La politica di mercato innovativa che ha rifatto grande l’Arsenal

Era da molto tempo che un grande club di Premier non si rivolgeva così tanto al mercato interno.

C’è tanto lavoro dietro la grande stagione dell’Arsenal, dietro il ritorno a grandi livelli dei Gunners: la ristrutturazione societaria è avanti per anni ed è ancora in corso, anche se non sempre in modo lineare, poi l’arrivo di Mikel Arteta e una buona dose di pazienza hanno permesso alla squadra londinese di disegnare un progetto tecnico coerente, fondato sui giovani e su una profondissima identità di gioco. A corroborare tutto questo, ci sono state anche delle scelte di mercato peculiari, nel senso che l’Arsenal ha ideato e avviato una politica di reclutamento che non si vedeva da tempo, nel calcio inglese. Si tratta della tendenza a privilegiare l’acquisto di calciatori che avevano già esperienza in Premier League, in squadre medio-borghesi ma anche in club di prima fascia. Basta scorrere la lista delle ultime operazioni in entrata per rendersene conto: tra l’estate e l’inverno 2022, l’Arsenal ha rilevato i cartellini di Gabriel Jesus (Man City), Zinchenko (Man City), Trossard (Brighton) e Jorginho (Chelsea); nella stagione scorsa, invece, era toccato a Ben White (Brighton) e Aaron Ramsdale (Sheffield United).

Questo non ha impedito alla squadra mercato dei Gunners, capitanata dal direttore sportivo Edu, di acquistare diversi calciatori interessanti provenienti da leghe straniere, per esempio Tomiyasu dal Bologna, Fábio Vieira dal Porto e Odegaard dal Real Madrid dopo il prestito iniziale. Ma è evidente come le attenzioni dell’Arsenal si siano concentrate su atleti già residenti in Inghilterra. Sono i numeri, riportati in questo articolo del Telegraph, a dirlo in maniera inequivocabile: da gennaio 2020 a oggi, nove dei 21 affari completati in entrata – a esclusione dei giovani che poi sono andati in prestito altrove – hanno riguardato dei giocatori provenienti da altre squadre di Premier League. E se questo 43% vi sembra una quota bassa, è giunto il momento di ricredervi: nello stesso periodo. il Manchester City e il Manchester United hanno completato il 25% dei loro acquisti da club inglesi; per il Liverpool, il rapporto è pari all’8%.

Dopo aver snocciolato le cifre, il Telegraph scrive pure che «Jorginho e Trossard conoscevano già il campionato, il ritmo e la fisicità del gioco inglese, la natura degli avversari dell’Arsenal. Non hanno avuto bisogno di un periodo di adattamento, si sono inseriti subito nella squadra di Arteta. E in poche partite hanno dimostrato di poter essere decisivi nella loro nuova squadra». Anche in questo caso, parlano i numeri: Trossard, schierato nello slot di prima punta in attesa del rientro definitivo di Gabriel Jesus, ha già messo insieme un gol e cinque assist – di cui tre nella passeggiata a Craven Cottage, 0-3 contro il Fulham – in quattro gare da titolare con i Gunners; Jorginho, dopo il primo spezzone del 4 febbraio, è già stato schierato per cinque volte dal primo minuto.

L’instaurazione di questo nuovo modello è legata agli uomini, a Mikel Arteta e al direttore sportivo Edu, più che alle idee del club: nelle sette sessioni di mercato prima del loro arrivo, infatti, l’Arsenal aveva ingaggiato solo due giocatori su 22 da club di Premier League. Certo, su questo cambio di passo ha pesato e pesa anche il vissuto di Arteta, che dal 2016 al 2019 ha lavorato come collaboratore tecnico di Guardiola al Manchester City. E che ancora prima, da calciatore, aveva giocato per undici anni con Everton e Arsenal. Non è un caso, insomma, che il manager spagnolo abbia suggerito di concentrarsi su un certo tipo di operazioni. Così come non è un caso che la miglior stagione dell’Arsenal da quindici anni a questa parte coincida con l’arrivo di Gabriel Jesus e Zinchenko, calciatori non solo abituati a giocare la Premier League ma anche a vincerla: parlando dell’attaccante brasiliano, Arteta ha spiegato che «la sua mentalità vincente, il modo in cui si allena ogni giorno, la fiducia che porta alla squadra, tutte queste cose hanno portato l’Arsenal a un livello diverso».

Come detto, in passato solo pochi club hanno attuato questo tipo di strategia d’acquisto: tra queste c’è il Liverpool di Klopp, che ha costruito il suo ciclo vincente sugli arrivi di Sadio Mané, Virgil van Dijk, Georginio Wijnaldum e Andy Robertson, tutti provenienti dal altri club di Premier League; negli anni Novanta e Duemila, anche Ferguson e il Manchester United si rivolgevano costantemente al mercato interno, così a Old Trafford sono sbarcati i vari Wayne Rooney, Michael Carrick e Rio Ferdinand. Scorrendo questa lista di nomi, è evidente come l’Arsenal ci abbia messo di fronte a qualcosa di davvero innovativo: i vari Mané e Van Dijk e Rooney erano dei giovani e/o dei talenti non ancora pienamente affermati, un po’ come Ramsdale, Trossard e White; con Jorginho, Zinchenko e Gabriel Jesus siamo su un piano diverso, si tratta di nomi di primissimo piano. Insomma, è come se l’Arsenal avesse capito prima degli altri che la schiacciante superiorità economica della Premier League costringerà la Big Six a scambiarsi i giocatori solo tra loro, o quasi.  E allora a Highbury e Islington si sono portati avanti con il lavoro, hanno costruito una squadra coerente, di talento, futuribile ma anche con la giusta esperienza: quello che serve per vincere la Premier, o per provarci in modo serio, fino alla fine, dopo anni di mediocrità.