chiama così in onore della storia della Rossa: l’acronimo SF sta infatti per Scuderia Ferrari, mentre il 23 è un riferimento all’anno in corso (Giuseppe Cacace/AFP via Getty Images)

Eppure a moderare subito le aspettative sono arrivati i test pre-stagionali, nei quali la Ferrari ha dimostrato di aver fatto sì dei passi in avanti, ma forse non tutti quelli sperati. E poi anche le scuderie concorrenti erano in qualche modo progredite. Rispetto alla vettura della scorsa stagione, la SF-23 ha migliorato la velocità sul rettilineo, ma ha anche conservato il difetto di consumare le gomme più velocemente rispetto alla Red Bull, qualità necessaria per restare competitivi in gara oltre che in qualifica. Questo difetto è poi detonato nel corso del Gran Premio in Bahrein: la Red Bull si è dimostrata imprendibile e persino la Aston Martin è stata capace di gestire meglio le gomme, tanto da portare Fernando Alonso al terzo posto, proprio davanti a Carlos Sainz. 

I tifosi Ferrari possono aggrapparsi alla bellissima gara che stava facendo Leclerc fino al momento della rottura del suo motore: dopo una grande partenza, il monegasco era rimasto a lungo al secondo posto pur montando le gomme più morbide, e la sua vettura sembrava in grado di competere perlomeno con la Red Bull di Sergio Pérez. Nonostante le maggiori difficoltà con le gomme dure, forse avrebbe potuto proteggere il terzo posto dall’assalto di Alonso, visto il buon vantaggio che aveva accumulato, se non fosse tornato a palesarsi con prepotenza il problema dell’affidabilità. «È stato un po’ uno shock», ha commentato in proposito uno spaesato Vasseur. 

Ora si correrà a Gedda e poi a Melbourne, cioè su piste solitamente più clementi con gli pneumatici e maggiormente favorevoli per le vetture con alte velocità di punta. La Ferrari dovrebbe presentare già alcune novità tecniche per eliminare o perlomeno limitare i difetti espressi fino a questo momento. La speranza, ovviamente, è che risultino efficaci fin da subito. Per il proseguo del campionato, l’altra speranza dei ferraristi è che la Red Bull venga rallentata dalle limitazioni nei test aerodinamici che la Federazione Internazionale le ha imposto dopo aver sforato il budget cap nel 2021. Al momento, però, il lungo inverno della Ferrari sembra essere tutt’altro che alla fine.