L’Arabia Saudita vuole fare sul serio con il suo campionato, a cominciare dal prossimo mercato

Ronaldo ed eventualmente Messi sono solo una parte di ciò che ha in mente la Saudi Pro League.
di Redazione Undici 15 Aprile 2023 alle 02:13

Nel multiverso del calcio, soprattutto sul versante europeo, c’è sempre un po’ di diffidenza quando la lega di una nuova nazione – di solito extraeuropea o comunque fuori dall’élite storica – avvia un progetto di crescita economica e quindi anche sportiva, alla ricerca della competitività. Non è una questione di snobismo o di tradizionalismo, o almeno non solo: è che tutti i tentativi fatti in passato – in ordine sparso: Giappone, Stati Uniti, Qatar, Russia, Cina – si sono rivelati fallimentari. O meglio: giusto la MLS è un torneo in forte crescita, ma nonostante ciò fa ancora fatica ad avvicinarsi alla Premier League, alla Serie A, alla Liga, insomma a quei campionati che sono grandi da sempre; le altre leghe che hanno provato a fare il salto, per un motivo o per un altro, sono tornate a essere irrilevanti o poco più.

È per via di tutto questo che si parla poco, o comunque in modo ancora sommesso, di quello che sta succedendo in Arabia Saudita con la Saudi Pro League, il campionato professionistico fondato nel 1976 in cui pochi mesi fa è approdato Cristiano Ronaldo – per giocare nell’Al-Nassr. Ecco, proprio l’arrivo di Ronaldo ha fatto subito pensare alla Saudi Pro League come a una versione contemporanea, anche aggiornata se vogliamo, della Chinese Super League: un ambiente sportivo e competitivo dalle enormi risorse che vuole attrarre grandi stelle europee, puntando ovviamente su quelle più famose e più vicine al crepuscolo della carriera, per avviare una crescita corporativa del movimento. Per provarci, quantomeno. La realtà è un po’ diversa. Anzi: molto diversa.

Come spiega Espn in questo articolo, infatti, il Regno dell’Arabia Saudita – la forma di governo è quella della monarchia assoluta islamica, e non c’è nemmeno il parlamento – ha in mente qualcosa di diverso, di molto più articolato, per far crescere il campionato e quindi il calcio locale. Intanto l’arrivo di Ronaldo è solo l’ultima parte di un piano d’azione che è partito molti anni fa, e che si compone in modo variegato: il fondo sovrano PIF ha acquistato le quote del Newcastle United, trasformandolo di fatto in una delle società sportive più ricche al mondo; l’Arabia, attraverso i suoi manager sportivi, si è già assicurata l’hosting di diverse competizioni di prestigio, per esempio la Supercoppa Italiana, la Supercoppa spagnola, la prima Coppa del Mondo per club a 32 club organizzata dalla Fifa; la Federcalcio di Riyad ha già presentato il suo dossier per ospitare pure il Mondiale del 2030 – in un particolarissimo, diciamo pure assurdo, patto tripartito e tricontinentale con Grecia ed Egitto – e il più grande testimonial di questa candidatura è addirittura Lionel Messi. L’obiettivo di questo vastissimo programma non solo sportivo, ma anche politico, va al di là della semplice volontà di ospitare il Mondiale: la famiglia reale vuole fare sportswashing, vale a dire di ripulire l’immagine del Paese agli occhi della comunità internazionale attraverso l’organizzazione di grandi manifestazioni sportive.

Il punto, però, è che l’intero progetto deve necessariamente passare anche per un reale rafforzamento del campionato di calcio. Lo spauracchio, in questo senso, è proprio ciò che è successo in Cina: soltanto pochi anni fa, i club della Chinese Super League – sostenuti più o meno direttamente dal governo di Pechino – hanno iniziato a investire tantissimi soldi perché il torneo locale diventare un polo di mercato, un’opzione allettante per i migliori calciatori del mondo, così da creare un circolo virtuoso e sviluppare anche il talento locale. L’esperimento è fallito miseramente – anche per colpa della pandemia, questo va detto – e ora la Saudi Premier League non vuole commettere gli stessi errori. Infatti Ronaldo ed eventualmente Lionel Messi – si parla in maniera insistente di un’offerta irrinunciabile in arrivo dal Al-Hilal per convincerlo a trasferirsi in Arabia Saudita tra poche settimane, quando scadrà il suo contratto col PSG – sono le stelle più luminose, quelle già catturate e/o da catturare, ma nel frattempo si sta lavorando per rinforzare le rose di tutte le squadre del campionato in modo più lungimirante: il piano è quello di andare a prendere 50 calciatori che si svincoleranno il prossimo 30 giugno 2023. Sono atleti di età e nazionalità diverse, ma tutti arriverebbero da grandi campionati europei. Qualche nome? Roberto Firmino, Ilkay Gündogan, Yerri Mina, Adama Traoré.

E non è tutto: secondo quanto confessato da alcuni agenti internazionali, diversi allenatori e soprattutto molti giovani talenti che militano in Spagna e Marocco sarebbero prontissimi a valutare le offerte in arrivo dall’Arabia Saudita. Uno di questi procuratori interpellati da Espn ha detto in modo piuttosto eloquente che «la Saudi Pro League non farà la fine della Chinese Super League: i club sauditi non stanno buttando i propri soldi, ma hanno l’ambizione concreta di aumentare la qualità e il profilo del campionato, così da renderlo la prima scelta di mercato dei calciatori al di fuori dei grandi tornei europei».

Non a caso, viene da dire, il ministero dello Sport di Riyad ha nominato Garry Cook, ex amministratore delegato del Manchester City, come nuovo boss della Saudi Pro League. Questa scelta è chiaramente basata sull’esperienza vissuta dal professionista in questione, Cook in pratica ha accompagnato per mano lo sceicco Mansour nei suoi primi passi come proprietario di un club di Premier League, ma ha anche un’evidente matrice politica: come spiegato anche da Espn, diversi club europei guardano con favore ai grandi investimenti programmati in seno alla Saudi Pro League, visto che potrebbero alleggerire il proprio monte ingaggi. E allora, devono aver pensato a Riyad, perché non prendere un dirigente che possiede i contatti e il background adatto per guidare questo tipo di sviluppo? Come tutte le domande retoriche, non c’è quasi bisogno di rispondere. E allora non resta che aspettare, per capire se questo nuovo tentativo riuscirà a spostare gli equilibri del calcio mondiale, a cambiare delle gerarchie che sembrano cristallizzate nella storia e nella tradizione, che hanno resistito a tantissimi terremoti, a tantissime rivoluzioni solo abbozzate e mai portate a termine.

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